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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.06.2022 Zelensky: 'A Severodonetsk la sfida cruciale'
Cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 giugno 2022
Pagina: 5
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Zelensky: 'A Severodonetsk la sfida cruciale'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/06/2022, a pag.5, con il titolo "Zelensky: 'A Severodonetsk la sfida cruciale' " l'analisi di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

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L’incendio dei campi di grano e delle macchie di bosco sulle colline di fronte alle periferie che guardano a nord, verso la zona della battaglia per Severodonetsk, contribuisce a drammatizzare la scena. «Le fiamme sono state attizzate dal bombardamento russo di ieri sera, hanno colpito duro sino all’alba, ma da un paio d’ore si sono calmati», rassicura il militare sul posto di blocco all’inizio della zona urbana. Raggiungiamo la cittadina di Bakhmut da Kramatorsk viaggiando per un’ora su strade assolutamente vuote. Unici mezzi incontrati negli ultimi quaranta chilometri, un paio di tir carichi di munizioni pesanti, tre ambulanze e quattro gipponi militari con le fiancate danneggiate dai proiettili. Appena entrati ecco le rovine della Mekhtiek Services, una grande industria meccanica che non aveva mai smesso di lavorare. «Un missile l’ha centrata in pieno questa mattina alle sette. Non ci sono vittime, ma l’azienda è morta», dice Viktor, che è uno degli operai accorsi per cercare di salvare il salvabile. Sono una decina, si danno da fare a scavare tra le macerie per raggiungere i depositi nei sotterranei. Ma trovano ben poco: un generatore, qualche tanica di olio e benzina, attrezzi impolverati, una decina di bidoni di vernici. «E’ la decima azienda distrutta dalle bombe russe nel giro di due mesi», dice Viktor. Sopraggiunge un’auto della polizia locale, gli agenti scattano foto, non chiedono neppure i documenti. «Stanno distruggendo lentamente la nostra città da lontano. Degli 80.000 abitanti originari non ne rimangono che 20.000, per lo più anziani e malati. I morti civili sono decine da marzo e la gente si aspetta il peggio», dice l’agente Nikolay Fedorov, 37 anni, talmente abituato ai rumori della battaglia che adesso quando sparano le batterie ucraine nascoste qui vicino neppure più abbassa la testa. Sono colpi secchi, vanno direttamente allo stomaco. Ci allontaniamo veloci: gli obici russi potrebbero rispondere subito cercando di mirare proprio qui attorno. Nel quartiere vicino 24 ore fa è stata centrata la scuola elementare. Era un bell’edificio rimodernato di recente. Adesso rimane in piedi solo la facciata. Girando sul retro appare subito chiaro che il missile l’ha letteralmente sventrato, nel cortile sono sparsi libri, quaderni, frammenti di seggiole e banchi. «C’erano alcune decine di sfollati che dormivano nelle cantine. Mi hanno detto che ne sono morti due, gli altri non so dove siano finiti», dice Maria, un’anziana residente in una casetta poco lontano. Non si vedono tracce di sangue. Vorremmo che Maria ci raccontasse in un video come è andata. Ma corre via, non vuole essere fotografata. «Qui sono rimasti tanti agenti filorussi, se vedono che parlo coi media occidentali potrebbero uccidermi», spiega spaventata. Ieri siamo venuti a Bakhmut per cercare di capire come vanno le cose sul fronte più caldo della guerra. Da qui partono le unità che combattono a Severodonetsk, una quarantina di chilometri più a est. I soldati lo usano come dormitorio, trasportano i feriti nell’ospedale locale, riempiono i serbatoi dei loro mezzi, fanno la spesa nei tre supermarket rimasti aperti, si ordinano uno shawarma nell’unico chiosco ancora funzionante. «Ho una paura terribile, ma se andassimo via e arrivassero le colonne russe temo non potremmo più tornare a casa nostra», confida Maria, la cameriera 23enne. Si respira l’atmosfera tesa delle retrovie che sono già fronte: le avanguardie russe sono attestate a meno di 20 chilometri.

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Lo stesso Zelensky ha definito quella per Severodonetsk «la sfida cruciale per il futuro del Donbass» e ieri è tornato a chiedere armi pesanti agli alleati occidentali. «Cannoni e sanzioni sono un vaccino contro il Covid 22 portato dalla Russia», ha detto. Il prezzo è pesante per i combattenti ucraini. Mykhaylo Podolyak, uno dei più stretti consiglieri del presidente, alla Bbc dichiara che il loro esercito perde tra i 100 e 200 soldati al giorno. È la stima più alta da parte di un importante ufficiale di Kiev, lo stesso presidente due settimane fa riteneva che i caduti quotidiani fossero «tra i 60 e 100». Va però ricordato che i dirigenti ucraini non esitano ad enfatizzare le perdite per legittimare le loro richieste di armi occidentali e, nel contempo, esaltano le capacità di tenuta per tenere alto il morale dei loro soldati e in generale del fronte interno. E infatti proprio ieri i portavoce del ministero della Difesa ribadivano che le loro truppe avevano riguadagnato terreno a Severodonetsk, infliggendo perdite gravissime ai russi. Inoltre, la ripresa dell’iniziativa ucraina sul fronte di Kherson, nel sud, potrebbe costringere Mosca a distogliere battaglioni dal Donbass, riducendo la pressione. «Le nostre perdite sono terribili. Nella mia unità in 48 ore sono caduti oltre 40 uomini su meno di 500», spiega Vitaly, ufficiale 38enne del 131esimo battaglione anticarro, incontrato all’entrata dell’ospedale di Bakhmut. Occhi arrossati dalla fatica, uniforme lacera, non nasconde la sua sofferenza. Ma si dice anche ottimista: «Da mercoledì abbiamo ucciso oltre 200 russi e distrutto due loro tank. Possiamo vincere».

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