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La Repubblica Rassegna Stampa
20.11.2022 Il primo passo sull’Ucraina
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 20 novembre 2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il primo passo sull’Ucraina»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/11/2022, a pag. 1, con il titolo "Il primo passo sull’Ucraina" l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

Joe Biden si e' detto favorevole alla ricandidatura alla presidenza
Joe Biden

Linguaggio del corpo e contenuti del dialogo suggeriscono che l’incontro di Bali fra Joe Biden e Xi Jinping segna un possibile nuovo inizio nelle relazioni fra Stati Uniti e Cina: se restano le differenze su Taiwan e Nordcorea c’è infatti un’importante convergenza sull’Ucraina e soprattutto, torna la disponibilità reciproca a lavorare assieme sull’agenda dei temi globali. Quello avvenuto ai margini del G20 è stato il primo incontro di persona fra Biden e Xi, leader delle due maggiori potenze planetarie impegnate in una aperta sfida per la leadership, strategica ed economica, del XXI secolo. Date tali premesse, il summit deve essere valutato con il manuale della Guerra Fredda ovvero soppesando anzitutto con cura ogni dettaglio di ciò che è avvenuto: la stretta di mano sorridente davanti alle bandiere di entrambi i Paesi, le tre ore di dialogo faccia a faccia, i comunicati finali che delimitano con precisione disaccordi e convergenze, il compito di affidare ad un vertice fra ministri degli Esteri il “reset” dell’agenda sui temi globali - sanità, cambiamenti climatici, sicurezza alimentare, stabilità economica globale - che Pechino aveva congelato dopo la visita di Nancy Pelosi, allora presidente della Camera dei Rappresentanti, a Taiwan lo scorso agosto. Come ha ben riassunto l’ex Segretario di Stato, Henry Kissinger, “si tratta del momento di inizio di un tentativo di costruire un ponte fra i due Paesi” composto da “passi iniziali” che “contribuiscono ad allentare le tensioni”. Proprio come avveniva fra Usa e Urss durante la Guerra Fredda, i leader di Washington e Pechino hanno deciso di delimitare i dissensi per tentare di costruire un’agenda comune. Non è ovviamente detto che ci riescano ed è dunque solo un piccolo passo ma trattandosi degli unici giganti del Pianeta, il suo valore strategico non può essere messo in discussione. Veniamo dunque ai contenuti di questi “passi iniziali”, come li definisce Kissinger. Le differenze che vengono identificate e isolate riguardano le due maggiori crisi regionali dell’Estremo Oriente: la sorte di Taiwan - che Pechino vuole annettere e Washington considera un alleato da proteggere - e i rapporti con la Nord Corea, a cui Biden vuole impedire di condurre test nucleari con missili a lungo raggio mentre Xi evita perfino di nominare, confermando la profondità del legame politico e militare. Ma si tratta, in entrambi i casi, della conferma di dissensi già noti mentre le convergenze hanno ben altro peso perché, pur fra molte cautele, partono dall’Ucraina ovvero dal conflitto militare che la Russia ha iniziato e che tiene, ogni singolo giorno, il mondo intero con il fiato sospeso. Ebbene, per la Casa Bianca “Usa e Cina concordano che una guerra nucleare non dovrà mai essere combattuta e si oppongono all’uso del nucleare in Ucraina” mentre per Pechino “c’è grande preoccupazione per la situazione in Ucraina” e “ci si augura un negoziato Ucraina-Russia” ed un “dialogo ampio di Usa, Nato e Ue con la Russia”. Ovvero, pur con un linguaggio diverso, Biden e Xi fanno sapere a Putin che non è il momento dell’ escalation nucleare ma del dialogo per porre fine al conflitto armato in Ucraina. Poiché gli Stati Uniti sono la nazione-leader dello schieramento alleato che sostiene Kiev con invii di armi e sanzioni alla Russia e la Cina è la nazione più importante del fronte internazionale che non sostiene le suddette sanzioni, è legittimo chiedersi cosa c’è dietro questo scambio di segnali diplomatici a quasi nove mesi dall’inizio della guerra. A Washington c’è un presidente che, uscito rafforzato dalle elezioni di Midterm ma comunque obbligato a lavorare con un Congresso per metà repubblicano, ha ora di fronte a sé l’orizzonte politicodel 2024. Ed è evidente che, dopo aver gestito con successo il conflitto ucraino impedendo a Putin di vincere sul campo, ha ora l’obiettivo di spingere la Russia ad accettare una fine delle ostilità che consenta all’Ucraina di veder garantita la propria sovranità, magari “congelando” il conflitto come avvenuto in Corea nel 1953 ed a Cipro nel 1974. Al fine di consentire agli Stati Uniti di dedicare tutte le sue risorse migliori alla sfida globale con la Cina. Sul fronte opposto, a Pechino, c’è un leader del Partito comunista cinese appena riconfermato per altri cinque anni dal XX Congresso che punta anzitutto a superare gli Stati Uniti nella crescita economica e tecnologica, conquistando la leadership della globalizzazione, e dunque non ha interesse a conflitti armati nel breve-medio termine destinati inevitabilmente a sperperare risorse preziose. Non a caso, poco dopo l’incontro con Biden, Xi si è affrettato a far sapere di voler convocare nel 2023 un nuovo summit della “Belt and Road Initiative”, l’iniziativa sulla costruzione delle imponenti infrastrutture terrestri e marittime della nuova Via della Seta che, per definizione, punta a superare barriere e confini in Eurasia, e quindi ha nei conflitti un serio ostacolo. Ecco perché, tanto per Biden che per Xi, entrambi reduci da importanti successi politici sul fronte interno, la guerra di Putin in Ucraina è una ferita pericolosa, da sanare per restituire stabilità alla comunità internazionale, riprendere la sfida sull’agenda globale e dedicarsi al duello frontale - di lungo periodo - per la leadership di questo secolo. Seppur divise da valori profondamente differenti, la più solida democrazia e la più potente autocrazia del Pianeta hanno così mostrato per la prima volta a Bali una potenziale, debole ma reale, convergenza di interessi sull’Ucraina. Resta da vedere se ora le rispettive diplomazie riusciranno a costruire su tali non facili premesse un percorso condiviso, trasformando in fatti concreti l’intuizione di Kissinger, che fu già protagonista nel 1972 dell’apertura del dialogo Nixon-Mao. Ma c’è anche un altro interrogativo: come reagirà Putin a questo scenario che può indebolirlo strategicamente. Può infatti decidere di accrescere la violenza militare contro l’Ucraina inseguendo l’opzione di una devastante guerra globale oppure può ascoltare chi a Mosca gli sta suggerendo che è arrivato il momento di rinunciare ai sogni su Kiev per salvare almeno il Cremlino.

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