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Netanyahu e lo schiaffo al suo paese
Analisi di Ron Ben-Yishai
(da Israele.net)
Benjamin Netanyahu La destituzione, domenica, del ministro della difesa israeliano Yoav Galant da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu è stata un’espressione di mancanza di fiducia nelle più alte sfere delle agenzie di sicurezza israeliane e delle sue forze armate. Netanyahu non ha nemmeno convocato il gabinetto di sicurezza, come avrebbe dovuto fare, per ascoltare i drammatici avvertimenti di Galant. Secondo la legge, il governo nel suo insieme è al comando delle Forze di Difesa israeliane. Il ministro della difesa ne è il rappresentante incaricato di sovrintendere alle forze armate e il suo più alto comandante, il capo di stato maggiore. Nel suo discorso di sabato, Galant ha voluto allertare il pubblico sugli allarmi che provengono dalle agenzie militari e di sicurezza, così come sono stati presentati a lui e direttamente al primo ministro: dicono che il crescente numero di riservisti che si rifiutano di prestare servizio sotto quello definiscono un regime in preda a una deriva non democratica sta già impattando sul livello di addestramento militare, anche del personale operativo dell’aeronautica, e sta cominciando a penetrare nei ranghi delle forze in servizio attivo in tutti i rami dell’esercito. Galant e il capo di stato maggiore hanno deciso di non intraprendere azioni disciplinari contro riservisti che prestano servizio in modo volontario (come i piloti), per non provocare ulteriore sobillazione. Contrariamente a quanto affermato da Netanyahu, i riservisti non avevano esortato altri a seguire il loro esempio, ma la loro posizione si è diffusa e rafforzata sui social network. Alla luce di queste preoccupazioni e delle minacce poste dall’Iran, dalle fazioni palestinesi e dal gruppo libanese Hezbollah, che potrebbero decidere di approfittare dall’attuale vulnerabilità dello stato ebraico, Netanyahu avrebbe dovuto almeno tenere in considerazione l’unità all’interno delle Forze di Difesa come priorità assoluta; ma ha fatto il contrario, compromettendo ulteriormente la forza dei comandi nel tenere unite le truppe. Intanto, non ha finora presentato nessuna concreta contro-obiezione rispetto ai drammatici avvertimenti ricevuti da Galant e da altri, secondo i quali l’apparato di difesa versa in seria difficoltà. Gli esperti legali diranno se il primo ministro ha agito contro la sicurezza nazionale e se era legale la destituzione del suo ministro della difesa, che stava facendo il proprio lavoro. Galant ha parlato a nome di un ampio e produttivo settore della società israeliana che presta servizio nella riserva. Qualsiasi altro ministro nominato al suo posto troverà molto difficile unire e dirigere la Difesa respingendo quel settore, dal momento che è stata violata la vitale fiducia tra governo e Forze di Difesa. Netanyahu o non si rende conto delle ripercussioni delle sue scelte o è indifferente a tali conseguenze. E i cittadini israeliani ne stanno già pagando il prezzo.
(Da: YnetNews, 27.3.23)
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Afferma Sergio Della Pergola: “È senza precedenti che anche dall’esercito sia arrivata una protesta. Decine di membri di unità della riserva – che svolge un ruolo militare essenziale – hanno comunicato che smetteranno di partecipare come volontari. Questo è una specie di ammutinamento della riserva, rispetto a cui Netanyahu ha invocato maggiore severità da parte del Capo di Stato Maggiore, senza porsi la domanda come mai queste persone che per 75 anni hanno volato sui cieli della Siria, del Libano e magari anche in altri posti più lontani e hanno eroicamente fatto dei servizi che non si possono nemmeno nominare, improvvisamente esprimono queste posizioni. Si tratta non di traditori, ma di persone che hanno permesso finora a Israele di esistere, mentre il governo è composto per una buona metà di ministri maschi che non hanno mai fatto il servizio militare o che rappresentano coloro che non lavorano e sono sussidiati a spese della previdenza sociale. A manifestare invece ci sono coloro che producono l’80% del Pil in vari settori, compreso l’hi-tech. … Purtroppo vedo un grosso rischio, e cioè che gli arabi si illudano e possano commettere degli errori di valutazione. In passato l’abbiamo già visto, io vivo in Israele dal 1966, ho vissuto la guerra dei sei giorni, ho fatto il mio servizio della riserva per più di vent’anni, ho parlato a lungo con dei palestinesi. Il problema è che nella psicologia delle nazioni arabe c’è un senso d’euforia e un effetto domino. L’illusione crea euforia, l’euforia crea altra illusione, è una perversa spirale in cui il rischio di un fatto scatenante può determinare conseguenze drammatiche. Questa divisione interna israeliana dà l’impressione di debolezza, la protesta dei militari fa pensare che al momento giusto gli arabi possano scatenare un’altra offensiva. È un grave rischio”.
(Da: riflessimenorah.com, 27.3.23) http://www.israele.net/scrivi-alla-redazione.htm |
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