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La Repubblica Rassegna Stampa
17.02.2021 Il campione di judo iraniano trova asilo in Israele
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 17 febbraio 2021
Pagina: 1
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Lasciò l'Iran per le minacce di morte, il judoka Mollaei si batterà in Israele»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 17/02/2021, il commento di Sharon Nizza dal titolo "Lasciò l'Iran per le minacce di morte, il judoka Mollaei si batterà in Israele".

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Sharon Nizza

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Saied Mollaei

“Momento storico”. Così descrivono in Israele l’arrivo del judoka iraniano Saied Mollaei, già campione del mondo nel 2018, atterrato ieri mattina a Tel Aviv per partecipare alla competizione “Judo Grand Slam”, con centinaia di atleti da 63 Paesi. Nel 2019 Mollaei aveva ottenuto lo status di rifugiato in Germania dopo le minacce ricevute durante il campionato mondiale di Tokyo, quando la sua stessa nazionale lo spinse a perdere volontariamente alle semifinali per evitare di confrontarsi con il judoka israeliano Sagi Muki che quell’anno si guadagnò l’oro. Distrutto dalla più assurda delle richieste che si possa fare a uno sportivo, Mollaei non ha più fatto rientro in Iran, iniziando a gareggiare con lo status di rifugiato per il Comitato Olimpico Internazionale e poi con la bandiera della Mongolia che gli ha concesso la cittadinanza. Con lui è atterrato a Tel Aviv anche il suo storico istruttore, Mohammad Mansouri, già allenatore della nazionale di judo iraniana ed egli stesso in esilio in Germania. In un’intervista a Radio Farda l’anno scorso, Mansouri aveva raccontato di aver perso la motivazione nel suo lavoro dopo la perdita deliberata di Mollaei in Giappone, rivelando che non si era trattato del primo incidente del genere a cui aveva assistito nella sua carriera di sportivo.

La Federazione Internazionale di Judo ha sospeso l’Iran a tempo indeterminato dopo i fatti di Tokyo e Mansouri. Mollaei e Vahid Sarlak - altra cintura nera iraniana che aveva affrontato lo stesso destino nel 2009 e che oggi è l’allenatore della nazionale del Tajikista – hanno testimoniato contro il loro Paese natale in un recente procedimento che si è tenuto, tra misure di sicurezza non indifferenti, al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, dopo che l’Iran ha cercato di contestare la scelta della Federazione. La Federazione ha sostenuto che Mollaei era stato sottoposto alla pressione diretta dell’allora vice ministro dello sport iraniano Davar Zani e del presidente del Comitato olimpico Reza Salehi Amiri, che, poco prima della semifinale, gli avevano fatto sapere che “i servizi di sicurezza iraniani si stavano recando a casa dei suoi genitori a Teheran”, secondo quanto riportato da Deutsche Welle. Ora, proprio a Tel Aviv, Mollaei spera di avere l’occasione di sfidare Muki, che volevano trasformare nella sua nemesi e invece in questi anni è diventato un amico nella vita, e solo un sano rivale sul campo. “La sua presenza qui è la semplice dimostrazione di come lo sport possa unire le persone e rompere i confini. È un grande messaggio per il mondo”, ha detto Muki nel dargli il benvenuto in casa. Il judoka iraniano, che al momento è in isolamento in hotel, ha chiesto di concentrarsi in vista della competizione, che si aprirà giovedì. “Sono molto contento di essere qui” ha detto timidamente all’arrivo. “Mi sento sicuro. Ora è il tempo di scendere in campo”. La denuncia pubblica di Mollaei, è stato il più mediatico di una lunga serie di boicottaggi di atleti israeliani imposta dall’Iran ai propri sportivi. Episodi simili si sono registrati anche con diversi atleti arabi, in particolare dal Libano, dove è in vigore una legge che vieta qualsiasi contatto con cittadini israeliani.

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