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Riprendiamo da ITALIA OGGI l'analisi di Diego Gabutti.
Emmanuel Macron Vladimir Putin Era Gengis Khan, e felice d’esserlo. Baffi spioventi, l’Orda al galoppo attraverso steppe dove non crescerà mai più l’erba, archi e lance, montagne di teschi, i nemici passati a fil di spada. Adesso i tartari sono gli altri. Lui è la vittima dell’aggressione. Se ne stava lì, tranquillo, suonava l’arpa, cacciava gli orsi nella tundra, portava fiori alla tomba di Solženicyn, quand’ecco che la Nato ha invaso l’Ucraina. Non Mosca, che ama la pace, ma Bruxelles e Washington hanno dichiarato guerra alla «madre patria», per sottrarle ciò che è suo: l’anima e il corpo di tutti gli slavi. Mosca non può essere circondata da nazioni ostili, o peggio «naziste», dove non c’è rispetto per Dio e per l’autorità, dove i giovani sono dediti a balli lascivi e i maschi si sposano con i maschi. Dev’essere Mosca a circondare l’Occidente liberale e decadente riconquistando le sue marche occidentali. «È forse una pretesa eccessiva?» chiede Putin, e da noi annuiscono con gli occhi santamente levati al cielo Orsini, Canfora, Borgonuovo, Santoro e gli altri fenomeni. Fenomeno d’Oltralpe, più condiscendente che pacificatore, Macron invita a non umiliare il poveretto, che ha già tanto sofferto. Vorrebbe essere, come si dice, un «assist» e una consolazione, ma suona piuttosto come un annuncio funebre. Intorno decine di migliaia di soldati morti, una scioccante débâcle militare, l’odio imperituro degli ucraini, una moria d’oligarchi di dimensioni bibliche e lui, il Padrino, che non vede vie d’uscita, salvo riparare in un bunker, come Hitler a Berlino nel 1945.
Diego Gabutti italiaoggi@class.it |
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