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Italia Oggi Rassegna Stampa
14.07.2021 Storia, filosofia e politica del Novecento attraverso quattro donne
Commento di Diego Gabutti

Testata: Italia Oggi
Data: 14 luglio 2021
Pagina: 10
Autore: Diego Gabutti
Titolo: «Quattro donne fuori dal comune»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 14/07/2021, a pag.10 con il titolo "Quattro donne fuori dal comune", il commento di Diego Gabutti.

Bene fa Diego Gabutti a ricordare, a proposito di Hannah Arendt, il suo tentativo di trasformare il processo Eichmann sulla base della teoria della "banalità del male", secondo cui il gerarca nazista - e tanti altri come lui - non sarebbero stati che burocrati solerti, anime grigie trasformatesi in tessere nel mosaico del genocidio degli ebrei d'Europa. Una teoria sbagliata che riduce la responsabilità degli assassini: il male non è mai banale.

Ecco l'articolo:

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Diego Gabutti

Le visionarie: 1933-1943. Arendt, De Beauvoir, Rand, Weil e il pensiero  della libertà eBook: Eilenberger, Wolfram, Cuniberto, Flavio: Amazon.it:  Kindle Store
Wolfram Eilenberger, Le visionarie. 1933-1943. Arendt, De Beauvoir, Rand, Weil e il pensiero della libertà, Feltrinelli 2021, pp. 350, 22,00 euro, eBook 16,99.

Già autore d'un importante libro sulla filosofia tedesca del Novecento, Il tempo degli stregoni, Feltrinelli 2018, nel quale metteva a confronto vita e opere di Walter Benjamin, Martin Heidegger, Ludwig Wittgenstein ed Ernst Cassirer, lo storico e filosofo Wolfram Eilenberger dedica il suo nuovo libro, Le visionarie, all'idea di libertà e alle quattro filosofe che si sono opposte, ciascuna da una diversa barricata intellettuale, alle derive totalitarie del nostro tempo: Simone De Beauvoir, Ayn Rand, Hannah Arendt, Simone Weil. Quattro avventure filosofiche, quattro donne eccezionali. Attraverso il racconto delle loro vite — vite tortuose nel più tortuoso dei secoli — Eilenberger illustra l'epoca funesta dei grandi collettivi sociali e delle guerre sante combattute da ideologie mostruose. Ayn Rand a parte, che approda a New York da San Pietroburgo in fuga dai campi di lavoro e dai plotoni d'esecuzione degli utopisti, le altre tre sono parigine per nascita (De Beauvoir, Weil) oppure parigine per forza di cose (Hannah Arendt, che lascia la Germania per Parigi prima che sia troppo tardi). Sempre Rand a parte, che di filosofia in fondo s'intende poco e che elabora in totale isolamento il suo «oggettivismo» libertario, prendono tutte parte al fitto dibattito politico che lacera l'Europa tra le due guerre, tutte smarcando quelle delle dittature e imboccando sentieri originali, talvolta sorprendenti.

Simone Weil, per cominciare. Nel 1933 ospita Lev Trotsky, esule dall'Unione sovietica, nella casa parigina dei suoi ricchi genitori borghesi (è lì, in un quartiere chic della capitale francese, che l'ex Commissario del popolo alla guerra presiede il congresso di fondazione della Quarta Internazionale). Dieci anni più tardi, in piena guerra mondiale, Weil muore in un sanatorio inglese di «endura», cioè rifiutando cure e cibo, come una «Perfetta» catara o «albigese», di cui ha commentato (e ammirato) le gesta nei suoi libri. A Trotsky, suo ospite, Weil aveva impartito una lezione di civiltà chiedendogli conto del massacro dei marinai di Kronstadt ribelli al potere bolscevico, un'accusa che Trotsky accoglie digrignando i denti e dandole della rammollita. De Gaulle, al quale Weil propone di creare un ordine d'infermiere di prima linea, «corrispettivo non violento e pacifista delle SS», scuote invece la testa: «E’ pazza». Savia abbastanza, tuttavia, da sapere che «il sociale» coincide con «il male» e che «non la religione ma la rivoluzione è l'oppio del popolo».

Per Ayn Rand, che tiene a battesimo un libertarismo radicale, fondato sul diritto all'egoismo e sull'individualismo senza compromessi, «la religione» è invece «la radice d'ogni menzogna e l'unica giustificazione della sofferenza», opinione che Weil certo non sottoscriverebbe. Approverebbe, in compenso, la crociata contro il socialismo in ogni sua forma alla quale Ayn Rand dedica tutta la sua vita di scrittrice e di filosofa. Dopo aver tentato la fortuna a Hollywood come sceneggiatrice, Rand lascia la California per Manhattan, dove scrive un gruppo di romanzi che negli ultimi novant'anni hanno venduto milioni di copie senza mai uscire di catalogo: Noi vivi, La fonte meravigliosa (da cui fu tratto un celebre film con Gary Cooper) e la trilogia della Rivolta di Atlante. Atea l'una, mistica fino all'autodistruzione l'altra, sia Weil che Rand sono a caccia, in realtà, della stessa preda: la libertà, deformata dal tallone d'acciaio dei despoti novecenteschi, che ne ha reso irriconoscibili persino le forme.

In fuga dagli Übermenschen nazisti che hanno occupato l'Europa, anche Hannah Arendt è sulla stessa pista. Già amante di Martin Heidegger, di cui è stata una studentessa a Marburgo, Arendt è attiva nelle organizzazioni sioniste (Heidegger, che all'inizio stravede per Hitler, resterà antisemita fino all'ultimo giorno). Amica di Walter Benjamin, che si suicida nel 1940 sulla frontiera spagnola, Arendt fugge un anno più tardi attraverso lo stesso valico di frontiera. In America, la futura autrice delle Origini del totalitarismo, uno dei primi libri in cui nazismo e comunismo sono finalmente rubricati alla stessa voce d'enciclopedia, continua a lavorare per i giornali e le organizzazioni sioniste, di cui tuttavia comincia a temere il nazionalismo: vorrebbe che in Palestina, al posto della vagheggiata nazione sul modello europeo, nascesse una federazione di popoli, simile agli Stati Uniti d'America. Non andrà così, come sappiamo, e tra Arendt e Israele saranno scintille sia prima che dopo la pubblicazione del suo libro più noto, La banalità del male, il reportage dal processo di Gerusalemme ad Adolf Eichmann, il principale burocrate addetto allo sterminio degli ebrei d'Europa, che lei liquida come un galoppino e un travetto del Male metafisico. Qualcuno, banalizzandolo, giudica il reportage di Arendt, diventato un classico della letteratura politica, una banalizzazione della Shoah.

Quanto, infine, a Simone De Beauvoir, di cui abbiamo parlato soltanto qualche settimana fa recensendo Rive Gauche di Agnès Poirier, fu la protagonista, con Jean-Paul Sartre, della stagione dell'esistenzialismo, nonché l'autrice, nel 1949, del testo fondatore del moderno femminismo, Il secondo sesso. Ebbe, come gli altri esistenzialisti, la libertà per bandiera: la libertà sessuale, la libertà di vivere senza rispettare alcuna convenzione. Al pari degli altri esistenzialisti di scuola sartriana non fu purtroppo altrettanto attenta alla libertà politica dei popoli oppressi dal comunismo russo, cinese, vietnamita e cubano. Ma così stanno le cose in un mondo imperfetto. «Vivere sarebbe un piacere» — scrisse una volta Hannah Arendt — «se la storia universale non fosse una storia di merda».

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