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Italia Oggi Rassegna Stampa
23.11.2021 'Il Manifesto del libero pensiero', di Luca Ricolfi, Paola Mastrocola
Recensione di Cesare Maffi

Testata: Italia Oggi
Data: 23 novembre 2021
Pagina: 9
Autore: Cesare Maffi
Titolo: «Il libero pensiero va difeso»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi, 23/11/2021, a pag.9, con il titolo "Il libero pensiero va difeso", la recensione di Cesare Maffi.

Ricolfi e Mastrocola, Manifesto contro il politicamente corretto: no alla  censura, sì al buon senso - Secolo d'Italia
La copertina (La nave di Teseo ed.) e gli autori

Stupisce leggere autori considerati di sinistra e trovare analisi che il comune sentire riterrebbe di destra, o magari di estrema, populisti, sovranisti, come oggi suol ripetersi per additare un avversario. Succede con il Manifesto del libero pensiero, che Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, coniugi, pubblicano per La nave di Teseo e, incredibile a dirsi, la Repubblica. La possiamo considerare come una summa contro il politicamente corretto, contro l'obnubilamento della libertà di pensare, contro la volgarizzazione di becere credenze. Gli autori vanno all'attacco (con chiarezza espositiva, cioè con quel che manca del tutto alle loro teste di turco) di una «grande cappa» aleggiante su ciascuno di noi. Si tratta di «un opprimente clima, fatto di censura e intimidazione, con imposizioni e divieti più o meno velati su che cosa è bene dire e pensare». Partendo da tempi ormai antichi, quando «la censura era di destra e la libertà di espressione era di sinistra», i mutamenti si avvertono negli anni settanta, quando l'avvento in massa del progressismo reca con sé l'assunzione a legislatori del linguaggio. La sensibilità della gente comune viene quasi derisa, perché c'è chi fissa i nomi di cose e persone. Non si mutano le cose: si cambiano le parole. Il politicamente corretto s'impone come ideologia fondamentale. Non è difficile individuarne i sostenitori. Grande stampa, spettacolo, intrattenimento, radio e tv, Google, Facebook, istituzioni, e infine quelli che vengono definiti poteri forti Arriva il trionfo delle espressioni dette giuste. Non negri, bensì neri (poi, di colore). Non ciechi, ma ipovedenti. Non spazzini, bensì operatori ecologici. I minorati si mutano via via in (h)andicappati, portatori di handicap (quasi avessero sulla schiena un apposito meccanismo), diversamente abili. Guai ai bidelli, sostituiti dagli immancabili operatori, nella fattispecie scolastici, similmente ai becchini, ora nemmeno inumatori, bensì operatori cimiteriali. Mastrocola e Ricolfi avrebbero potuto ricordare altresì il ricorso all'avverbio negativo: il personale scolastico amministrativo diviene non docente. Naturalmente sorgono pure le parole dette sbagliate. S'impone così il politicamente corretto come ideologia fondamentale. Non è difficile individuarne i sostenitori. Grande stampa, spettacolo, intrattenimento, radio e tv, Google, Facebook, istituzioni non solo pubbliche, e infine quelli che definiremmo i poteri forti. L'acquisizione finisce così in mano alla sinistra. Insieme, sorge il supposto rispetto per le presunte vittime: si vede «ogni idea, immagine o espressione come potenzialmente lesiva della sensibilità individuale». L'estensione dei potenzialmente offesi cresce per toccare chiunque si senta vittima di odio, ma addirittura «di una trascuratezza o maleducazione o persino un'intenzione». Lungi dal compiere il proprio itinerario verso la correttezza, la sinistra dominante mira all'ipercorrettezza, per combattere le più normali convenzioni linguistiche, intaccando ortografia e grammatica. Se in inglese (ormai da intendersi come angloamericano) bisogna stare attenti a non confondere she e he, in italiano si moltiplicano i metodi per superare il maschile non marcato, quello per intenderci che consente a chiunque abbia cervello di capire che i cittadini di cui all'art. della Costituzione sono intesi senza distinzione di sesso, proprio nel comma in cui si sancisce la loro hanno pari dignità sociale. Si usano due termini (signore e signori), lui/lei, amici/amiche, l'asterisco finale (car* iscritt*), la chioccola (car@ collegh@), la —u (caro amicu), sino al caso limite, tanto caro a Michela Murgia, dello schwa, simbolo impronunciabile e perfino di difficile reperimento. Si va oltre il politicamente corretto. Mastrocola e Piccoli individuano il «follemente corretto», che tocca oggetti inanimati ritenuti colpiti da sesso, razza, discriminazione. Chi ne parla come non dovrebbe va punito e rieducato. Si pretende d'imporre amore e odio. In tal modo si vuole cancellare il passato: è l'iconoclastia, che reca alla distruzione di monumenti simboli della cultura americana, denunciata come bianca, razzista, sessista, occidentale, suprematista e via insultando. Tutto viene intaccato, da Dumbo a Mozart, dall'Odissea alla Divina commedia, dall'arte rinascimentale a Biancaneve. Arte per arte? No: sarebbe mero decadentismo. Ecco allora l'arte pedagogica, l'arte utile, l'arte che guarda al potere, l'arte che disegna il bello. Il clima, già rovente, raggiunge l'apice, almeno per ora, nella rete sociale, in cui ciascuno si sfoga senza porsi limiti, nemmeno di ironia, sentimento che pare scomparso proprio perché scorretto.

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