Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

La Repubblica Rassegna Stampa
16.11.2021 Il pugno duro sui dissidenti a Cuba contro la 'marcia del cambiamento'
Cronaca di Daniele Mastrogiacomo

Testata: La Repubblica
Data: 16 novembre 2021
Pagina: 19
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: «Il pugno duro sui dissidenti a Cuba contro la 'marcia del cambiamento'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 16/11/2021, a pag. 19, con il titolo "Il pugno duro sui dissidenti a Cuba contro la 'marcia del cambiamento' ", la cronaca di Daniele Mastrogiacomo.

Patria y vida: cosa c'è dietro la crisi a Cuba – Orizzonti Politici

Aria tesa e di grande incertezza a Cuba dove l’intera isola assiste alla terza manifestazione indetta dal movimento di opposizione. Le strade sono vigilate da centinaia di agenti in divisa e in borghese. Si registrano decine di arresti. Il governo ha vietato ogni concentrazione e corteo. Persino le camminate dei singoli sono viste con sospetto e subito bloccate. Chi viene arrestato rischia condanne fino a 20 anni di carcere. Indicata come 15N, sigla che sta per 15 novembre, la “Marcia per il cambiamento” è la figlia naturale delle due precedenti mobilitazioni avvenute il 27 novembre del 2020 e poi ancora l’11 luglio scorso. La prima era stata una reazione all’arresto dei membri del Movimiento San Isidro, un collettivo di artisti che chiedeva libertà di espressione e possibilità di esporre le loro opere spesso critiche con il regime. La polizia era intervenuta con una cinquantina di arresti ma non era riuscita a impedire l’avvio di uno sciopero della fame per solidarietà. Quando, dopo giorni di denunce, 300 persone si erano radunate davanti all’ingresso del ministero della Cultura chiedendo di essere ricevute, i responsabili governativi hanno fatto qualcosa di inedito: hanno accolto una delegazione che ha esposto le sue rivendicazioni. La gente si è fatta coraggio e l’11 luglio è scesa ancora una volta in piazza. Non chiedeva solo maggiore libertà. Protestava per la carenza di cibo e medicine. Rifiutava l’idea che la colpa fosse soltanto del duro embargo Usa. Sapeva che molto era dovuto a inefficienza, privilegi, accaparramenti. La repressione è stata durissima: centinaia di arresti e decine di condanne. Il regime è passato al contrattacco: ha mobilitato la base del partito e organizzato contro manifestazioni a difesa dei valori della Rivoluzione. C’è stata una fitta campagna contro le proteste, considerate azioni “destabilizzanti” organizzate dagli Usa. L’8 agosto scorso, il Movimento è confluito in Archipiélago, una piattaforma creata dal drammaturgo Yunior García che ha convocato per il 10 novembre una nuova manifestazione. Il regime l’ha subito vietata e ha risposto organizzando manovre militari a cavallo di quella data. García ha posticipato la mobilitazione al 15 novembre. Il regime ha isolato la casa del drammaturgo che nel frattempo, domenica scorsa, aveva annunciato di voler fare una passeggiata, vestito di bianco e con una rosa dello stesso colore in mano, «in rappresentanza di tutti quei cittadini a cui il regime ha privato il diritto a manifestare ». Ma ha dovuto rinunciare. Nelle stesse ore si mobilitava anche il governo. Il presidente Miguel Díaz-Canel presenziava al “sit-in dei fazzoletti rossi” organizzato nel Parco Centrale, lo stesso dove di solito confluiva il corteo dei dissidenti. Ieri è stata organizzata una grande festa universitaria per l’inizio dell’anno scolastico. Chioschi con cibo e musica pieni di giovani per rallegrare il clima teso e mettere a tacere il dissenso.

Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui