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La Repubblica Rassegna Stampa
17.06.2022 Draghi, Macron, Scholz di fronte alle macerie di Irpin
Commento di Tommaso Ciriaco

Testata: La Repubblica
Data: 17 giugno 2022
Pagina: 4
Autore: Tommaso Ciriaco
Titolo: «'Incredibile orrore'. I tre leader paralizzati tra le macerie di Irpin»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/06/2022, a pag. 4, con il titolo " ''Incredibile orrore'. I tre leader paralizzati tra le macerie di Irpin", la cronaca di Tommaso Ciriaco.

Draghi a Irpin: “tutto questo deve essere visto e conosciuto” – La Voce di  New York
Draghi, Macron e Scholz di fronte alle macerie di Irpin


Cento colpi sulla fiancata di una Hyundai sventrata, il cofano accartocciato, il sangue rappreso dell’Ucraina sul volante. Olaf Scholz non regge l’immagine. Rompe il protocollo. Infila la testa nel finestrino, sfiora le schegge con il collo. Poi resta immobile, la mano che non si stacca dallo sportello. In questo abitacolo sono morti donne e bambini. Hanno provato a fuggire, li hanno finiti con una sventagliata di mitra. Irpin, un mattino. L’Europa è venuta fin qui per toccare la guerra. Tre leader, lo stesso sospiro a ogni passo: «Incredibile». C’è l’ombra di un palazzo. Dieci piani. Ogni appartamento è un buco nero di fumo. Anche quelli del primo piano, perché i russi qui hanno piazzato i carri armati e sparato ad altezza d’uomo. «C’erano solo civili o anche postazioni militari?», domanda incredulo il premier italiano. «Solo civili», risponde il ministro di Zelensky, per un giorno guida in questo parco dell’orrore. «Sono morti sparati o bruciati». Meticoloso, l’esercito di Putin ha abbattuto il 45% degli edifici. Almeno trecento cadaveri ucraini lasciati sul campo. Alcuni, dicono, calpestati dai tank. «Che vergogna», sibila in italiano il presidente del Consiglio. Tutto è fermo al 28 marzo, il giorno della liberazione di Irpin. Bucha è a un passo e sanguinerà per sempre. Questa zolla di Ucraina è il punto più vicino a Kiev in cui sono riusciti ad arrivare i russi. Hanno sbranato civili, sbattuto contro il muro della resistenza, si sono ritirati. Per la visita, Zelensky ha preparato il percorso per i tre leader congelando l’orrore. Prima una stazione della benzina esplosa, poi un camion della nettezza urbana bruciato e a testa in giù. Infine le case. Scheletri e buchi di mitragliatrici. Ogni passo sempre peggio, fino al quadrilatero in cui si fermano i van dei presidenti. Macron non se ne fa una ragione: «Incredibile», e storce la bocca. Scholz sembra muto. «Il mondo deve sapere», rompe il silenzio Draghi. In cento metri quadrati ci saranno ottanta militari dei corpi speciali. Un cordone doppio di ucraini, italiani, tedeschi, francesi. Alcuni indossano un giubbotto antiproiettile spesso trenta centimetri. Si mettono nuca a nuca con il leader da difendere, offrono il corpo a ipotetici cecchini.

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Le dita sono incollate sul grilletto del mitra. «In questo cratere – mostra il ministro – sono morti in un colpo diciotto della Guardia nazionale». In un angolo di macerie c’è di tutto. Draghi dribbla una scarpanera abbandonata, fili di rame, buste di plastica piene di una fuga fallita. C’è un odore acre, cibo avariato che puzza di marcio. Macron, ancora: «Incredibile, non è sostenibile quello che hanno fatto ». Poi si paralizza: «E quello cos’è?». Su un muro scrostato c’è un marchio nero: “Make Europe not war”. Il presidente francese batte per tre volte la mano sul cuore. «Vogliamo aiutarvi – si ridesta Scholz – e vogliamo far vedere che siamo disposti a farlo». Draghi domanda, mentre cammina. Chiede a esempio se in quel parco per bambini distrutto che si vede in una foto è morto qualche piccolo. «No – risponde il ministro – ma qui nei dintorni sono stati uccisi diversi bimbi». Il presidente rumeno, che si è aggiunto alla fine alla visita, si indigna: «Questa non è stata un’operazione militare, ma distruzione». Nel centro di Kiev hanno scritto su una catasta di sacchi di sabbia: “World help us”. A Irpin, invece, hanno iniziato a riscostruire, senza attendere. «Abbiamo bisogno del vostro aiuto», dice il ministro, «vogliamo entrare in Europa». «Come possiamo aiutarvi?», chiedono insieme. L’ucraino tira fuori l’iPhone. Mostra una app che raccoglie un elenco: case distrutte, attività bombardate, dove e come ricostruire. Ogni famiglia ucrainaposta il suo report, come un enorme quaderno della vergogna. Vergogna russa contro i civili. Muoversi dentro Irpin plasma la prospettiva. I toni di Macron, per dire, diventano durissimi, lontani dai ragionamenti sulla necessità di non mortificare Putin. «È una città eroica. Hanno fermato l’esercito russo. Questa devastazione è l’immagine della barbarie». Le parole di Draghi sono state dall’inizio più accorte, dunque oggi sceglie quelle più proiettate al futuro: «Ricostruiremo tutto». Dall’ex premier russo Dmitry Medvedev arrivano invece solo insulti: «Ai mangiatori di rane, salsiccee spaghetti piace visitare inutilmente Kiev. Ubriacarsi di vodka ucraina e tornare a casa in treno, come cento anni fa». Avevano limato la linea assieme, tre leader nel salottino spartano del vagone di Macron. Correndo verso Kiev sul treno con lamiere gialle e blu, dopo aver attraversato il check point di confine a piedi, scarpe nel fango, in mezzo al nulla. Fotografia storica, dettagli sobri come richiede il conflitto. Undici ore al buio, nella notte di presidenti che dormono in cuccetta. Notte triste come la guerra, lunghissima come l’Ucraina che non finisce e non si arrende mai.

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