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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.03.2023 Ucraina: la Chiesa ortodossa pro-Putin
Analisi di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 marzo 2023
Pagina: 12
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «I monaci ucraini filorussi: «L’Ovest vuole dividerci». L’esercito di Putin sgancia la superbomba»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/03/2023, a pag.12, con il titolo "I monaci ucraini filorussi: «L’Ovest vuole dividerci». L’esercito di Putin sgancia la superbomba" la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

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Di questi tempi non è facile trovare persone che si dichiarino apertamente filorusse in Ucraina. Anche nelle regioni prevalentemente russofone del Donbass investito dai combattimenti, coloro che vedono Putin come un «liberatore», o comunque non lo considerano un «invasore», in genere preferiscono tacere per non essere accusati di «collaborazionismo» col nemico e venire imprigionati per «alto tradimento». Non così però nella cittadina di Sviatohirsk e nel suo storico complesso monasteriale risalente agli inizi del Sedicesimo secolo. «Questa è una zona molto difficile, la grande maggioranza della popolazione ci considera nemici, non fa nulla per nasconderlo. I più sono emigrati nelle regioni autonome del Donbass o addirittura in Russia. Chi resta spera invece nella nostra sconfitta in attesa del ritorno dei soldati russi», ammettono i militari ucraini che pattugliano le zone urbane devastate dai combattimenti dell’anno scorso. Ieri mattina nella basilica principale del monastero i monaci celebravano la messa domenicale benedicendo il patriarca Kirill di Mosca di fronte ai fedeli in preghiera. «Russia, Ucraina, Bielorussia e tante altre zone qui attorno sono parte integrante della stessa regione. Kiev fu la madre di Mosca, della nostra religione, della lingua e della cultura comune. Non esiste alcun motivo per separarci. Chi lo fa agisce per conto di una terza potenza, interessata a dividerci per imporre il suo dominio sul mondo», ci spiega padre Bonifazio, nato 52 anni fa a Zaporizhzhia. Lui non vuole esplicitamente puntare il dito contro gli Stati Uniti e la Nato. «Sono un monaco, un uomo di chiesa, non voglio fare politica», si schernisce. Ma il suo discorso ricalca le parole di Kirill e di Putin: non ci sono differenze tra ucraini e russi, chi le enfatizza fa il gioco americano e del fronte occidentale. A Sviatohirsk praticamente nessuno ha abbracciato lo scisma del patriarcato di Kiev, che negli ultimi mesi si è completamente separato da Mosca proprio in reazione alla guerra lanciata da Putin con la benedizione entusiasta di Kirill. Una delle ultime mosse è stato decidere di celebrare Natale il 25 dicembre come le chiese latine e contro la tradizione ortodossa del 7 gennaio. I servizi di sicurezza ucraini hanno anche effettuato perquisizioni e arresti nelle chiese rimaste fedeli alla Russia, compresi gli antichi monasteri della Grande Lavra di Kiev, considerati ormai alla stregua di covi di ribellione e «quinte colonne» del nemico. Il fronte dei combattimenti si trova una trentina di chilometri più a est. Ieri il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il suo esercito è impegnato in una battaglia «dolorosa e difficile» in Donbass contro le forze russe, che per la prima volta, sostengono fonti di Kiev, avrebbe sganciato la superbomba planante Upab-1500B da 1,5 tonnellate ad Avdiivka e nella regione di Chernihiv. Sviatohirsk fu attaccato dalle truppe russe ai primi di giugno. Una chiesa antica in legno venne carbonizzata dalle bombe e i danni sono evidenti su ogni muro. Nelle aiuole di fronte alla basilica ci sono le tombe di tre monaci e due suore morti nei combattimenti. I soldati ucraini ne ripresero il controllo l’11 settembre durante la campagna militare che permise di liberare le regioni a sud di Kharkiv, sino a Lyman. Oggi vi risiedono un centinaio di monaci, oltre 30 monache e circa 200 civili profughi dai villaggi vicini. «Ma è inutile farsi illusioni: almeno l’80 per cento dei 5.000 abitanti locali è favorevole a Putin, sono i figli dei trasferimenti di popolazione forzati voluti da Stalin 80 anni fa», ci dice Evgenii, un negoziante cinquantenne filo-Zelensky che con tanti suoi vecchi compagni di scuola ormai non parla più.

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