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La Repubblica Rassegna Stampa
19.11.2023 La guerra ombra dell’Iran
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 19 novembre 2023
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La guerra ombra dell’Iran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/11/2023, a pag. 1, con il titolo “La guerra ombra dell’Iran” l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

The Octopus Master

All’ombra del conflitto di Gaza fra Hamas e Israele, Teheran sta conducendo una campagna militare parallela per obbligare gli Stati Uniti a smantellare le proprie basi in Siria ed Iraq al fine di raggiungere un importante obiettivo strategico, la realizzazione della “Mezzaluna sciita”: la continuità geografica fra i suoi territori e quelli controllati da alleati e milizie, riuscendo a collegare Teheran a Beirut, il Golfo Persico al Mediterraneo. A descrivere la “guerra ombra” dell’Iran sono i numeri: dal 17 ottobre, dieci giorni dopo l’attacco di Hamas contro Israele, i Guardiani della rivoluzione e le milizie loro alleate hanno lanciato un totale di 61 attacchi contro le basi Usa in Iraq e Siria. Si tratta di installazioni create dal Pentagono per sostenere - dal 2014 al 2018 - la campagna della coalizione internazionale contro lo Stato Islamico e dove oggi rimangono un totale di 2900 militari - 2000 in Iraq e 900 in Siria - per continuare a fronteggiare i gruppi jihadisti ancora pericolosi nel cuore di “Bilad al-Sham”, come Abu Bakr al-Baghdadi chiamava questa regione. Sebbene si tratti di contingenti Usa ridotti, Teheran li considera un serio ostacolo strategico al progetto della “Mezzaluna sciita” per realizzare la continuità territoriale fra Iran, Iraq, Siria e Libano che ha due obiettivi. Primo: coronare il sogno sciita di incunearsi fisicamente nel cuore dell’Islam sunnita, come non gli è mai riuscito nel corso della Storia. Secondo: avere un’”autostrada” grazie alla quale far affluire via terra ogni sorta di armamenti per rafforzare la pressione militare di Hezbollah contro Israele, tanto dal Sud Libano che dalle alture del Golan in Siria. Non a caso la base americana che viene più bersagliata in assoluto è Al-Tanf, in Siria, a sud-ovest dell’Eufrate, incuneata fra i confini di Iraq e Giordania, perché si trova esattamente sul tracciato della “Mezzaluna sciita”, a breve distanza dall’area di Al- Bukamal dove i Guardiani della rivoluzione iraniani hanno una delle loro basi più importanti, sede tanto della “Forza Al Quds” che delle milizie irachene Kataib Hezbollah. Il bilancio americano è di almeno sessanta feriti ma ciò che più preoccupa Washington è l’intensità degli attacchi condotti con droni, mortai e missili rudimentali - il cui evidente intento è di rendere impossibile la permanenza del contingente ad Al-Tanf, obbligando gli Stati Uniti ad abbandonare anche le altre basi minori nel deserto orientale della Siria. Da qui la decisione del Pentagono di rispondere con raid aerei mirati contro le basi dei Guardiani della rivoluzione da cui sono partiti gli attacchi, in uno scontro militare diretto fra i due Paesi la cui importanza strategica non ha avuto il debito risalto solo per la contemporaneità con la guerra a Gaza. Ed è una coincidenza che fa riflettere perché nel 1991 Hafez Assad padre dell’attuale presidente siriano Bashar, alleato di ferro di Teheran - ottenne il pieno controllo del Libano sfruttando abilmente la Prima guerra del Golfo, allora in corso da parte della coalizione internazionale guidata dagli Usa per liberare il Kuwait invaso dall’Iraq di Saddam Hussein. Farsi scudo con un conflitto in corso, per perseguire un proprio obiettivo strategico è una tattica antica che ora gli ayatollah di Teheran stanno abilmente adoperando, per coronare il disegno geo-militare frutto della mente di Qassem Soleimani - il capo della “Forza Al Quds” eliminato dagli americani a Baghdad nel 2020 - edereditato dal successore Esmail Qaani. Un altro tassello del piano iraniano è la fornitura al regime di Assad del sistema anti-missile “Khordad-15” - costruito sul modello dei Patriot - al fine di ostacolare in maniera significativa le operazioni dei velivoli americani ed israeliani sui cieli di Siria e Libano, creando un ombrello anti-aereo capace di proteggere le attività sul terreno di Hezbollah e milizie sciite alleate provenienti da Iraq, Pakistan e Afghanistan. È questa operazione iraniana in pieno svolgimento per cacciare i soldati Usa da Siria e Iraq che aiuta a comprendere la scelta di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, di mantenere per il momento a livello di guardia le operazioni belliche contro Israele dal Libano del Sud, pur esprimendo a parole una forte solidarietà con Hamas. Hezbollah ora non ha interesse ad aprire un secondo fronte contro Israele, perché la priorità degli ayatollah è far cadere Al-Tanf. È uno scenario che aiuta acomprendere il crescente ruolo di Teheran come potenza regionale che aspira a diventare il leader del Medio Oriente facendo leva sulla campagna ideologico-militare per la distruzione dello Stato ebraico: mentre Hamas da Gaza impegna l’esercito israeliano in combattimenti urbani e sotterranei, usando 2,3 milioni di civili palestinesi come scudi umani, e i ribelli yemeniti filo-iraniani Houti lanciano missili contro lo Stato ebraico, lontano dai riflettori i Guardiani della rivoluzione bersagliano senza sosta le truppe americane al fine di realizzare la “Mezzaluna sciita” destinata a tenere in scacco l’intero Medio Oriente. A ben vedere, forse è proprio questo scenario che ha spinto l’Arabia Saudita ed i Paesi arabi firmatari degli accordi di pace con Israele - Emirati, Bahrein, Marocco, Sudan, Egitto e Giordania - ad impedire, nel vertice della scorsa settimana, lo slittamento della Lega Araba su posizioni filoiraniane. A dimostrazione che il conflitto a Gaza ha un valore strategico che va ben oltre il brutale scontro Hamas-Israele.

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