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La Repubblica Rassegna Stampa
18.06.2022 Esce in Italia 'Tempestsa in giugno', romanzo ancora inedito di Irène Némirovsky
Intervista di Leonetta Bentivoglio al nipote Nicolas Dauplé

Testata: La Repubblica
Data: 18 giugno 2022
Pagina: 38
Autore: Leonetta Bentivoglio
Titolo: «'Quel genio di mia nonna Irène'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/06/2022, a pag. 38, con il titolo 'Quel genio di mia nonna Irène' l'intervista di Leonetta Bentivoglio.

Tempesta in giugno | Irène Némirovsky - Adelphi Edizioni
La copertina (Adelphi ed.)


Chi ha amato il romanzo Suite francese , di Irène Némirovsky, si prepari a una sorpresa. Chi invece non ha letto quell’opera di clamoroso successo, uscita in Francia nel 2004 e nel 2005 in Italia, e capace di dare una fama ricca di leggende a una scrittrice a lungo dimenticata, potrà scoprire la prosa lucida e brillante d’Irène grazie aTempesta in giugno ,che esce in questi giorni per Adelphi, l’editore che ha diffuso in italiano diciassette romanzi di Némirovsky e molti suoi racconti. La tortuosa vicenda da cui affiora questo libro merita d’essere spiegata. Nel ’40 Irène, fertile autrice ebrea di origine russa, lascia Parigi per un paesino della Borgogna, intenzionata a costruirvi il proprio capolavoro: un affresco sulla disfatta militare subìta dalla Francia e sull’occupazione tedesca del Paese. Progetta una sinfonia narrativa scandita in cinque parti, ma riesce ad approntare solo le prime due: “Tempête en juin”, sull’esodo da Parigi di alcuni personaggi ben definiti per classi sociali e professioni (che scappano dalla città quando irrompono gli invasori), e “Dolce”,ambientato in un villaggio francese controllato dai nazisti.

The Ukrainian-born French writer Irène Némirovsky - UJE - Ukrainian Jewish  Encounter
Irène Némirovsky

Nata a Kiev nel 1903, Irène morì ad Auschwitz nel ’42, vittima delle leggi razziali promulgate dal regime di Vichy. Vari anni dopo sua figlia Denise, che custodiva i manoscritti della madre, si occupò della ricostruzione di quei testi e li consegnò alla gloria. Dalla rinascita delle due sezioni — cioè delle sole che Irène potè ultimare — scaturì il trionfo diSuite francese . Ora un’ultima rivelazione si aggiunge al mito: apprendiamo che la prima fra di esse fu sottoposta da Némirovsky a una sostanziosa revisione, confluita in un dattiloscritto rimasto finora inedito. Si tratta diTempesta in giugno ,che è quindi una variante perfezionata di “Temporale di giugno”, puntata iniziale di Suite francese . Adelphi la propone con la cura di Teresa Lussone e Olivier Philipponnat, e Lussone ne firma la traduzione con Laura Frausin Guarino. Il volume include anche gli appunti di Némirovsky per “Dolce”, secondo tassello diSuite francese , e per “Captivité”, che avrebbe dovuto essere il terzo ma non fu mai realizzato.

VIZILLE (ISÈRE). Ce
Nicolas Dauplé

Parliamo dell’impresa con il 64enne Nicolas Dauplé, nipote di Irène in quanto figlio di Denise. È lui il portavoce degli eredi di Némirovsky,che sono cinque nipoti fra quelli nati da Denise e quelli generati da sua sorella Elisabeth. Nicolas si fa raggiungere in video nella sua casa di Grenoble, presentandosi sullo schermo con tono affabile e cordiale. È un insegnante in pensione che adesso si occupa a tempo pieno del patrimonio letterario della nonna. Nel corso del dialogo mostra l’enorme mole di fascicoli che raccolgono i lavori di Némirovsky, e in particolare risulta impressionante lo spettacolo dei fogli riempiti dalla grafìa minuscola e fittissima d’Irène, stilati con inchiostro azzurro. «Mia nonna doveva scrivere in caratteri così minuti e appiccicati», dice Nicolas, «perché durante la guerraaveva poca carta a disposizione».

Monsieur Dauplé, come mai questa riscrittura emerge solo oggi? «Mia madre si mise a decifrare per più di due anni, con pazienza certosina, il manoscritto contenente le due parti compiute di “Suite”. La sua eroica dedizione fu all’origine del rilancio di Némirovsky, che da decenni era scomparsa dal mondo editoriale. Concentrandosi sulla trascrizione, Denise scelse d’ignorare il dattiloscritto di “Tempête” supponendo che fosse stato maneggiato da mio nonno Michel Epstein, il quale batteva a macchina i testi della moglie. Ma qualche anno fa la studiosa TeresaLussone ne ha dimostrato l’autenticità tramite confronti testuali e l’analisi di notazioni autografe poste ai margini dei fogli. Spinto da Olivier Philipponnat, che lavora sempre al mio fianco (è un profondo conoscitore di Némirosky, di cui ha firmato la biografia, ed è il suo garante morale), io ho scovato nella mia biblioteca l’esemplare dattiloscritto in una cartellina denominata “Versione originale di Tempesta in giugno!”. Mi resi conto che mia madre aveva passato moltissime ore a recensire quel che differiva tra le pagine riempite a mano e il dattiloscritto successivo».

Sono numerose le differenze tra la stesura vecchia e la nuova? «Premetto che io le reputo bellissime entrambe. Ma qui la storia comincia in modo diverso. Certi capitoli sono sostituiti o integrati, e alcuni destini delle figure in campo mutano direzione. Anche lo stile cambia. È più impersonale e oggettivo, quasi cinematografico, e tra le righe non si sente la voce della romanziera, comeaccade nella versione uscita nel 2004».

Che immagine s’è fatto di sua nonna, che evidentemente lei non ha mai conosciuto, dato che è morta nel lager a 39 anni? «Nella memoria di chiunque la nonna è un’anziana rugosa, ma non per me. Ho la fortuna di avere molte foto di Irène, che vi compare come una giovane fresca e ridente. Ci fu un tempo in cui Irène godette la vita. Ballava, ebbe qualche innamorato, beveva champagne… Poi sposò mio nonno: un uomo moderno, senza problemi di ego, nel senso che non lo disturbava che sua moglie guadagnasse per la famiglia. Comunque la supportava molto. All’epoca Irène era produttiva e nota. Lui era bravo in grammatica e correggeva i suoi errori. In più s’occupava dei rapporti con gli editori e coi giornali. Formavano una coppia armoniosa, ci riferì mia madre Denise, l’unica ad avere ricordi diretti. Sua sorella Elisabeth aveva quattro anni quando Irène fu arrestata, e tre mesi dopo venne fatto prigioniero Michel. Le figlie restarono affidate a una governante non ebrea, a cui mio nonno aveva destinato fondi che le permettessero di prendersi cura delle bambine. Finita la guerra, gli ebrei sopravvissuti allo sterminio tornavano in Francia sui treni, e mia madre adolescente attese invano alla stazione i suoi genitori. In seguito avrebbe votato una lunga fetta della propria esistenza a Irène. Lo fece con abnegazione, ma anche con gioia. Era fiera d’essere divenuta la testimone del suo genio».

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