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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/07/2022, a pag. 8, con il titolo "Il premier ad Algeri per comprare più gas. Anche per il Nord Europa", la cronaca di Serenella Mattera, Luca Pagni; a pag. 26, con il titolo "Gas, i nemici del price cap", il commento di Yoram Gutgeld.
Ecco gli articoli:
Serenella Mattera, Luca Pagni: "Il premier ad Algeri per comprare più gas. Anche per il Nord Europa"
Mario Draghi Yoram Gutgeld: "Gas, i nemici del price cap"
Yoram Gutgeld Mario Draghi lo afferma fin dal primo giorno di guerra: bisogna mettere un tetto al prezzo europeo al gas. Il ragionamento è semplice. Nel mercato di un prodotto difficilmente sostituibile (gas) con un venditore predominante anch’esso difficilmente sostituibile (Russia), è molto rischioso lasciare che la determinazione del prezzo sia affidata all’incontro tra domanda e offerta. Questo meccanismo potrebbe funzionare solo se il venditore, bontà sua, accettasse di seguire la domanda in modo passivo. Se la buona volontà svanisce, sparisce con lei il mercato. Il venditore può ridurre le quantità facendo salire il prezzo quasi senza limite, incassando di più pur vendendo di meno. Questa strategia messa in atto da Putin già prima dell’inizio della guerra, ha fatto moltiplicare il prezzo del gas di quasi 10 volte. Una variazione senza precedenti con un impatto devastante sull’economia. Per contrastare questo ricatto i compratori possono solo mettere un tetto al prezzo. È una mossa che richiede alcuni accorgimenti tecnici, ma è facilmente realizzabile. E invece non si fa nulla! La Germania, dietro a qualche giro di parola, ha messo un veto contrario. Come si spiega questo apparente autolesionismo ? La difficoltà nel rispondere a questo quesito è che la posizione tedesca è sussurrata lasciando che sia il premier olandese a mettere la faccia sul no. Dai media trapela la preoccupazione di una ritorsione russa, che potrebbe fermare la fornitura del tutto. Questa spiegazione è assurda. È come se qualcuno obiettasse alla pena detentiva per un grave reato, sollevando la preoccupazione che questo potesse provocare più delitti. Le pene previste contro i reati non prevengono le violazioni delle leggi, ma sono un deterrente. Allo stesso modo, il tetto al prezzo del gas non elimina la possibilità che la Russia smetta di fornirci il gas, ma costituisce un deterrente alla riduzione delle forniture. Con il sistema attuale il “delitto”, cioè la riduzione delle forniture, non solo non viene punito ma premiato. Nei primi mesi dell’anno la Russia ha incassato più che l’anno scorsopur riducendo le quantità di gas consegnate. Il tetto al prezzo al gas la castigherebbe. Sarebbe un deterrente contro e non un incentivo per metterci in difficoltà. E andrebbe attivato subito, per limitare la possibilità che la Russia continui ad accumulare riserve valutarie con gli attuali prezzi folli. Dal punto di vista politico, il tetto al prezzo del gas ha del miracoloso. È una misura di spending review “populista”. Incontrerebbe ilplacet dell’opinione pubblica e allo stesso tempo sarebbe un antidoto contro l’inflazione senza nessuno degli effetti recessivi, e quindi negativi, dell’aumento dei tassi di interesse che la Bce sarà costretta ad avviare. Per questo motivo è poco credibile l’altra possibile spiegazione del no tedesco, relativa a “le pressioni delle aziende energetiche che approfittano dei prezzi alti”. Figuriamoci se per favorire pochi operatori economici, la politica tedesca può decidere di infliggere enormi danni all’industria e alle famiglie. Ci deve essere un’altra spiegazione. Quale? Temo sia necessario applicare il rasoio di Occam, ovvero “la spiegazione più semplice è quella da preferire”. Se l’opposizione al tetto del prezzo del gas è contraria agli interessi tedeschi (e italiani), favorirà allora gli interessi di qualche decisore tedesco, più di una singola persona. Se i decisori tedeschi non sono in grado di giustificare il muro teutonico al tetto al prezzo del gas, è lecito seguire gli insegnamenti del grande filosofo medievale. Cosa possiamo fare noi italiani? Le dimissioni annunciate da Draghi rendono ancor più urgente che i media, la politica e l’opinione pubblica italiane diano man forte a questa battaglia. Serve creare più consapevolezza per questa soluzione in Europa e in Germania. Il parlamento europeo potrebbe aiutare a informare l’opinione pubblica e a mettere pressione sul consiglio europeo. E certo che oggi più che mai bisognerebbe domandarsi: “Ci sarà pure un giornalista a Berlino?” Ma forse è chiedere troppo.
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