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Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 17/03/2024, a pag. 14 con il titolo "Una nuova dirigenza per Gaza: gli Usa puntano sul capo dell’intelligence di Fatah". L'analisi di Francesca Caferri.
Che cosa ci sia, dietro le immagini dei carri armati e dei soldati che le televisioni israeliane trasmettono quasi senza sosta, non lo sa nessuno. E dopo più di cinque mesi di combattimenti l’assenza di una risposta è diventata pesante. Non è la diversità di vedute sul cessate il fuoco o sulla questione umanitaria a dividere Israele e gli Stati Uniti, né a spaccare il gabinetto di guerra riunito a Tel Aviv: quanto piuttosto l’assenza di un piano condiviso sul giorno dopo, ovvero su chi prenderà il controllo di Gaza quando i combattimenti saranno conclusi. Lo scrivono da giorni i commentatori più informati dei giornali israeliani, come Nadav Eyal e Avi Isacharoff su Yedioth Ahronoth e quelli americani: vedi David Ignatius sul Washington Post. La questione qui in Israele appare di giorno in giorno più urgente. A renderla tale, la ripresa dei negoziati sul cessate il fuoco prevista per oggi a Doha alla presenza del capo del Mossad David Barnea e le pressioni delle famiglie degli ostaggi e di migliaia di cittadini con loro: ieri sera, di nuovo, le manifestazioni sono state massicce. Le ricostruzioni parlano di un piano messo a punto dagli apparati della sicurezza israeliani con l’assistenza e l’approvazione degli Stati Uniti: al centro, ci sarebbe l’idea di affidare a un gruppo di uomini fedeli a Fatah (il partito del presidente palestinese Mahmud Abbas) la gestione degli aiuti in un primo momento e della situazione generale della Striscia in un secondo. Si tratta di un numero compreso fra i 4mila e i 7mila uomini, i cui nominativi sarebbero già stati individuati dal capo dell’Intelligence palestinese Majed al Faraj e sottoposti al vaglio degli israeliani. Dopo la prima fase dell’emergenza, questi stessi uomini sarebbero inviati in Giordania sotto la supervisione degli Stati Uniti e dell’Anp per essere addestrati e armati, per poi tornare a Gaza e creare la struttura portante delle nuove forze di sicurezza. Centrale nel piano la figura di al Faraj, che diventerebbe fondamentale nel triangolo Usa-Israele-palestinesi, rafforzando così la sua candidatura alla successione di Abbas, che è già fra le più quotate. Al Faraj, originario di Betlemme, è uno degli uomini più vicini al presidente palestinese, ma anche uno degli interlocutori considerati più affidabili dagli americani. Ha trascorso anni nelle prigioni israeliane in quanto membro di Fatah e perso il padre in un attacco israeliano a Betlemme: ma in una rara intervista con la stampa americana, nel 2016, ha rivendicato la necessità per l’Anp di collaborare con Israele per impedire la radicalizzazione delle cellule combattenti in Cisgiordania in un momento in cui lo Stato islamico cercava di allargare la sua influenza oltre i confini della Siria e dell’Iraq. Il piano, secondo la televisione Canale 12, avrebbe l’approvazione del ministro della Difesa Yoav Gallant, che nelle settimane passate aveva provato ad appoggiarsi a Fatah anche per il delicatissimo compito di garantire la distribuzione degli aiuti alla popolazione civile, scontrandosi con il secco “no” del primo ministro. Da settimane la stampa israeliana scrive che Gallant e Netanyahu sono ai ferri corti: la gestione della sicurezza nella Striscia sarebbe uno dei punti più accesi del contendere. «Qualcuno dovrà prendere il controllo di Gaza: e chiunque sia non verrà dalla Svezia. Verrà da Fatah», avrebbe detto Gallant a Netanyahu durante una lite secondo la ricostruzione fatta da Eyal su Yedioth. In una chiave di lotta per il potere futuro vanno lette anche le tensioni intra-palestinesi delle ultime ore: le critiche durissime lanciate da Hamas e dalle altre fazioni armate alla scelta del presidente Mahmud Abbas di nominare un suo alleato, l’economista Mohammed Mustafa, come primo ministro nel tentativo di rilanciare la screditata legittimità dell’Anp. Una scelta unilaterale, non condivisa con il gruppo che pure, secondo i sondaggi, in questa fase gode del favore della schiacciante maggioranza dei palestinesi e che non ha nessuna intenzione di rinunciare a giocare un ruolo nel futuro della Striscia. Dura la risposta di Fatah, che tramite Al Jazeera ha accusato Hamas di aver causato «il ritorno dell’occupazione israeliana a Gaza». Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante rubrica.lettere@repubblica.it |
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