Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/05/2023, a pag. 14, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "La scommessa di Gerusalemme colpire al cuore la Jihad senza coinvolgere Hamas".
Daniele Raineri
Quando un giornalista del sito Times of Israel ha chiesto in modo specifico al portavoce delle forze militari israeliane, l’ammiraglio Daniel Hagari, se i raid sulla Striscia di Gaza prendessero di mira anche le postazioni di Hamas, lui ha risposto che per adesso non sta succedendo: gli aerei israeliani continueranno a bombardare la Jihad islamica palestinese e soltanto «se le altre fazioni si uniranno risponderemo anche a loro». Perché Israele si sta sforzando di differenziare tra i gruppi armati della Striscia in queste ore di bombardamenti aerei e di lanci di missili da Gaza? La risposta breve è che vuole evitare che Hamas prenda ufficialmente la guida delle operazioni, perché è l’organizzazione più potente e dispone di molti più razzi da lanciare contro il territorio israeliano e di molte più squadre di fuoco. Quando Hamas comincia a usare le sue squadre di fuoco disseminate in tutta la Striscia, i lanci di razzi sono centinaia ogni giorno, arrivano fino a Tel Aviv e a Gerusalemme e i raid aerei per fermarli sono più intensi. La risposta più lunga è che Israele vorrebbe che questo round di scontri somigliasse all’operazione “Breaking Down” e non all’operazione “Spada di Gerusalemme”. Breaking Down fu un confronto di sole cinquantasei ore nell’agosto 2022, fu lanciato dagli israeliani e riguardò soltanto la Jihad islamica palestinese. Nelle prime ventiquattr’ore i raid uccisero Tayseer Jabari e Khaled Mansour, i due capi militari più importanti. Dalla Striscia partirono circa millecento razzi contro le città israeliane, ma non fecero danni. Hamas assunse una posizione neutrale, non partecipò con i suoi arsenali e anche per questo la vampata di violenza si spense relativamente in fretta. “Spada di Gerusalemme” invece fu lanciata proprio da Hamas nel maggio 2021 e vide tutte le fazioni della Striscia combattere assieme per undici giorni. I razzi lanciati contro il territorio israeliano furono più di quattromila, ci furono raid aerei continui, morti fra i civili israeliani, devastazioni e per giorni si speculò persino su un possibile intervento di terra dell’esercito. Il finale di questi scontri è sempre lo stesso, il numero di razzi comincia a diminuire in modo fisiologico e si arriva a un cessate il fuoco di solito mediato dall’intelligence dell’Egitto, ma la differenza tra i due scenari è enorme. Ieri da Gaza c’è stato un comunicato del cosiddetto Comando operativo che prometteva una risposta di tutte le fazioni – il Comando operativo riunisce tutti i gruppi armati ed è diretto da Hamas con l’aiuto degli sponsor iraniani – ma Hamas non ha fatto annunci ufficiali e non ha dichiarato guerra. Lanciare un’operazione come “Spada di Gerusalemme” richiede anni di preparazione prima e anni di lavoro dopo, per recuperare le perdite e riempire di nuovo le scorte di razzi. Si tratta di una decisione strategica che prende in considerazione molti fattori, anche politici, e Hamas per ora non vuole farsela imporre da altri. Anche soltanto sistemare i razzi nelle loro postazioni di lancio sparse per tutta la Striscia richiede molto tempo e molte cautele perché è un’attivi tà da svolgere sotto gli occhi dei droni israeliani, che prendono nota di tutte le posizioni. Può essere che per questa volta Hamas decida che due anni di pausa non sono abbastanza e che ha bisogno di più tempo per ricominciare.
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