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La Repubblica Rassegna Stampa
14.08.2022 Ai Weiwei: 'L’Occidente deve difendere la sua libertà e gli intellettuali'
Intervista Antonello Guerrera

Testata: La Repubblica
Data: 14 agosto 2022
Pagina: 17
Autore: Antonello Guerrera
Titolo: «Weiwei: 'L’Occidente deve difendere la sua libertà e gli intellettuali'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/08/2022, a pag.17, con il titolo "Weiwei: 'L’Occidente deve difendere la sua libertà e gli intellettuali' " l'intervista di Antonello Guerrera.

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Antonello Guerrera

Ai Weiwei:
Ai Weiwei

Undici anni fa, Salman Rushdie pubblicò un appello mondiale, anche su Repubblica,per la liberazione di Ai Weiwei, appena arrestato e incarcerato dal regime di Pechino per le sue idee scomode. «Quello è stato il nostro primo contatto», ci dice adesso in questa intervista il 63enne artista dissidente cinese ora trasferitosi nell’inglese Cambridge, «e l’ennesima conferma: Salman è sempre stato leader della libertà di espressione nel mondo. Per questo spero, per tutti, che continui a vivere».

 Ai, a distanza di quasi due giorni dall’orrore di Chautauqua che ha lasciato Rushdie in fin di vita, cosa prova? «Siamo una società molto aperta, purtroppo anche alla violenza. Atti brutali come questi ci ricordano quanto sia vitale la libertà di espressione e quanto rischino ogni giorno persone audaci e coraggiose come Rushdie che perseguono costantemente la verità e la libera espressione delle idee. Spero che questo tragico episodio rammenti a noi tutti quanto sia dura la lotta quotidiana per difendere i propri diritti».

Simili episodi di violenza possono instillare ancora più paura nei cittadini e negli intellettuali liberi e ribelli, come lei? «No. Anzi, personalmente mi danno ancora più coraggio. Perché espandono la nostra lotta al resto della società: spesso soltanto in casi come questo i cittadini comprendono quanto sia preziosa la libertà di espressione e quanta forza positiva e vitale possano avere le idee di uno scrittore o di un artista. Inoltre, che questi assassini ricorrano alla violenza, è un altro segno della loro terribile debolezza».

Quindi non teme che un giorno possa accadere anche a lei? O alla sua famiglia? «Il pericolo c’è sempre, perché la libertà di espressione e di pensiero sono un bene troppo prezioso, e dunque continuamente esposto. Tuttavia, anche dopo eventi drammatici come quanto capitato a Salman, non mi sento più debole o vulnerabile. Una singola vita può essere fragile. Ma allo stesso tempo fa parte di un’umanità più ampia, da difendere. E poi nessuno potrà mai uccidere le idee dentro di te».

Inizialmente, il putiferio che scatenarono “I Versi Satanici” di Rushdie irritò la politica e l’establishment britannici, e non solo, dal principe Carlo d’Inghilterra all’ex presidente americano Jimmy Carter. Crede che oggi l’Occidente sia in unanuova fase auto-censoria? «È un momento estremamente delicato. Perché oramai ci sono diversi temi di cui non si può più discutere pubblicamente, e alcune idee devono istituzionalmente dominare sulle altre. Tutto questo per me è molto pericoloso. Mi pare un’altra “rivoluzione culturale” (quella cinese, ndr)».

Cosa intende, nello specifico? «Se l’Occidente dimostra di non riuscire a proteggere la sua libertà di espressione, anche quando questa può risultare controversa, non solo divide ancora di più la propria società, ma offre tragicamente il fianco agli estremisti e agli alfieri della violenza fisica che si annidano in essi. Per questo, bisogna essere irremovibili sulla libertà di espressione. Anche da parte di Stato, governo o istituzioni occidentali».

La spaventa il fenomeno della “cancel culture”, ossia rimuovere passaggi o personaggi della propria Storia e Cultura se considerati controversi o offensivi, cui Rushdie si è sempre opposto? «È la dimostrazione di quanto il pensiero intellettuale sia stato devastato negli ultimi decenni in Occidente, soprattutto dalla politica. È quasi una lotta di potere, non di ideologia. L’istruzione, sin dalle scuole superiori, col tempo è oramai diventata autocompiacente. Si sforza sempre di meno di confrontarsi con l’altro, o anche di scontrarsi intellettualmente con un tema scomodo. Così la società e i cittadini sono sempre meno stimolati a pensiero e dibattito critici. Mi pare una generazione debolissima dal punto di vista intellettuale. Così, la cultura ha messo la retromarcia in Occidente».

Ma secondo lei le idee sono ancora più forti delle azioni? «Non c’è modo di stoppare la violenza, non c’è mai stato. Ma c’è modo di prevenirla dimostrando di sostenere indiscutibilmente la libertà di espressione: è un deterrente. Ma ciò non sempre accade, e questo è inquietante. Anche perché ciò rende il libero pensatore una vittima ancor prima che diventi obiettivo degli estremisti».

La libertà vincerà alla fine? «La libertà non è qualcosa di astratto, o di finito. La libertà è una battaglia continua, che attraversa le generazioni e che dà valore all’umanità. Salman è uno di coloro che si è sempre preso la responsabilità di combattere. Ma nella battaglia gli intellettuali come lui, o come me, non possono restare soli».

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