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La Repubblica Rassegna Stampa
05.10.2022 Telefonata Zelensky-Meloni. Lei promette di raggiungerlo a Kiev
Cronaca di Tommaso Ciriaco

Testata: La Repubblica
Data: 05 ottobre 2022
Pagina: 4
Autore: Tommaso Ciriaco
Titolo: «Telefonata Zelensky-Meloni. Lei promette di raggiungerlo a Kiev»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/10/2022 a pag.4 con il titolo "Telefonata Zelensky-Meloni. Lei promette di raggiungerlo a Kiev" la cronaca di Tommaso Ciriaco.

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Giorgia Meloni - Mario Draghi

Due telefonate. Tre viaggi in cantiere. E una sponda francese tutta da costruire. In ventiquattr’ore, Giorgia Meloni abbozza un vera e propria road map di politica estera. Sente Volodymyr Zelensky e Benjamin Netanyahu. Inizia a ragionare delle prime missioni, che dovrebbero portarla a Varsavia, Kiev e Londra. E prende consapevolezza che per non restare isolata a Bruxelles dovrà costruire un rapporto con Emmanuel Macron, l’unico alleato possibile per costringere Berlino a cedere sul price cap, senza strappare con il blocco dei Paesi fondatori. La telefonata con Zelensky racconta di una scelta di campo che non prevede piani alternativi. E che la allontana ancora di più da Matteo Salvini. Agli auguri per la vittoria elettorale, il presidente ucraino fa seguire l’invito a recarsi presto a Kiev e il ringraziamento per il «fermo sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale del nostro Stato». Non manca la richiesta di un impegno per rafforzare l’ottavo pacchetto di sanzioni Ue e per l’introduzione del divieto di visti turistici per i russi. La leader risponde condannando nuovamente i referendum illegali di Mosca sulle Regioni occupate, promettendo costante sostegno alla difesa dell’Ucraina e «alla causa di libertà del suo popolo», come d’altra parte ha assicurato «dal primo giorno del conflitto».

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Volodymyr Zelensky

Il giorno scelto per il contatto non è casuale, perché arriva propriomentre il ministro della Difesa Lorenzo Guerini illustra davanti al Copasir il quinto decreto interministeriale che garantisce nuove forniture militari a Kiev. È quello che continuerà a fare Meloni, una volta a Palazzo Chigi. L’altro tassello di giornata è il contatto con il presidente del Likud Benjamin Netanyahu, ricandidato alle elezioni politiche di novembre. Una scelta strategica che serve a rafforzare il fronte “destro” delle relazioni internazionali della prossima premier, ma anche a proseguire nella cooperazione sul fronte del gas, già inaugurata da Mario Draghi. La miscela scelta da Meloni è chiara: atlantismo spinto, adesione alla battaglia di Kiev, attenzione al fronte orientale dell’Unione. In questo senso, farà discutere – se confermata – l’opzione di organizzare una delle prime missioni oltreconfine a Varsavia. Significherebbe scegliere il dialogo con i Paesi del fianco Est. Capitali legate a Washington, ma considerate a Bruxelles una spina nel fianco dell’unità e della solidarietà europea. Il viaggio potrebbe rappresentare la prima tappa della missione a Kiev. E dunque assumere una chiave ancora più “atlantica”. L’altra tappa in cantiere è quella di Londra, utile a ribadire il legame con i conservatori della premier Liz Truss. Ma è evidente che per fronteggiare l’emergenza energetica Meloni non può affidarsi al dialogo con la Polonia o con l’Ungheria di Orban (il quale, tra l’altro, ha già siglato patti autonomi con Mosca per garantirsi metano in vista dell’inverno). La sfida dei prossimi mesi sarà quella di convincere Berlino ad accettare misure di sostegno continentali contro il caro energia. Con un price cap e, probabilmente, con misure che ricalcano il fondo Sure già utilizzato in pandemia. L’unico modo per avvicinare il risultato è quello di arare il rapporto con i Paesi mediterranei, quasi tutti a guida socialista. E, soprattutto, portare dalla propria parte Emmanuel Macron. Servirà pragmatismo, perché a destra la “competizione” con Parigi è un tratto distintivo, quasi identitario. E perché agli esecutivi di sinistra è stata rimproverata un’eccessiva soggezione rispetto all’alleato transalpino. È anche vero, però, che Meloni promette di muoversi con pragmatismo. E che potrebbe provare a sfruttare la scia del governo Draghi, che nell’ultimo anno ha spostato con decisione il baricentro verso la Francia. L’allarme, comunque, resta altissimo. Non a caso ieri la leader ha incontrato il ministro Roberto Cingolani. E ha picchiato duro su Berlino, condannando «azioni di singoli Stati tese a sfruttare i propri punti di forza, rischiando di interferire nella competitività delle aziende e creare distorsioni nel mercato unico».

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