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La Repubblica Rassegna Stampa
02.08.2022 Da Odessa al Libano il grano ucraino riparte navigando tra le mine
Analisi di Brunella Giovara

Testata: La Repubblica
Data: 02 agosto 2022
Pagina: 14
Autore: Brunella Giovara
Titolo: «Da Odessa al Libano il grano ucraino riparte navigando tra le mine»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 02/08/2022, a pag.14, con i titoli "Da Odessa al Libano il grano ucraino riparte navigando tra le mine", l'analisi di Brunella Giovara.

Niente hurrah, ché non sono i tempi, ma con una certa soddisfazione ieri si è vista partire da Chornomorsk la prima nave carica di mais, la prima da quando è iniziata la guerra. Il mercantile Razoni, pesante di 26mila tonnellate di granturco dirette a Istanbul, dove sarà ispezionato, e di lì a Tripoli, in Libano, ieri mattina ha fatto lo slalom tra le migliaia di mine sparse davanti al gigantesco porto di Odessa (di cui Chornomorsk è satellite) e anche oltre, e ha preso il largo sotto la sorveglianza di alcune navi militari turche, perché in tutta questa storia del blocco navale e della sua temporanea revoca, è la Turchia ad avere il controllo del rispetto dell’accordo firmato a luglio tra Russia, Ucraina, Nazioni Unite e Erdogan. Infatti, la lieta notizia è stata subito data dalla Cnn turca, e subito ripresa dalla Tass e da qui rimbalzata in tutto il mondo che aspetta grano, mais, semi di girasole, che scongiureranno le previsioni di carestia per molta parte del pianeta. A breve partiranno altri convogli «lungo i corridoi marittimi» concordati, perché «le procedure sono terminate», ha annunciato il ministero della Difesa turco. Ma per dirla tutta, c’è un’altra entità che vigila sull’operazione sblocco navale, ed è la compagnia Lloyds di Londra, che ha assicurato il viaggio della Razoni (che battebandiera della Sierra Leone) e si è assunta il rischio, non si sa a quale prezzo. Ma «senza aumento dei costi della logistica», ha detto l’amministratore delegato John Neal al Financial Times . A certe condizioni, però, come l’uso dei rimorchiatori fino al largo, evitando l’accensione dei motori, e il rispetto millimetrico del percorso stabilito, lungo il famoso “corridoio verde” che è stato garantito come sicuro, no mine, no rischiodi esplosioni.Poi, c’è sempre l’incognita missili.

The week-old Russian invasion and resistance in Ukraine - IWL-FI

L’altra sera, a poche ore quindi dalla partenza della Razoni, un allarme aereo ha tenuto sveglio tutto il Paese, per via di 8 Kalibr sparati probabilmente da un sommergibile russo che fa base a Sebastopoli, e da lì batte tutto il Mar Nero, e intercettati dalle postazioni di contraerea di Odessa e Mykolaiv. Ha senso, questo attacco, alla vigilia di un momento storico come lo sblocco navale? No, ma così è stato, e il rapporto delministero della Difesa ucraino dell’altro giorno parla di 44 missili della stessa classe presenti sulle coste della Crimea, di cui 28 pronti a essere sparati. Meno gli otto di domenica sera, fanno venti, non si sa come gli ucraini tengono il conto preciso dell’arsenale avversario. Lo sblocco è stato accolto con giubilo universale, a partire dal segretario generale della Nato Stoltenberg, che ha ringraziato la Turchia, «nostro alleato, per il suo ruolo fondamentale. Gli alleati della Nato sostengono fermamente la piena attuazione dell’accordo per alleviare la crisi alimentare globale causata dalla guerra russa in Ucraina». Peter Stano, portavoce della Commissione europea degli Affari esteri: «Un primo passo, benvenuto, per mitigare la crisi alimentare». E Oleksander Kubrakov, ministro ucraino delle infrastrutture: «Abbiamo fatto un altro passo nella prevenzione della fame nel mondo», spiegando anche che la revoca del blocco darebbe all’economia del Paese entrate per un miliardo di dollari. E la Russia? Contenta anche lei. «Una buona occasione per testare l’efficacia degli accordi», ha detto il portavoce del Cremlino, Peskov. «La partenza della prima nave è molto positiva». Dopodiché, ieri sono proseguiti i bombardamenti contro Mykolaiv, Nikopol e altre città del sud e dell’est dell’Ucraina. La Razoni arriverà sana e salva – si spera – al porto di Istanbul, ma la guerra continua.

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