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La Repubblica Rassegna Stampa
03.09.2022 Le tecniche di Putin
Analisi di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 03 settembre 2022
Pagina: 36
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «Il doppio fronte dello Zar»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/09/2022, a pag.36, con il titolo "Il doppio fronte dello Zar" l'analisi di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

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Vladimir Putin

Il Cremlino non teme la controffensiva ucraina. Sa che il destino della guerra non si deciderà sui ponti di Kherson o nelle trincee del Donbass, ma a Washington e Bruxelles. Vittoria o sconfitta dipendono dalle scelte che vengono prese molto lontano dal campo di battaglia e che possono condizionare la sopravvivenza del sistema di potere di Vladimir Putin: è la volontà dell’Occidente di sostenere militarmente e finanziariamente Kiev a rendere impossibile un successo e trasformare l’Ucraina in una trappola che inghiotte le migliori risorse umane e materiali russe. A Mosca hanno compreso la minaccia in ritardo e cercano di reagire. La quantità e la qualità degli aiuti concessi da Europa e Stati Uniti al governo Zelensky non hanno precedenti nella storia. E più che per l’effetto delle sanzioni, lente e piene di falle, l’economia russa sta pagando un prezzo enorme per l’isolamento dai mercati del vecchio continente. Oggi può contare solo sulle sue ricchezze naturali, i giacimenti di materie prime, l’unica risorsa per impedire il collasso del Paese e l’unica arma per cercare di risollevare la situazione. L’annuncio ieri di un tetto del G7 al prezzo del petrolio e la prospettiva di una misura europea simile per quello del gas rischia di spezzare l’ultimo grimaldello rimasto nelle mani di Putin. Non a caso, l’attenzione di Mosca è rivolta soprattutto verso l’Unione Europea, dove alle pressioni economiche cominciano ad aggiungersi quelle politiche. La vera sorpresa di questo conflitto è la compattezza dimostrata dalla Ue, che finora ha accettato gli aumenti delle tariffe energetiche e le forniture a singhiozzo senza ridurre il sostegno a Kiev.

Gli strateghi del Cremlino hanno scommesso sul “Generale Inverno”, convinti che il freddo avrebbe scardinato la solidarietà europea, ma da Bruxelles non arrivano segnali di cedimento, anzi: il solo annuncio dei provvedimenti per contenere i prezzi è bastato a frenare immediatamente la speculazione e abbassare il costo dell’energia, minando non solo il disegno di Mosca ma pure il fatturato delle sue esportazioni. Come haannunciato l’ex presidente Medvedev, il braccio di ferro andrà avanti nel tentativo di trovare un varco ed è per questo che l’interesse per le elezioni italiane continua a crescere: vedere nascere a Roma un governo populista rappresenta la migliore occasione per incrinare il muro dell’Europa. C’è un altro fronte, il più pericoloso. Putin deve fare i conti con la tenuta del consenso in patria. Il sondaggio appena diffuso dall’attendibile Levada Center mostra come il sostegno dei russi alla “Operazione militare speciale” non conosca flessioni: il 76 per cento dei cittadini è favorevole. Per tutelare la fiducia nel leader, i ragazzi di leva vengono tenuti lontani dai campi di battaglia schierando solamente volontari. Così, però, l’esercito di Mosca può andare avanti per pochi mesi poi sarà necessario mobilitare le reclute e chiedere sacrifici all’intera popolazione. Allo stesso tempo, sale di ora in ora la voce dell’unica opposizione che osa sfidare il Cremlino: i falchi, che chiedono di schiacciare la resistenza di Kiev con qualsiasi strumento. Personaggi come Aleksandr Dugin, con un seguito nelle forze armate e negli apparati del potere, che davanti al corpo della figlia ha dichiarato: «La vendetta non basta, serve la vittoria». Putin non si lascia influenzare, ma non può rischiare una sconfitta. Ed ecco l’avvertimento del viceministro degli Esteri Serghei Ryabkov sulla «sottilissima linea che separa gli Stati Uniti dal diventare una parte in conflitto». Un monito a limitare le consegne di armi a lungo raggio, che rischiano di mettere in crisi le brigate russe e bersagliare la credibilità interna del nuovo zar. Il Cremlino non ha strumenti di pressione economica sugli Usa, può solo alzare il livello del confronto. Che è già altissimo, più che nei momenti critici della Guerra Fredda: mentre Ryabkov parlava una coppia di bombardieri B52 stava sorvolando la Lituania a cento chilometri da Kaliningrad e una squadra di aerei statunitensi inseguiva un sottomarino nucleare russo al largo della Sicilia. La testimonianza di quanto sia sottile la linea che separa le due potenze dallo scontro diretto.

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