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La Repubblica Rassegna Stampa
28.07.2021 Tunisia: alta tensione tra militari e islamisti
Commento di Giampaolo Cadalanu

Testata: La Repubblica
Data: 28 luglio 2021
Pagina: 10
Autore: Giampaolo Cadalanu
Titolo: «I soldati al Parlamento: 'Difendiamo la Tunisia dagli islamisti'»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 28/07/2021, a pag.10, con il titolo "I soldati al Parlamento: 'Difendiamo la Tunisia dagli islamisti' ", l'analisi di Giampaolo Cadalanu.

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Giampaolo Cadalanu

Tunisia, sit-in del partito islamico contro il
Proteste in Tunisia

Nei giardini del Parlamento, i soldati arrivati dalle caserme di tutto il Paese hanno scelto un ficus immenso per difendersi dal nemico più insidioso, l’estate tunisina, che arroventa la capitale fino a imporre quaranta gradi all’ombra. Qualche militare prende fiato sdraiato sull’erba, chi non ha compiti di pattuglia combatte la noia aggrappandosi al telefono cellulare. La piazza del Bardo è completamente vuota, ripulita anche dai sassi e dalle bottiglie che i sostenitori del presidente Kais Saied e i militanti di Ennahdha si sono lanciati reciprocamente lunedì, nell’unica scaramuccia violenta, con un bilancio limitato a qualche testa rotta. La grande fontana al centro dell’incrocio è completamente asciutta.

Nello spazio di norma dedicato all’acqua, fra un resto di vetri rotti e qualche busta di plastica, un bossolo di lacrimogeno con il tappo rosso ricorda le contestazioni dei giorni scorsi. Sui bordi, le frasi scritte con la vernice spray sbiadiscono al sole. In una ancora leggibile l’anonimo writer si rivolge a Aboul-Qacem Echebbi, autore dell’inno nazionale Humat al-Hima , “Difensori della patria”, chiedendo scusa se le nuove generazioni hanno deluso le sue aspettative: «Avevi scritto: Non vive qui chi tradisce la patria. Eppure qui han vissuto i traditori ». Davanti all’ingresso principale, coperto di filo spinato a rasoio, tre pullmini della polizia sono più che sufficienti come primo anello di difesa. Poco più indietro, all’interno, un blindato Ejder da 14 tonnellate con i colori mimetici ricorda che la sede dell’attività legislativa è adesso in mano alle Forze armate. Proprio qui nella notte di domenica i militari e i parlamentari di Ennahdha si sono affrontati faccia a faccia. I primi erano decisi a tener “congelato” il Parlamento, come chiedeva il capo dello Stato, i secondi volevano chiedere l’accesso. Sui social network è diventato popolare un video che mostra il botta e risposta fra la vicepresidente dell’Assemblea, Samira Chaouachi, militante del partito islamico, e i soldati di guardia. «Abbiamo giurato di difendere la Costituzione », diceva la parlamentare. «E noi — ribatteva il militare al cancello — abbiamo giurato di difendere la nazione». In alto sul cancello c’è lo stemma della Tunisia, con una galea punica (la Libertà), una bilancia (la Giustizia) e un leone con la spada (l’Ordine). E la scommessa è davvero su questi valori, e sulla difficoltà a garantire tutti e tre, in un momento delicatissimo per la democrazia. Il sentiero è stretto e sconnesso, ma è presto per rassegnarsi ad archiviare quella che viene definita come l’unica “Primavera araba” di successo. L’attenzione internazionale è ai massimi livelli. Secondo fonti locali, il governo algerino è impegnato a mediare fra la presidenza e l’opposizione per evitare escalation. L’Italia ha attivato il coordinamento dei Paesi dell’Unione europea. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha chiamato Saied per ricordargli che «la priorità è preservare la stabilità e la democrazia». Anche il Dipartimento di Stato americano, con una telefonata di Anthony Blinken, ha chiesto a Kais Saied di «tener fede ai principi della democrazia e del rispetto per i diritti umani».

The many faces of Kais Saied | | AW
Kais Saied

Più divisivo l’intervento di Tarek Radwan, del Comitato per i diritti umani alla Camera egiziana, secondo cui «le coraggiose decisioni del presidente metteranno fine all’egemonia nel Paese dei Fratelli musulmani, che hanno cercato di trascinare la società tunisina nel caos e nella rovina, e conoscono solo il linguaggio dell’acquisizione del potere per escludervi coloro che non li sostengono». La società civile tunisina sembra ispirarsi soprattutto alla prudenza: i diversi gruppi che ne fanno parte hanno sottolineato «la necessità di proteggere tutte le conquiste della rivoluzione tunisina, intesa come una rivoluzione di libertà e dignità». Dopo un colloquio diretto al Palazzo di Cartagine fra il presidente e il segretario generale Noureddine Tabboubi, anche la potente federazione sindacale Ugtt ha deciso di schierarsi a sostegno del capo dello Stato, ribadendo che le misure prese il 25 luglio non sono un golpe. L’Ugtt chiede la preparazione di una road map , un percorso che riporti il Paese nel pieno dei meccanismi democratici. Saied, dicono i sindacati, ha dato disponibilità a garantire questo passaggio, appena l’amministrazione e le istituzioni saranno ripuliti dagli elementi più controversi, con pendenze giudiziarie. Un passo di riappacificazione lo ha fatto il partito islamico, grande imputato di questi giorni, nella rabbia dei dimostranti disoccupati come nelle misure di cautela imposte dalla presidenza, che ha bloccato la possibilità di espatrio per i parlamentari accusati di illeciti.

Dopo aver puntato il dito contro il presidente della Repubblica Kais Saied per aver messo in atto un «colpo di Stato» e aver chiamato i militanti a scendere in piazza per «difendere la rivoluzione», il vertice di Ennahdha è tornato sui suoi passi. La direzione del partito ha diffuso un comunicato con toni conciliatori, in cui si appella al dialogo e richiama i sostenitori, ricordando che le manifestazioni saranno “leggere”, con il massimo rispetto della Costituzione: in altre parole, niente mobilitazione di massa. Ennahdha chiede anche che entro trenta giorni il Parlamento riprenda la sua attività e che la presidenza proponga un nuovo nome per la guida del governo. Il premier destituito da Kais Saied, Hichem Mechichi, dovrebbe essere «sfiduciato» dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo, sottolinea il partito islamico, ipotizzando un prossimo passaggio all’opposizione. In altre parole, Ennahdha sembra aver rinunciato a ogni tentativo di risolvere la crisi con i disordini di piazza. E apparentemente le Forze armate l’hanno presa in parola. Alla Kasbah, vicino alla sede del governo, c’è soltanto una camionetta a presidiare. Sull’avenue Bourghiba, salotto della città e luogo prediletto per le manifestazioni, qualche solitaria troupe tv intervista le famiglie a passeggio tra i ficus, fra le inferriate, a pochi metri dal ministero dell’Interno. Solo in fondo alla strada una fila di furgoncini bianchi con i vetri protetti da reti metalliche indica che la polizia controlla da lontano, pronta a intervenire.

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