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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
21.03.2019 Pericolo da nord: il confine tra Israele e Libano un punto caldo del Medio Oriente, ma i servizi di Sette riducono la pericolosità dei terroristi di Hezbollah
Articoli di Davide Frattini, Chiara Clausi

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 21 marzo 2019
Pagina: 76
Autore: Davide Frattini - Chiara Clausi
Titolo: «Sul punto di contatto - Libano, la frontiera inquieta»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - SETTE di oggi, 21/03/2019, a pag.76 con il titolo "Sul punto di contatto" il commento di Davide Frattini; a pag. 82, con il titolo "Libano, la frontiera inquieta", il commento di Chiara Clausi.

Mentre l'articolo di Davide Frattini è di interesse in primo luogo turistico, quello di Chiara Clausi sottovaluta il ruolo che esercita in Libano - in particolare nelle regioni meridionali - il gruppo terroristico Hezbollah, organizzato ormai come un vero esercito addestrato e armato dall'Iran. Quello che più ancora del testo contribuisce a ridurre la pericolosità di Hezbollah è la serie di immagini pubblicate da Sette a corredo degli articoli. Molte di queste mostrano il muro difensivo costruito da Israele per bloccare le infiltrazioni di terroristi, pronti a penetrare in territorio israeliano per uccidere e rapire civili. Pubblicare le immagini senza spiegare la funzione della barriera protettiva disinforma il lettore.

Ecco gli articoli:

Davide Frattini: "Sul punto di contatto"

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Davide Frattini

LE FOGLIOLINE grigioverdi coprono le colline della Galilea che si alzano senza fretta dal Mediterraneo verso il confine con il Libano. Gli arabi le chiamano zaatar e gli ebrei eizou: è una varietà di maggiorana e finisce in quell'insalata di controversie, contese e nostalgie territoriali che è il Medio Oriente. I botanici l'hanno battezzato Origanum Syriacum, un nome che supera i confini e ricorda l'epoca in cui era possibile viaggiare senza barriere tra queste terre del Levante, per quattrocento anni sotto il dominio degli ottomani poi sconfitti e sostituiti per un trentennio dai britannici. L'albergo della famiglia Lishansky è stato costruito in stile Bauhaus sulle macerie della casa voluta dal capostipite Joseph, che aveva lasciato l'Ucraina ed era diventato agricoltore su queste montagne. Seminava false identità e raccoglieva informazioni. Come l'Origanum serpeggiava dal piccolo villaggio di Metula verso Damasco, si mimetizzava — lui ebreo — tra i turchi e gli arabi, origliava segreti da passare ai britannici durante la Prima guerra mondiale in cambio della promessa ai gruppi ebraici di un futuro Stato. Operò da pendolare della clandestinità fino a quando non fu scoperto e giustiziato.

 

ADESSO le finestre azzurre e blu del palazzotto bianco — poche camere gestite dai discendenti di Joseph — riflettono i trattori al lavoro nei campi di mele verso il Libano. Anche dall'altra parte si dissoda la terra ma, ha scoperto l'intelligence israeliana, non solo per piantare. Le serre, il movimento di camion, servono a camuffare gli scavi sotterranei di Hezbollah. Le gallerie non sono troppo lunghe: da Metula i cubi bianchi di Kfar Kila sono ben visibili senza bisogno di binocoli militari, le auto con targa libanese passano a qualche centinaio di metri. Così tre mesi fa l'esercito ha lanciato un'operazione sul fronte nord per scovare e distruggere i tunnel, per disinnescare con il tritolo la minaccia proclamata da Hassan Nasrallah, il leader del movimento libanese sciita e filo-iraniano: «Nella prossima guerra invaderemo e conquisteremo parte della Galilea». I cunicoli dovrebbero servire alle truppe irregolari — nella lista nera dei gruppi terroristici stilata dagli americani e dagli europei — per sbucare in mezzo ai kibbutz appoggiati sulla Linea Blu: e il colore delle Nazioni Unite che hanno tratteggiato sulle mappe questo confine d'armistizio tra due Paesi tutt'ora nemici.

L'ULTIMO CONFLITTO è durato trentaquattro giorni tra il luglio e l'agosto del 2006. Il Mondiale di calcio vinto dall'Italia era finito da tre giorni, quando un commando di Hezbollah ha assaltato un convoglio israeliano con granate e colpi di mortaio, tre soldati uccisi e due portati via, anche loro quasi sicuramente morti subito. Le jeep blindate si stavano muovendo lungo il reticolato tra Zarit e Shtula, altri villaggi di contadini e allevatori, questa zona è famosa per i formaggi di capra.

I PICCOLI RISTORANTI e gli zimmer, la versione locale delle pensioncine a conduzione famigliare, in queste settimane si preparano all'alta stagione, gli israeliani arrivano dalle città nei fine settimana per camminare sui sentieri circondati dai fiori o passeggiare tra le memorie di un Paese che qua attorno ha sempre battagliato ancora prima di nascere. Cent'anni fa i bisnonni dei soldati di Tsahal pattugliavano queste zone vestiti come gli arabi. Turbante, tunica e fucile a tracolla, 108 uomini e donne avevano deciso di mettersi insieme nella squadra Beit HaShomer — tra i fondatori il secondo presidente israeliano Yitzhak Ben Zvi — per proteggere gli insediamenti dei primi pionieri. Durante la guerra di tredici anni fa, le loro foto sbiadite, appese nel museo di Kfar Giladi, non hanno protetto i dodici riservisti dell'esercito colpiti in pieno da un razzo mentre si riposavano all'ombra dei muri a secco del kibbutz: nell'accampamento improvvisato erano in attesa di ordini, di tornare in prima linea tra i villaggi libanesi, l'esercito era penetrato fino al fiume Litani, la stessa area adesso monitorata dai soldati di Unifil, in missione di pace per le Nazioni Unite.

È NELLA NATURA della Galilea che David Grossman manda a ripararsi la protagonista di A un cerbiatto somiglia il mio amore (Mondadori), cominciato a scrivere — ha raccontato il romanziere israeliano — «nel maggio del 2003, sei mesi prima che mio figlio maggiore Yonathan finisse il servizio militare e sei mesi prima che suo fratello più giovane Uri fosse arruolato». In mezzo a questi boschi si rifugia anche Grossman per qualche settimana, isolato dal mondo, non dal dolore: Uri resta ucciso il 12 agosto del 2006 nelle ultime ore del conflitto in Libano, il suo carrarmato distrutto mentre cerca di soccorrere un altro blindato. Finita la shiva, i sette giorni di lutto ebraico, ricomincia a lavorare al libro. E parte. «Non potevo esimermi dall'accompagnare i miei personaggi. Sono andato nel punto più a nord, nel silenzio, accompagnato solo dal piacere degli incontri occasionali con i gitanti».

LA SCOGLIERA A ROSH HANIKRA venne traforata dai britannici per unire l'Haifa oggi israeliana alla Beirut oggi libanese. Cento chilometri di ferrovia adesso impossibili da percorrere: il museo sotterraneo proietta sulle rocce delle grotte la storia della prima guerra combattuta da Israele, della dinamite usata nel 1948 per far saltare la galleria e chiudere la via d'accesso agli eserciti arabi che assaltavano lo Stato appena nato.

Chiara Clausi: "Libano, la frontiera inquieta"

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Un tratto del confine tra Libano e Israele

IL CONFINE tra Libano e Israele corre tra colline rigogliose, tra strade che salgono e scendono attraverso alberi di limoni, aranci e banani. È una delle frontiere più calde al mondo, fra due Stati che sono ancora ufficialmente in guerra, anche se dal 2006 non si sparano più. È segnata da barili pitturati di blu, che delimitano i punti tracciati dalle Nazioni Unite nel 2000 dopo il ritiro israeliano dal Libano meridionale. La linea blu è stata definita sulla base di confini incerti, quelli del 1923 del mandato anglo-francese e quelli dell'armistizio del 1949. Ma negli ultimi quarant'anni i tank con la stella di David li hanno oltrepassati molte volte. L'ultima nella guerra dei "33 giorni" del luglio-agosto 2006. Allora i miliziani sciiti di Hezbollah riuscirono a fermare il potente esercito israeliano e continuano a rivendicare  'la vittoria' che ha permesso al Partito di Dio di estendere la sua influenza su gran parte del Libano.

OLTRE LA LINEA BLU oggi si vedono le postazioni israeliane. C'è molta attività. Da un anno Israele sta realizzando un massiccio muro in cemento e, a dicembre 2018, ha lanciato l'operazione Northern Shield per distruggere i tunnel scavati da Hezbollah. Sul confine si vedono i blocchi alti cinque o sei metri con sopra il filo spinato, per impedire ogni passaggio, anche di un semplice animale al pascolo. È il posto più remoto del Libano. Da Beirut è una sequela di check-point, in un paesaggio che si fa più tropicale, fra palme e bananeti. Si susseguono i ritratti degli eroi degli sciiti, come Abbas al Mussawi, il religioso fondatore di Hezbollah, ucciso da Israele nel 1992. Con il turbante nero e una barba lunga e riccioluta sembra vegliare sul regno del Partito di Dio. Ma ci sono anche bandiere del partito rivale di Hezbollah, Amal, con il ritratto dell'attuale leader Nabih Berri e quello di Moussa Sadr, l'imam carismatico scomparso in Libia nel 1978, forse ucciso da Gheddafi. Bandiere gialle e manifesti dei suoi martiri sventolano ai bordi della strada, fra desolati distributori di benzina, case incomplete, garage, capannoni abbandonati.

PIÙ CI SI AVVICINA AL SUD più si diradano le costruzioni. Hezbollah tiene un profilo basso, i check point sono controllati dalle forze armate. Fino al 2006 al Sud non esisteva l'esercito nazionale, ma solo milizie di Amal, Hezbollah, e gruppi palestinesi. Lo Stato era assente. Nessun ministro andava al sud. Ora molto è cambiato e gran parte del merito è della missione Onu, l'Unifil, guidata dal generale italiano Stefano Del Col. In tredici anni lo Stato ha allargato pian piano la sua autorità e questo rende meno probabile un nuovo conflitto. Ma la tensione non è scesa, perché il rischio di un incidente rimane. II comandante punta lo sguardo verso sud e indica un grosso albero proprio sulla linea di confine. «Nei 2010 Israele ha tagliato un ramo senza chiedere il permesso», ricorda, «e tutto stava per precipitare». La crisi è stata risolta, come altre volte, con l'uso di «uno strumento preziosissimo»: il tripartito. «È l'unico forum dove due Paesi formalmente in guerra s'incontrano in una stanza quasi ogni mese», spiega Del Col, «e dove l'Unifil fa da mediatore. Le riunioni si svolgono in un edificio al confine, dove si discute delle violazioni della linea blu e si fa in modo che la situazione non degeneri».

È UNO SFORZO continuo, perché qui la Storia ha scavato con crudeltà. A ridosso della Linea Blu ci sono villaggi con nomi carichi di un passato feroce. Cana, luogo di uno dei più terribili massacri di civili nelle guerre tra Israele e il Libano, con il bombardamento di un campo profughi nel 1996. Kafra, un villaggio distrutto nel 2006, ora ricostruito. Da Rchaf, oltre le colline coperte di arbusti, si intravede Israele. Poi si attraversa il villaggio cristiano di Debel, con le chiese, maronita e greco-cattolica. Al Sud più dell'85% della popolazione è sciita ma esistono anche villaggi cristiani, sunniti e drusi. Aita ash Shab è invece il luogo dove due soldati israeliani sono stati rapiti da Hezbollah, innescando la guerra del 2006.

LIBANO E ISRAELE sono separati da pochi metri di terreno, in gran parte ancora minato. La risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza descrive le attività che la missione può svolgere. Azioni di monitoraggio, di cessazione delle ostilità e assistenza alle forze armate libanesi. I militari pattugliano giorno e notte lungo la linea blu perché non venga violata. Ma c'è anche una cittadina, Ghajar, attraversata in pieno dalla Linea: «E un paese per metà israeliano, per metà libanese», spiega Del Col, «molte persone si muovono lungo il confine e gli abitanti sono siriani alawiti. È una situazione di perenne violazione degli accordi. Come lo sono le incursioni aeree di Israele in territorio libanese». Il pericolo di una nuova guerra è risorto il 10 gennaio, «quando i libanesi hanno convocato un consiglio di difesa perché gli israeliani continuavano la costruzione del muro in un'area secondo loro contesa». Ma Del Col puntualizza: «Per gli israeliani il muro è fondamentale perché si sentono costantemente minacciati, per loro è quindi prioritario garantire la sicurezza del villaggio sul confine».

OGNI PASSO FALSO questa volta potrebbe essere fatale. Specie dopo che il 6 dicembre scorso gli israeliani hanno scoperto sei tunnel che attraversavano la Linea Blu. Sostengono che siano stati costruiti da Hezbollah. «Noi abbiamo verificato quattro tunnel, e due sono in violazione della risoluzione 1701», precisa Del Col. «Ma non possiamo sapere quando siano stati scavati e da chi». Il comandante non nasconde che quando c'è stata la scoperta «la campagna mediatica è stata molto forte»: «lo non posso che imporre la ragionevolezza alle due parti: il mio unico sogno è che si arrivi a una pace definitiva».

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