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La Repubblica Rassegna Stampa
07.03.2022 La mossa di Biden contro Putin: 'Stop al petrolio russo'
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Repubblica
Data: 07 marzo 2022
Pagina: 9
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «La mossa di Washington per piegare il Cremlino: 'Stop al petrolio russo'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/03/2022 a pag.9 con il titolo "La mossa di Washington per piegare il Cremlino: 'Stop al petrolio russo' " la cronaca di Paolo Mastrolilli.

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Paolo Mastrolilli

Guerra in Ucraina, Biden su Putin:
Joe Biden

Le sanzioni al settore dell’energia di Mosca si avvicinano, alla stessa velocità con cui procede l’invasione, che ormai punta all’intera Ucraina e oltre. Un’autorevole fonte coinvolta nel dossier avverte: «Aspettatevi una legge negli Usa per bandire le importazioni di petrolio russo, forse già questa settimana ». La speaker della Camera, Nancy Pelosi è favorevole, il testo è pronto, e il segretario di Stato, Antony Blinken ha ammesso che «siamo impegnati in discussioni molto attive» con gli europei. Si comincerebbe dal petrolio, perché è più facile da rimpiazzare e meno dannoso per noi, ma con la primavera anche il gas finirebbe sul tavolo delle possibili misure, se Putin non si sarà fermato. La settimana scorsa l’ambasciatore americano all’Osce Michael Carpenter aveva detto a Repubblica che l’energia non potrà restare fuori dalle sanzioni all’infinito: «Dobbiamo essere strategici su come procedere, per impedire alla Russia di monetizzare le sue risorse». Secondo i dati dell’International Energy Agency, Mosca è il terzo produttore mondiale di petrolio, dopo Usa e Arabia, ma è il primo esportatore. Nel 2019 i suoi ricavi dal prodotto raffinato sono arrivati a 24 miliardi di euro, e l’anno scorso hanno coperto il 36% del bilancio nazionale. Togliere a Putin un terzo delle risorse economiche paralizzerebbe le sue ambizioni e alimenterebbe il malcontento interno. I problemi principali sono due: primo, il 60% delle esportazioni russe va in Europa, che quindi subirebbe il contraccolpo più grave dall’embargo; secondo, i prezzi della benzina salirebbero ovunque, irritando anche gli elettori americani. Però la brutalità di Putin, che ormai spara pure contro le famiglie di profughi in fuga con i bambini, rende sempre più difficile resistere alla pressione per inasprire le sanzioni. La settimana scorsa un gruppo di 18 senatori bipartisan, guidati dal democratico Joe Manchin e la repubblicana Lisa Murkowski, ha presentato una legge intitolata “Ban Russian Energy Imports Act”, e giovedì Pelosi l’ha abbracciata: «Sono assolutamente a favore. Banditelo». La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha frenato: «Il nostro obiettivo è massimizzare l’impatto su Putin e la Russia, riducendo al minimo quello su noi, i nostri alleati e i partner. Non abbiamo interesse strategico a ridurre la fornitura globale di energia. Ciò aumenterebbe i prezzi della benzina per gli americani, perché diminuirebbe la fornitura disponibile». A questo si aggiunge il problema politico dei cambiamenti climatici, perché la lobby dell’energia Usa già sfrutta la crisi per chiedere di mettere da parte la riduzione delle emissioni e aumentare la produzione. La pressione bellica però sale, e se il Congresso approvasse il “Ban Russian Energy Imports Act” diventerebbe assai complicato per Biden bloccarlo col veto. Inoltre l’iniziativa parlamentare gli darebbe la scusa per dire ai colleghi europei che non voleva toccare l’energia, ma non può opporsi alla volontà del popolo. In realtà le esportazioni di petrolio russo stanno già frenando, perché le sanzioni economiche impauriscono finanziatori e trasportatori, mentre il blocco delle forniture di tecnologia occidentale compromette la manutenzione degli impianti e la produzione. L’embargo totale decretato per legge, però, avrebbe un altro impatto. Gli Usa importano solo il 3% del fabbisogno da Mosca, e il bando non si estenderebbe agli altri Paesi, imponendo sanzioni a chi lo viola. La speranza è che l’iniziativa americana generi un effetto a valanga, spingendo alleati e partner a seguirla volontariamente, magari partendo da Gran Bretagna e Australia. La differenza rispetto al gas è che rimpiazzare le forniture russe sarebbe relativamente più facile. Gli Usa potrebbero aumentare la propria produzione, spingere gli alleati mediorientali e africani a fare altrettanto, acquistare di più da Messico e Canada. Non a caso, poi, una delegazione di Washington è appena tornata a Caracas, dopo anni di assenza. Il contatto fa parte della strategia per sfilare alleati a Putin, e riguarda anche Cuba, dove sono ripresi i servizi consolari dopo che L’Avana non ha votato all’Onu contro la risoluzione di condanna dell’invasione. Il Venezuela però ha le più grandi riserve petrolifere mondiali non sfruttate, e può aiutare molto a garantire le forniture e calmierare i prezzi. Poi, magari quando la primavera ridurrà la domanda, si potrebbe passare al gas, se Putin starà ancora facendo massacri.

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