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Riportiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 04/08/2013, a pag. 13, l'articolo di Carlo Antonio Biscotto dal titolo "Gli ebrei colonizzano la Città Vecchia: via gli arabi dal cuore di Gerusalemme".
La titolazione del pezzo è totalmente sbilanciata contro gli ebrei. L’antico quartiere arabo nel centro della Città Santa attraversato dalla Via Crucis percorsa duemila anni fa da Gesù diretto al patibolo, sta perdendo la sua identità. La famiglia Najib abita qui da tre generazioni e ogni giorno per tornare a casa deve affrontare la sua piccola via crucis. La stradina e le scale sono ostruite da guardie israeliane armate e dai comportamenti tutt'altro che amichevoli. I Najib a volte sopportano in silenzio, altre protestano: "Scansatevi, lasciateci passare. Abitiamo qui". Ma i Najib temono che ormai la battaglia che stanno portando avanti insieme ad altre famiglie arabe sia persa. Teatro dello scontro è la Città vecchia di Gerusalemme, enclave cintata da alte mura con una superficie inferiore al chilometro quadrato nella quale abitano musulmani, ebrei, cristiani e armeni. E’ il centro vitale delle tre grandi religioni monoteistiche e attira turisti e pellegrini da ogni parte del mondo. Le sue stradine sono percorse da sacerdoti, rabbini e imam diretti verso la chiesa del Santo Sepolcro, il Muro del pianto o la moschea di al-Aqsa. I palestinesi accusano gli ebrei di portare avanti un programma di colonizzazione della Città Vecchia. Gli israeliani rispondono che si stanno riprendendo terre assegnate loro da Dio. Sta di fatto che nel quartiere arabo vivono ormai circa mille coloni ebrei accanto a 31.000 musulmani. I coloni sono entrati in possesso di case di famiglie arabe che vivevano qui da secoli e dalle finestre fanno sventolare orgogliosamente e provocatoriamente la bandiera di Israele. La famiglia Najib è composta da otto adulti e quattro bambini. L'appartamento ha tre stanze e i figli più grandi sono andati a vivere altrove. Affacciandosi al piano terra si vedono sventolare al secondo piano cinque bandiere israeliane. Da trenta anni i piani superiori della palazzina ospitano una yeshivah, una scuola religiosa ebraica. "Studenti, insegnanti e guardie di sicurezza fanno rumore, gettano la spazzatura giù per le scale e spaventano i bambini. Cantano, pregano, fanno musica e sbattono le porte giorno e notte", si lamenta Youssef Najib. I responsabili della yeshivah si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni a Harriet Sherwood, la giornalista dell'Observer che ha incontrato la famiglia Najib. Daniel Luria, portavoce di Ateret Cohanim, l'organizzazione cui fa capo la scuola, chiarisce che nessuno dei coloni è disposto a farsi intervistare. "Ci considerano occupanti mentre i musulmani sono considerati i legittimi residenti del quartiere. Non è giusto", commenta. Ma Ateret Cohanim non si occupa solamente di questioni religiose e della gestione della scuola. In realtà aiuta gli ebrei ad acquistare immobili nella Città Vecchia e a Gerusalemme est per realizzare quello che Luria stesso definisce il "progetto di recupero spirituale" della città. Finora la sola Ateret Cohanim ha concluso la compravendita di almeno 50 immobili nel quartiere arabo. Secondo un rapporto pubblicato nel 2009 dall'Ipcc, un'organizzazione palestinese, Ateret guida il "processo di ebraizzazione della Città Vecchia". Le proprietà sono state acquistate ricorrendo a tre diversi metodi: rivolgendosi al tribunale e facendo sfrattare gli arabi sostenendo che storicamente una certa proprietà apparteneva agli ebrei, occupando immobili "temporaneamente vuoti" o stipulando contratti di compravendita servendosi di prestanome. Ateret Cohanim ammette che a volte gli acquirenti si servono di intermediari arabi: "La legge araba dice che un arabo va ucciso se vende le sue proprietà a un ebreo", spiega Luria. "Gli arabi vanno protetti perché anche se vogliono vendere non possono farlo apertamente". Al momento Ateret Cohanim ha messo nel mirino immobili nei pressi della Porta di Erode e non lontano dal Muro del pianto. "Questo è il luogo sacro della nostra cultura, perché non dovremmo farvi ritorno? E poi siamo disposti a pagare bene. Non cacciamo la gente di casa. Gli ebrei hanno il diritto di comprare una casa qui così come la comprano a Londra o a New York" aggiunge Luria. "I veri occupanti abusivi sono gli arabi, non noi. Se hanno problemi a vivere accanto agli ebrei, possono andare a vivere altrove". Negli ultimi anni la popolazione nella Città Vecchia è raddoppiata e il sovraffollamento ha aggravato tutti i problemi sociali, povertà compresa. Secondo un rapporto Onu la densità demografica nel quartiere arabo è quasi tre volte superiore a quella del quartiere ebraico e molte case palestinesi sono prive di acqua corrente e di fognature. Per godere del diritto all'assistenza sanitaria e alla scuola gratuita, i palestinesi debbono dimostrare che a Gerusalemme hanno il "centro principale" delle loro attività. Tra il 2006 e il 2011 a oltre 7.000 palestinesi è stata revocata la residenza a Gerusalemme e con essa l'accesso ai servizi sociali. Per molti è stata una vera tragedia. Per inviare la propria opinione al Fatto Quotidiano, cliccare sull'e-mail sottostante lettere@ilfattoquotidiano.it |
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