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La Repubblica Rassegna Stampa
01.07.2021 Arabia Saudita-Iran: sta cambiando qualcosa?
Alessandro Oppes intervista Faisal bin Farhan, ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita

Testata: La Repubblica
Data: 01 luglio 2021
Pagina: 17
Autore: Alessandro Oppes
Titolo: «Faisal bin Farhan: 'Nei negoziati con l’Iran anche i missili balistici'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/07/2021, con il titolo "Faisal bin Farhan: 'Nei negoziati con l’Iran anche i missili balistici' " l'intervista di Alessandro Oppes.

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Alessandro Oppes

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Faisal bin Farhan Al Saud, ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita

Due giorni intensi di colloqui tra Roma, Bari e Matera. Il principe Faisal bin Farhan Al Saud, ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, è soddisfatto dei risultati del vertice della coalizione globale anti-Daesh come del summit del G20, l’organizzazione alla cui presidenza Roma ha raccolto quest’anno il testimone da Riad. In questa intervista esclusiva con Repubblica , spiega la posizione saudita su alcuni dei temi più caldi dello scenario mediorientale.

Il nuovo presidente iraniano Raisi ha detto che non vede ostacoli a una ripresa delle relazioni diplomatiche con Riad. Come giudica questa apertura? «Ciò che è importante per noi è l’azione sul terreno. Speriamo che l’Iran possa dimostrare attraverso i fatti che è impegnato a garantire sicurezza e stabilità nella regione».

Quali cambiamenti concreti l’Arabia Saudita si aspetta dall’Iran perché il dialogo possa essere realmente costruttivo? «Per noi la prima preoccupazione è il sostegno alle milizie, ad attori non statali nella regione, prima di tutto gli Houthi ma non solo: abbiamo visto l’Iran sostenere le milizie di Hezbollah in Iraq. In Yemen continua a fornire armi, tecnologia missilistica, droni, ma anche armi convenzionali. Vogliamo vedere un cambiamento rispetto a questo approccio».

A che punto sono i contatti diretti tra i due Paesi iniziati a Bagdad qualche mese fa? Quali sono i punti su cui sono stati fatti progressi e quali quelli che rappresentano i maggiori ostacoli? «Non voglio entrare nei dettagli, ma posso dire che l’atteggiamento è stato positivo e noi siamo aperti ad andare avanti in questo dialogo. Ci impegneremo con gli iraniani in una discussione molto franca e speriamo che ci conduca a voltare pagina».

Il ruolo dell’Iran è centrale anche nella trattativa tra Riad e gli Houthi che controllano buona parte dello Yemen. Dobbiamo aspettarci una svolta a breve? «Abbiamo messo sul tavolo una proposta di cessate il fuoco globale e una road map per un processo politico. Speriamo che gli Houthi la accettino, ma finora non l’hanno fatto. Se ci aspettiamo una svolta? Purtroppo per ora non la vediamo».

Come giudica l’Arabia Saudita le trattative in corso a Vienna per il rinnovo dell’accordo sul nucleare iraniano? È giusto includere anche l’arsenale balistico di Teheran? «È fondamentale che affrontiamo sia la minaccia nucleare sia la questione dei missili balistici. Può avvenire con i colloqui di Vienna o con altri meccanismi, ma è importante che inquadriamo tutto il problema, non una parte. Ma ora siamo anche molto preoccupati dal fatto che il monitoraggio dell’Aiea non sta andando avanti. E questo è molto pericoloso: il monitoraggio non può essere oggetto di trattativa. Su qualunque altra cosa si può discutere».

Il presidente Biden si augura nuovi Accordi di Abramo in tempi brevi. A quali condizioni potrebbe essere l’Arabia Saudita a riconoscere Israele? «Credo che ora la priorità sia che Israele e Palestina tornino al tavolo negoziale. La pace e la stabilità nella regione non saranno raggiunte se non si risolve il conflitto centrale, che è quello tra israeliani e palestinesi, assicurando che i palestinesi possano ottenere uno Stato con Gerusalemme capitale e che sia loro consentito vivere in condizioni dignitose».

Dalla Siria alla Libia fino al Golfo Arabico, in più scenari la Turchia sostiene leader politici e milizie armate legate ai Fratelli Musulmani. Che opinione avete della strategia di Erdogan? «Siamo preoccupati per la presenza di player esterni in Libia, compresi i militari turchi. I problemi della Libia devono essere risolti dai libici. Anche il coinvolgimento della Turchia in altri scenari è motivo di preoccupazione».

Il Parlamento italiano ha approvato da pochi mesi un embargo di armi al vostro Paese a causa dell’intervento militare in Yemen. Ciò ha portato a tensioni nei rapporti bilaterali. Come possono essere superate? «Prima di tutto vorrei dire che non ci sono state tensioni: eravamo scontenti per la decisione. Ogni rapporto si deve basare sulla fiducia, quando questa non c’è possono sorgere difficoltà. Nonostante ciò abbiamo un’ottima relazione con l’Italia. Siamo un Paese che ha l’obbligo di difendersi e ci procuriamo i mezzi dove possibile: speriamo che l’Italia possa essere una delle fonti che possano aiutarci a proteggere la nostra sicurezza».

L’Afghanistan è stata la culla di un terrorismo jihadista che ha colpito anche l’Arabia Saudita. Il completamento del ritiro della Nato apre la strada al ritorno dei talebani o il governo di Kabul è in grado di resistere da solo? «Stanno affrontando grandi sfide ed è importante che la comunità internazionale continui a sostenere il governo di Kabul per assicurare che possa far diventare l’Afghanistan un posto sicuro. Ma saranno momenti difficili».

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