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La Repubblica Rassegna Stampa
07.05.2022 Contrattacco ucraino nel Donbass
Cronaca di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 07 maggio 2022
Pagina: 2
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «Con i nuovi cannoni Kiev va al contrattacco e crede nella vittoria»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/05/2022, a pag.2, con il titolo 'Con i nuovi cannoni Kiev va al contrattacco e crede nella vittoria', il commento di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

Il Sentiero segreto dell'Occidente per rifornire di armi la resistenza  ucraina - la Repubblica

Da quattro giorni un esercito avanza nel Donbass. Ma non è quello russo: sono i soldati ucraini. Colpiscono con sistemi ad alta tecnologica, appena consegnati dall’Occidente: i droni kamikaze Switchblade, i missili Brimstone e soprattutto i cannoni da 155 millimetri. Hanno sostituito i mezzi distrutti in battaglia con altri recuperati in Polonia e Slovacchia, come i carri armati T72M: hanno perso 150 tank; ne riceveranno due volte tanti. Inoltre arrivano al fronte uomini addestrati da istruttori americani, britannici ed europei. E questa è solo l’avanguardia di un flusso che nel prossimo mese continuerà ad aumentare, fino a mettere sul campo entro metà giugno un arsenale nuovo di zecca. Per il quartiere generale di Mosca è un doppio incubo. I russi faticano a racimolare rimpiazzi per sostenere i piani d’attacco: non riescono a trovare reparti esperti, tank e droni con cui ripianare i ranghi decimati dalla campagna. Persino le scorte di missili a lungo raggio si avvicinano all’esaurimento.In più adesso devono affrontare un problema balistico molto pericoloso: i loro obici hanno una gittata inferiore rispetto a quelli che gli ucraini cominciano a schierare. Possono venire bombardati senza essere in grado di rispondere: la regola più antica delle artiglierie, che ha deciso per secoli le sorti delle guerre e adesso rischia di riproporsi in Ucraina. Ribaltando così il punto di forza della seconda offensiva russa, quel fuoco di sbarramento in stile sovietico che spazza via ogni ostacolo ora potrebbe rovesciarsi contro i suoi inventori. Kiev ha già iniziato a usare nel Donbass i novanta pezzi da 155 millimetri regalati dagli Usa. Altri dello stesso calibro preciso e potente sono in viaggio dall’Inghilterra,dal Canada, dalla Francia, dal Belgio. Germania e Olanda sono andate oltre e hanno promesso i temibili semoventi Pzh2000: sparano dieci proiettili al minuto a una distanza di quaranta chilometri. Nella lista dei doni tutti hanno inserito radar mobili che seguono la traiettoria dei colpi nemici e ne rivelano le postazioni: in pochi secondi le batterie russe possono venire scoperte e spazzate via. Se l’artiglieria è l’arma del passato, Mosca sta perdendo pure sul fronte della modernissima “guerra di informazioni”: aerei spia, satelliti e droni occidentali descrivono agli ucraini ogni mossa degli invasori.Mentre il Cremlino è ciecosulle iniziative degli avversari. Queste rinnovate capacità belliche fanno sentire al governo Zelensky la prospettiva della vittoria. I consiglieri del presidente arrivano addirittura a ipotizzare un attacco contro il territorio di Mosca nel giro di poche settimane: presto tante città russe saranno alla portata dei nuovi cannoni, permettendo di scatenare ritorsioni per ogni missile scagliato contro Leopoli o Odessa. Ci saranno centinaia di veicoli blindati, tank, missili controcarro; migliaia di fanti e artiglieri ben istruiti. Una crescita militare permessa dal sostegno occidentale che influisce sugli sviluppi del conflitto: Kiev è in grado di proseguire i combattimenti fino alla sconfitta degli invasori. Ha infatti in mano due degli elementi chiave di una guerra di logoramento: ottiene in continuazione risorse fresche, uomini e mezzi da gettare nella mischia, e i suoi soldati sono motivati ad andare avanti. Da questa posizione di forza ieri Zelensky – collegato in video con il think tank britannico Chatham House – ha fatto una timida apertura alla ripresa dei negoziati: «Da parte nostra non tutti i ponti diplomaticisono stati bruciati». Il presidente ha ventilatola possibilità di un accordo se i russi si ritireranno sulla linea precedente al 23 febbraio, senza menzionare la Crimea e le repubbliche secessioniste del Donbass. Parole che alcuni analisti hanno interpretato come un messaggio rivolto al suo popolo: per la pace dovremo comunque essere pronti arinunciare a qualcosa. Da Putin però non ci sono segnali di distensione. Anzi. Mosca è preoccupata per lo stallo delle operazioni e sta dirottando truppe per frenare il contrattacco ucraino. L’unica carta che gli resta da giocare è la mobilitazione, parziale o generale, che il Cremlino continua a negare ma altri segnali sembrano accreditare: chiamare alle armi centinaia di migliaia di giovani, rispondendo con una massa d’urto alla determinazione ucraina e alle forniture della Nato. Ma mettendo così a nudo la crisi dell’armata, incapace di raggiungere un successo che plachi lo zar del nuovo millennio.

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