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La Repubblica Rassegna Stampa
01.08.2022 L'incoerenza dei nuovi pacifisti
Analisi di Furio Colombo

Testata: La Repubblica
Data: 01 agosto 2022
Pagina: 24
Autore: Furio Colombo
Titolo: «Incoerenza dei nuovi pacifisti»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/07/2022 a pag.1-24 con il titolo "Incoerenza dei nuovi pacifisti" l'editoriale di Furio Colombo.

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Furio Colombo

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Sarebbe bello, e nobile e consolante, poter dire che, quando scoppiano guerre, ci si può battere con l’azione ostinata di un “partito della pace”. Ma non è vero. Il “partito della pace” c’è, ma ha la sua strategia, i suoi scopi, le sue scelte, e decide come schierarsi. Non necessariamente per la pace. Tutto ciò mi è apparso chiaro quando ho visto alcune persone, note per la loro passata avversione alla guerra (quando la guerra era americana), schierarsi adesso che la guerra è russa non nel mezzo di un grave, pericoloso, insensato conflitto segnato anche da uno squilibrio di potere, dove solo una delle parti in campo è una grande potenza con disponibilità piena di ogni tipo di strumento distruttivo, ma dal lato del protagonista più forte. L’idea della pace è stata enunciata come segue. La pace è un dovere del più debole che, avendo una naturale inclinazione a cedere, la deve assecondare sgomberando il campo dall’inevitabile e naturale tendenza a prevalere (e a suo modo a contribuire alla pace) della parte più forte. Forse molti ricorderanno la fermezza con cui si è condannata l’idea di inviare armi ai più deboli, cercando la pace in una forma di ritrovato equilibrio (se X può fermare Y deve per forza seguire un’interruzione di strage, che vuol dire occasione di pace). Gli argomenti, espressi con molto vigore da presunti appassionati pacifisti, erano i seguenti. Innanzittutto dare le armi, sia pure a qualcuno che vorrebbe difendersi, vuol dire aumentare la guerra e impedire la pace. Poi dare le armi a qualcuno più debole vuol dire moltiplicare le sue possibilità di morire. La battuta corrente era “volete che i più deboli muoiano fino all’ultimo resistente?”. Infine la maggiore potenza dell’avversario non può diventare una ragione per allargare la guerra, semmai per finirla. È un dato di fatto che bisogna considerare con realismo. Il problema non è arrendersi, ma evitare altre vittime e rendersi conto delle cose così come sono. Potreste malignamente osservare che tutti i sostenitori dell’avversione al dare armi per fare più guerra a coloro che non avevano armi erano (e sono, nel caso che sta occupando le cronache adesso) più sensibili alle esigenze e ai problemi russi. Ma è anche vero che la persuasione che più armi impediscono la pace, qualunque sia la parte che le invoca, sia un’inevitabile verità ha segnato l’opinione pubblica al punto che, in poche settimane, sono diventati solo il 10 per cento gli italiani che darebbero armi come soccorso agli ucraini invasi da una delle tre grandi potenze del mondo. Tutto ciò cambia la connotazione della parola pace, così come la Russia ha cambiato la connotazione di ciò che intendiamo per guerra. Qui è importante una digressione. Nel corso del dibattito sul mandare armi di soccorso a un popolo assediato, il governo italiano, per una direttiva dell’Unione Europea, ha deciso un aumento di spesa militare italiana del 2 per cento. I due fatti (spese militari italiane richieste dall’Europa, invio di armi di soccorso agli assediati stretti senza preavviso nella morsa di un’invasione) non hanno alcun rapporto, né politico né militare. Ma per i nuovi pacifisti è stata l’occasione di una grande protesta contro l’idea di armare i disarmati. C’è stata anche l’occasione di usare parole del Papa, ma la pace del Papa non concepisce la benevolenza per chi le armi le ha e le usa. È la pace di prima, quando tutte le armi erano condannate e tutte le guerre erano una grave colpa. Ecco, lo abbiamo detto. C’è una pace di prima che vuole tutto lo spazio necessario alla salvezza delle persone e non fa sconto a chi si presenta all’improvviso già armato. L’unica risposta è la condanna. E c’è il nuovo pacifismo che invece distingue secondo scelte politiche e tattiche. Dice che alcuni, più indegni, possono benissimo essere bombardati da un’autorità superiore, in base a un certo ordine che comprende anche la pace, ma sa dove è ragionevole e dove è irragionevole fermarsi. Come ha dimostrato il furente litigio sull’invio di armi di soccorso al paese invaso (con lo strano slogan “chi si difende muore molto di più, e noi saremo i responsabili”), i nuovi pacifisti non hanno mai mollato. La pace si fa da una parte sola, quella dei perdenti. E più si arrendono o cedono o fuggono o si ritirano, e più la pace sarà grande e, si suppone, ben curata dal vincitore.

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