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La Repubblica Rassegna Stampa
02.07.2022 Il pugno cinese su Hong Kong
Cronaca di Gianluca Modolo

Testata: La Repubblica
Data: 02 luglio 2022
Pagina: 13
Autore: Gianluca Modolo
Titolo: «Xi a Hong Kong: 'Stop interferenze la vera democrazia è arrivata con la Cina'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/07/2022, a pag. 13, con il titolo "Xi a Hong Kong: 'Stop interferenze la vera democrazia è arrivata con la Cina' " la cronaca di Gianluca Modolo.

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Xi Jinping

Una Nuova Era per Hong Kong. «Dal caos al governo». Ancora di più sotto il controllo di Pechino, se già non era abbastanza. «Lo sviluppo di Hong Kong non può essere ritardato di nuovo e qualsiasi interferenza deve essere eliminata», scandisce Xi Jinping. «La vera democrazia è iniziata con il ritorno alla Cina». A questo è servita la due-giorni del presidente in visita nell’ex colonia britannica: dichiarare la vittoria del suo socialismo con caratteristiche cinesi e del Partito comunista su ciò che rimane del campo democratico e dei suoi sostenitori. E andava fatto di persona. Per questo dopo 893 giorni di reclusione protetto dalla Grande Muraglia Xi è uscito per la prima volta dalla Cina continentale. C’erano da festeggiare i 25 anni dalla restituzione della città alla madrepatria dal Regno Unito e c’era da tenere a battesimo il nuovo governatore, John Lee, l’ex poliziotto zar della sicurezza che supervisionò le proteste democratiche a colpi di arresti e manganellate di tre anni fa. «Il potere politico deve essere nelle mani dei patrioti », ha scandito Xi durante la cerimonia di insediamento di Lee. «È essenziale per salvaguardare la sicurezza».

Messaggio chiarissimo. Non la smetteva di piovere quel 1° luglio 1997. E pure ieri la cerimonia - breve e blindatissima - ha rischiato di essere rovinata dalla pioggia: nuvole nere sulla città. Alzabandiera al Victoria Harbor e soldati al passo dell’oca come usa farenella madrepatria: accantonato lo stile coloniale britannico. Niente spazio a proteste e manifestazioni: non c’è più nessuno che si azzardi a scendere in strada, perché in carcere, ai domiciliari o semplicemente per paura. Proteste sono arrivate da Gran Bretagna, Stati Uniti e Taiwan per il mancato rispetto delle autonomie promesse. Il premier di Taipei parla di «libertà e democrazia sparite». Più duro ancora il leader del Kuomintang dell’isola: «Un governo totalitarionon durerà mai a lungo e la ricerca della libertà non può essere repressa per sempre». Il leader di Pechino è tornato invece ad elogiare quel concetto “Un Paese, due sistemi” - che per 50 anni dovrebbe garantire ad Hong Kong un alto grado di autonomia: «Non c’è alcun motivo di cambiarlo ». Oggi, a metà strada di quel percorso, quel concetto sembra invece sempre più eroso, calpestato. Un processo accelerato dopo le proteste e le migliaia di arresti del 2019, con una stretta sempre maggiore del Partito: l’imposizione di una nuova legge sulla sicurezza nazionale che punisce la secessione, la sovversione, il terrorismo e la collusione con le forze straniere con pene fino all’ergastolo; la chiusura di storici quotidiani come l’Apple Daily di Jimmy Lai; il nuovo sistema elettorale che permette soltanto ai “patrioti” di governare la città; la riscrittura della Storia. Nei nuovi libri di testo che i ragazzi troveranno sui banchi a settembre ci sarà scritto che Hong Kong non fu mai colonia britannica, ma i britannici esercitarono un potere coloniale. Una posizione non nuova nella retorica cinese. E che oggi serve al governo comunista ad assimilare ancora d i più Hong Kong nella Nuova Era di Xi. Per molti quel “Un Paese, due sistemi” è già morto. Con 25 anni di anticipo.

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