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La Repubblica Rassegna Stampa
18.12.2021 La magia di Isaac B. Singer: 'Zlateh la capra e altre storie'
Recensione di Susanna Nirenstein

Testata: La Repubblica
Data: 18 dicembre 2021
Pagina: 19
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «Hannukkah a lieto fine»
Riprendiamo da REPUBBLICA - Robinson di oggi, 18/12/2021 a pag. 19, con il titolo "Hannukkah a lieto fine", la recensione di Susanna Nirenstein.

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Susanna Nirenstein

Zlateh la capra | Isaac Bashevis Singer, Maurice Sendak - Adelphi Edizioni
La copertina (Adelphi ed.)

Era il 1966 quando in America uscì Zlateh la capra e altre storie, il primo libro per l'infanzia di Isaac Bashevis Singer, il futuro Nobel per la letteratura nato nel 1903 a Leoncin, un villaggio polacco popolato in gran parte da ebrei. La raccolta era illustrata dal tratto accurato e commovente del grande Maurice Sendak, luogo di nascita (1928) Brooklyn: anche i suoi genitori erano ebrei polacchi e lo riempirono di racconti dello shtetl da cui provenivano, memorie che si fecero sempre più fitte e dolorose man mano che lo sterminio nazista procedeva e annientava la gran parte dei membri della sua famiglia rimasti laggiù e che lui, viste le fotografie, continuò a ritrarre nei suoi personaggi: avvolto dalle lucidi New York lui stesso disse che era cresciuto tra le suggestioni di quei ricordi e di Mickey Mouse. Ora Adelphi manda in libreria la copia esatta di quella raccolta. Una meraviglia piena di delicatezza, humor, bellezza e naturalmente nostalgia, tanto che Isaac vergava nell'introduzione queste significative parole: «Per il narratore, ieri E ff è ancora qui, come lo sono gli anni e i decenni passati. Nelle storie il tempo non svanisce, e nemmeno gli uomini e gli animali. Per lo scrittore e i suoi lettori tutte le creature vivono per sempre. Cib che è successo tanto tempo fa è ancora presente.(...) Nella vita reale molte persone che ho descritto qui non esistono più, ma per me sono ancora vive (...) dedico questa raccolta ai molti bambini che non hanno avuto la possibilità di diventare grandi a causa di stupide guerre e di persecuzioni crudeli». Singer amava dire che aveva almeno cinquecento ragioni per le quali aveva iniziato a scrivere per bambini. Ricordiamone qualcuna: i bambini leggono i libri, non le recensioni, non gliene importa un fico secco dei critici; non leggono per trovare se stessi, liberarsi della colpa; non sanno cosa farsene della psicologia, della sociologia; non tentano di comprendere Kafka o il Finnegan's Wake; credono ancora in Dio, famiglia, angeli, diavoli, streghe, folletti, logica, chiarezza, punteggiatura; amano le storie interessanti, non i commenti; non si aspettano che il loro scrittore redima l'umanità, solo gli adulti hanno simili illusioni puerili. Tutti motivi da cui nascono come ranuncoli colorati di chiaro e di scuro queste fiabe: sottofondo comune l'idea che il bambino sia spesso un filosofo in cerca di Dio, catturato dalle questioni eterne sulla creazione, la vita, la morte, la bontà, la cattiveria. Qualità che Singer enunciava mentre ricordava come lui fosse cresciuto con i racconti del padre rabbino (un po' noiosi, chiosava) e quelli molto più divertenti della madre che invece si sbizzarriva: nel complesso le storie che lo avevano avvinto di più, sottolineava comunque, erano quelle della Bibbia, cosa immaginare oltre le figure di Adamo e Eva, Caino e Abele, Noè e l'arca, Mosè e il mare che si apre per far passare gli ebrei che abbandonano la schiavitù e si richiude sugli egiziani bloccando ogni inseguimento? E così ecco Zlateh la capra. No, qui non ci sono miracoli, né i folletti e i diavoli che Singer ha usato in tanti suoi romanzi e che troveremo invece in altre fiabe del libro. Ma dietro la tempesta improvvisa di neve che intrappola Zlateh e Aaron, il bambino che deve portare il buon animale al macellaio perché quell'anno in famiglia non ci sono soldi e bisogna preparare in ogni modo la festa di Hannukkah, c'è comunque Dio. E Aaron vede un pagliaio in cui scavare un profondo incavo dove per tre giorni la capra (così simile a un essere umano nei suoi pensieri e nelle parole che Aaron gli rivolge!) pub mangiare il fieno, nutrendo a sua volta il piccolo con il suo latte. Una favola di lealtà e fiducia, che finirà naturalmente senza che la bestia venga mandata al macello (tra l'altro, come si ricorderà, Singer era un appassionato vegetariano). Un racconto universale di pieno folklore tipico dello shtetl con un happy ending regolare («se devo tormentare qualcuno con pensieri bui non lo faccio certo con un bambino: se scrivessi di un ladro che non viene punito, sentirebbe che nel mondo non c'è giustizia, e non voglio che arrivi a queste conclusioni troppo presto!» diceva Singer), e un forale redentivo ce l'hanno anche gli altri titoli ambientati quasi tutti a Chelm, un villaggio pieno di sciocchi assurdi e divertenti: c'è una nonna che racconta di un diavolo circondato di topi e folletti vestiti di rosso che spaventa dei bimbi; i cosiddetti 7 saggi del paese che scambiano per argento e diamanti la neve caduta abbondante; 4 figlie che si ingarbugliano i piedi nel letto; un bambino che riesce a chiudere la coda del demone nella porta... E la fantasia di un Signore della Letteratura si snoda tra perle d'invenzione piccole, piccole così.

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