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La Repubblica Rassegna Stampa
02.12.2022 Teheran voleva uccidere dissidenti e oppositori, Bernard-Henri Lévy nella lista dei bersagli
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Repubblica
Data: 02 dicembre 2022
Pagina: 17
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Teheran voleva uccidere dissidenti e oppositori, Bernard-Henri Lévy nella lista dei bersagli»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/12/2022 a pag. 17 l'analisi di Paolo Mastrolilli dal titolo "Teheran voleva uccidere dissidenti e oppositori, Bernard-Henri Lévy nella lista dei bersagli".

Immagine correlata
Paolo Mastrolilli

Un anno di Bernard-Henri Lévy in un documentario:
Bernard-Henri Lévy

C’era anche Bernard- Henri Lévy, editorialista del nostro giornale, nella lista di intellettuali, politici e dissidenti che le autorità iraniane hanno cercato di assassinare negli ultimi anni. Lo rivela ilWashington Post , in un articolo che rilancia l’allarme dei servizi di intelligence occidentali per l’accelerazione della campagna condotta da Teheran allo scopo di uccidere o rapire gli oppositori in tutto il mondo. Il giornale cita documenti e interviste con quindici funzionari americani, europei e mediorientali, su cui ha basato la sua inchiesta. Nel caso di Lévy, secondo il quotidiano che scoprì il Watergate, l’aggressione era stata ideata da una unità della Quds Force, cioè la sezione della Guardia rivoluzionaria incaricata di gestire le operazioni speciali. IlPost scrive che probabilmente l’intellettuale francese era stato preso di mira per la sua prominenza internazionale e le critiche al regime. La Quds Force si era rivolta ad un trafficante di droga iraniano, che era stato pagato 150mila dollari per uccidere Lévy. Il trafficante a sua volta aveva assunto dei killer, che però erano stati fermati prima di poter compiere l’omicidio. Non è l’unico caso. Solo nell’ultimo anno, secondo ilPost ,i servizi occidentali hanno già sventato un attentato contro l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, probabilmente ordito per vendicare l’uccisione nel gennaio del 2020 del capo della Quds Force Qasem Soleimani, e il tentato rapimento a New York della giornalista Masih Alinejad. Un altro caso citato nell’articolo è quello del musicista Ramid Seyed Emami, minacciato invece a Vancouver, in Canada. Nel 2018 un diplomatico iraniano basato a Vienna era stato arrestato, con l’accusa di aver reclutato una coppia in Belgio affinché facessero esplodere una bomba durante una manifestazione organizzata a Parigi da Mujahideen e Khalq, gruppo di oppositori noto con la sigla Mek. In altre situazioni i servizi occidentali non sono riusciti ad intervenire in tempo, e tra il 2015 e il 2017 gli iraniani hanno ucciso almeno tre dissidenti in Europa, fra cui uno ammazzato davanti alla sua casa all’Aja. Il suo nome era Ahmad Mola Nissi, ed era il fondatore di un movimento nazionalista arabo nella provincia di Khuzestan. Sempre in Olanda era stato eliminato Mohammad-Reza Kolahi, accusato dagli ayatollah di un attentato del 1981 a Teheran, in cui erano morte oltre settanta persone. Alcune operazioni sono particolarmente sofisticate. Nell’ottobre del 2019 il giornalista iraniano Ruhollah Zam, in esilio a Parigi, era stato attirato in Iraq dalla promessa di un’intervista con l’ayatollah Ali Sistani, la principale autoritàsciita nel Paese. Era una trappola, però. Zam era stato arrestato e trasferito in Iran, dove era stato processato per aver incitato delle proteste nel 2018 e 2018, condannato a morte per corruzione, e impiccato il 12 dicembre del 2020. Denunce di operazioni simili sono state fatte anche dall’intelligence britannica e a Cipro, dove sono state prese di mira personalità ebraiche. L’accelerazione di questa campagna sarebbe legata a vari motivi. Uno è il desiderio di vendicare l’uccisione di Soleimani. Secondo l’ex agente dell’antiterrorismo americano Matthew Levitt, dopo la sua morte almeno 36 complotti sono stati organizzati all’estero. Pesa molto anche il crescente isolamento dell’Iran, che dopo l’uscita dell’amministrazione Trump dall’accordo nucleare Jcpoa ha rifiutato le proposte di Joe Biden per rinnovare l’intesa. Ora le proteste in corso nel Paese e il pugno di ferro usato per fermarle hanno chiuso questo canale diplomatico, isolando ancora di più Teheran. Lo scopo della campagna sarebbe insieme uccidere gli oppositori più in vista, ed intimidire chiunque voglia alzare la voce o impegnarsi contro il regime.

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