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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.09.2022 Gli Usa di fronte alla vittoria di Giorgia Meloni
Analisi di Federico Rampini

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 settembre 2022
Pagina: 36
Autore: Federico Rampini
Titolo: «Test su armi e atlantismo»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/09/2022, a pag.36, con il titolo "Test su armi e atlantismo" l'analisi di Federico Rampini.

Federico Rampini - Wikipedia
Federico Rampini


Joe Biden

La calma con cui l’Amministrazione Biden ha reagito finora alla vittoria di Fratelli d’Italia va vista alla luce delle priorità geopolitiche degli Stati Uniti. Per capire il sangue freddo della Casa Bianca non conta solo quel che Giorgia Meloni ha detto sull’Ucraina durante la campagna elettorale: condanna dell’aggressione russa, appoggio alle sanzioni, sì agli aiuti militari a Kiev. Dei precedenti concreti inducono Joe Biden e il suo segretario di Stato Antony Blinken al pragmatismo. Al di là delle preferenze politiche dei democratici Usa, ci sono i rapporti fra Stati. Nell’analisi americana i due governi europei che hanno capito meglio la natura di Vladimir Putin, la pericolosità dell’espansionismo russo, e ne hanno tratto tutte le conseguenze, sono conservatori e si trovano rispettivamente a Londra e Varsavia. Il Regno Unito non è più un membro dell’Unione europea, e la sinistra americana considera Brexit come un grave errore, assimilato per certi aspetti alla vittoria di Donald Trump che avvenne nello stesso anno, il 2016. Anche se i conservatori britannici non hanno un grammo di Dna fascista nella loro storia (Winston Churchill fu protagonista della resistenza a Mussolini e Hitler), purtuttavia rappresentano valori molto distanti dai progressisti americani. Ciò non impedisce che in politica estera, dalla Cina a Taiwan all’Ucraina, la sintonia tra Washington e Londra sia pressoché totale da Boris Johnson a Liz Truss. Il ruolo inglese nell’addestramento dei soldati ucraini, nella fornitura di armi, va affiancato con l’ingresso del Regno Unito nel «triangolo» strategico Aukus, l’alleanza con americani e australiani nel Pacifico per contenere la marina militare cinese. La Polonia viene considerata ormai, sul piano geo-strategico, come l’alleato più affidabile degli Stati Uniti dentro l’Unione europea. Per gli aiuti militari che fornisce all’Ucraina, per l’aumento delle proprie spese nella difesa, il governo di Varsavia è diventato una sponda decisiva degli americani. Nonostante che il suo orientamento politico — pur senza derivazioni fasciste — sia ultraconservatore sul piano valoriale e come tale agli antipodi rispetto alla sinistra americana. Certi apprezzamenti che si sentono oggi in America verso la lucidità strategica dei polacchi, ricordano quasi l’ammirazione per la «nuova Europa» filo-occidentale da opporre alla «vecchia Europa» antiamericana, giudizio espresso dal repubblicano Donald Rumsfeld quando era il segretario alla Difesa di George W. Bush. Lo scenario polacco auspicato da Washington per il prossimo governo italiano, induce a un’apertura di credito. Wait and see... Giorgia Meloni sarà giudicata dai fatti. L’allarme dei media più schierati a sinistra — come Cnn, New York Times, Washington Post — non riecheggia nelle stanze del Dipartimento di Stato, tantomeno al Pentagono. Questo non significa che il futuro governo italiano avrà un compito facile nei rapporti transatlantici. Ricostruire il capitale di stima di cui godeva un presidente del Consiglio come Mario Draghi è una missione impegnativa. La Meloni dovrà dimostrare il suo atlantismo mettendo a tacere una volta per tutte gli istinti filo-putiniani di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Dovrà proseguire e preferibilmente aumentare le forniture di armi made in Italy all’esercito ucraino (finora modestissime), checché ne dica papa Francesco, il cui antiamericanismo ha creato seri problemi di rapporti fra la Santa Sede e il secondo presidente cattolico dopo John Kennedy. Dovrà confermare il sostegno di Roma alla candidatura di Kiev per l’adesione futura all’Unione europea. Il prossimo governo italiano affronterà un test ancora più impegnativo sugli investimenti per la sicurezza. L’Italia ha sottoscritto un impegno solenne ad alzare il proprio bilancio della Difesa fino al 2% del Pil, ora deve rispettarlo. Da notare che la Polonia è già molto al di sopra del 2% del suo Pil destinato alla sicurezza. La Meloni però ha un’opinione pubblica che vuole più aiuti di Stato contro il caro-bollette. Affronta un autunno-inverno a rischio di recessione. Sullo sfondo c’è il sedicente «pacifismo» italico che boicotta le nostre forze armate ma chiude un occhio sull’aggressività altrui.

Il 'New York Times' elogia Mario Draghi per aver restituito all'Italia la  credibilità europea
Mario Draghi

Come ha ricordato Walter Veltroni sul Corriere, neppure l’esplicita minaccia nucleare di Putin è riuscita a far scendere in piazza contro di lui i «pacifisti» italiani. È in questo clima che dovrà gestire la politica estera la prima donna presidente del Consiglio. Il precedente della Polonia contiene per la Meloni uno sprone ma anche un avvertimento. Se all’asse Washington-Varsavia si aggiunge l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, il baricentro dell’alleanza atlantica si sposta verso Nord-Est. L’allargamento della Nato ai due Paesi nordici ex neutrali è gravido di conseguenze sugli equilibri politici del continente, quanto lo fu l’allargamento dell’Unione europea a Est dopo la fine dell’Unione sovietica. Il rischio per l’Italia è di diventare periferia, rispetto alle nuove geometrie d’influenza dentro l’alleanza atlantica. L’eventuale nomina di Draghi a segretario generale della Nato potrebbe aiutarci ma non basterebbe. Un elemento dovrebbe riportare in primo piano il ruolo del Mediterraneo. È la sua ritrovata centralità sull’energia. Putin è riuscito nel «capolavoro» di distruggere solidi legami di dipendenza costruiti dai suoi predecessori sovietici: i gasdotti avevano un ruolo geopolitico enorme, erano catene che rendevano l’Europa schiava dell’energia russa. Chiudendo i rubinetti del gas Putin ha costretto gli europei a una torsione geografica — speculare e contraria a quella avvenuta dopo gli shock petroliferi del 1973 e 1979. Mezzo secolo fa fummo costretti a ridurre, faticosamente, la nostra dipendenza da Nordafrica e Medio Oriente, per rivolgerci a Mosca. Oggi stiamo tornando a comprare più gas da Algeria, Libia, Egitto, Israele, Turchia, oltre che Qatar e Stati Uniti. Va difesa la stabilità e sicurezza degli approvvigionamenti che attraversano il Mediterraneo. L’Italia può svolgere un ruolo essenziale. Sempre che non lasci il Mare Nostrum alle flotte militari altrui: Francia o Russia o Turchia. Di nuovo, questo ci riporta agli investimenti sulla nostra difesa. L’America ci giudicherà dai numeri.

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