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La Repubblica Rassegna Stampa
02.03.2022 Kiev sotto attacco da terra e dall'aria
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 02 marzo 2022
Pagina: 2
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Colpita la torre tv: 'Vogliono ridurci come la Siria'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/03/2022, a pag. 2, con il titolo "Colpita la torre tv: 'Vogliono ridurci come la Siria' ", la cronaca di Paolo Brera.

Russia-Ukraine Conflict: Russian Army Blows Up Kiev TV Center In Successive  Bombings, At Least 6 Killed In Kharkiv Blast Blast In Kyiv's TV Center,  Russia Bombs Kharkiv's Housing Society - IG News

Marina Polischiuk, la costumista dell’Opera nazionale ucraina, se ne sta in casa a ciondolare sulla sedia, la tv accesa, la sigaretta pure anche se non ha mai fumato in vita sua. Le ha fregate al marito. Fa male? «Chissenefrega», dice. Bella e austera, Kiev è una tigre ferita, ruggisce di rabbia e piange di dolore. Sessanta chilometri di carri armati si affacciano alle porte, un concerto di sirene dell’allarme antiaereo scandisce le giornate, il borbottio delle esplosioni è un lugubre presagio di morte. Lei però non va neppure più al rifugio: «Troppa gente, dopo sei giorni di guerra non sopporto più nessuno». Migliaia di persone fuggono dall’incubo come possono. In treno come Diana Oleniuk, la pianista del Conservatorio di Kiev; in auto come Dmitro e la sia famiglia; nei convogli organizzati dalle istituzioni come neonati, famiglie e giornalisti riportati a casa dalla nostra ambasciata. Per giorni li hanno ospitati come potevano nella residenza privata dell’ambasciatore Pierfrancesco Zazo, dove s’era trasferita tutta la struttura diplomatica: la sede era troppo vicina a quella dei Servizi ucraini, un obiettivo più che sensibile. «Abbiamo evacuato 16 neonati, 7 minori e più di cento adulti, facendo gli scongiuri tutto bene», dice Zazo ormai in prossimità del confine e della salvezza. La sua casa si era trasformata in una base lunare stracolma di italiani in trappola tra coprifuoco ed esplosioni, un’operazione scattata di sera con un trasferimento adrenalinico e poi tutti lì a convivere nella villa. I documenti riservati portati via dalla sede abbandonata bruciano nel falò in giardino, i neonati strillano o sorridono a prescindere dalle bombe.

Gli uomini dei Servizi impegnati a far cambusa per sfamare all’improvviso tutte quelle bocche con i supermercati chiusi; a far viaggiare i pullman - per mettere in salvo altri italiani ritardatari - con i distributori a secco e i dipendenti ucraini in fuga. Ma la diplomazia italiana non abbandona il Paese: «Ci spostiamo a Leopoli per continuare a sostenere gli ucraini e ad aiutare come possiamo gli italiani sorpresi dal precipitare della crisi e rimasti bloccati», dice Zazo. A 57 anni, Marina la costumista ha i nervi a pezzi: «Piango, spero e prego. I miei mi hanno lasciata qui sola e muoio di paura», dice. «Ma ti rendi conto? Sono qui seduta in attesa degli attacchi con i missili balistici su Kiev, è tutto il giorno che ci sono rumori di bombardamenti e di esplosioni ». Al telefono c’è Dmitro: «Come va lì? Noi bene, siamo scappati in auto stamattina con Veronika e le bimbe. Sono a 300 chilometri, stiamo cercando una sistemazione per la notte. L’unica strada aperta è quella a sud, da Vasilkiv», bombardata domenica all’alba. Si va come lumache, ma si va: «Per fare cento chilometri ci metti tre ore, ci sono un’infinità di posti di blocco. Per andare verso ovest devi percorrere tutte strade di campagna, una fila di macchine su queste vie ormai buie in mezzo ai campi». Domani cercherà di raggiungere Leopoli, poi via verso l’Europa: «Ci lasceranno entrare? Speriamo. Oggi vicino a casa mia hanno ucciso 5 persone, una famiglia. Non riesco a capire: vogliono un’altra Siria?». La famiglia sterminata era nel palazzo vicino alla Torre della Tv, il ripetitore centrale di Kiev centrato dai missili. I russi mirano a tagliare le comunicazioni e a zittire l’informazione. Putin ha sguinzagliato un’unità di esperti tagliagole ceceni con un obiettivo preciso: uccidere il presidente Volodymyr Zelensky e preparare la strada alla presa di Kiev. È andato tutto storto. La brigata cecena di Kadirov ha subito perdite pesanti all’aeroporto Antonov, Zelensky è sopravvissuto e ha ritrovato sorriso e coraggio, infondendone al suo popolo con un bombardamento di video postati sui social. Così efficaci che a Mosca hanno deciso di tagliare la rete delle telecomunicazioni, non riuscendo a tagliare la sua. Lo ha annunciato senza pudore il Cremlino, che ha rivelato altri obiettivi imminenti: «Le sedi dei Servizi segreti ucraini, le strutture militari e alcuni obiettivi simbolici». Simbolico lo era di sicuro il cimitero di Babyn Iar, ma Putin non si cura dei vivi figurati dei morti. I missili sparati sulla torre della tv hanno colpito anche le tombe delle vittime del terzo massacro più orrendo dell’Olocausto, 33.771 ebrei uccisi in due giorni nel 1941 da nazisti e collaborazionisti. Il presidente russo che vuole «denazificare Kiev» comincia colpendo il cimitero di una strage nazista, suscitando la condanna del ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid. La Chiesa greco-cattolica ucraina invece teme che ora tocchi a Santa Sofia: «Secondo l’intelligence stanno preparando un attacco aereo sulla cattedrale». L’eco del bombardamento ha fatto tremare Kiev, ieri pomeriggio. Marina era terrorizzata, ti prende una solitudine nera a sentire il gelo dell’inferno senza un’anima accanto. Anna, la figlia 17enne, l’ha spedita a Ternopil, a Ovest, al sicuro. Andrei, il figlio maggiore 38enne, pediatra, è partito per il fronte.

«Ma lui deve stare a Kiev a lavorare nel suo ospedale, a curare i bambini. Invece è in guerra dal primo giorno e mi chiama quando può». Il marito si è iscritto alla difesa territoriale ed è lì tra le barricate di copertoni che difende Kiev. «Pure lui mi chiama solo quando può. Se non lo fa tremo, e ogni volta che mi squilla il telefono muoio di paura. Di notte non dormo, ho più fifa che di giorno. Sto male dentro, mi viene solo da gridare “fate qualcosa. Salvateci!”». Con le unghie e con i denti, Kiev implora aiuto ma resiste. Kalashnokov a tracolla Sergiy Prokhorenko, il super manger dell’IT che lavora per multinazionali di tutto il mondo, difende la sua città. Lo aveva detto, lo fa: «Sono nella 72esima brigata meccanizzata, finora non ho combattuto ma sono pronto. Ho una paura fottuta, mi mancano mia moglie e i tre ragazzi, ma che futuro gli lascerei in un Paese satellite della Russia?». Si spera nelle trattative, per scongiurare il disastro, ma la strada è stretta. Zelensky ha dettato le condizioni minime: «Prima devono smettere almeno di bombardare le persone, poi possiamo sederci a trattare». Ieri ha parlato di nuovo con il presidente Usa, Joe Biden: «Grazie per gli aiuti, ma è una situazione molto seria: non siamo in un film». Servono opere di bene, oltre alle preghiere. Mille nubi grevi all’orizzonte, eppure gli ucraini ci credono. «Stiamo respingendo gli orchi russi - dice Eugene Yenin, primo viceministro degli Esteri - e cominciano ad arrivare aiuti militari internazionali. Si arrendono sempre più spesso. E l’attacco missilistico a Babyn Iar è l’ultima linea rossa varcata».

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