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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.03.2022 Ian Bremmer: 'Giusta la linea dura con Putin'
Lo intervista Massimo Gaggi

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 marzo 2022
Pagina: 3
Autore: Massimo Gaggi
Titolo: «'Ha dello quello che pensa chi ha a cuore la libertà. Non si può parlare con Putin'»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/03/2022, a pag. 3, con il titolo 'Ha dello quello che pensa chi ha a cuore la libertà. Non si può parlare con Putin' l'intervista di Massimo Gaggi.

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Massimo Gaggi

Ian Bremmer - Wikipedia
Ian Bremmer

Affermando che Putin non può restare al potere, Joe Biden dice una cosa condivisa dai più ma rende anche pressoché impossibile un negoziato col Cremlino. Errore o sortita meditata? «La frase era fuori dal discorso ufficiale, ma riflette il pensiero profondo del presidente e, francamente, di chiunque abbia a cuore democrazia e libertà», risponde il politologo fan Bremmer, fondatore e capo di Eurasia. «Come si può tomare a discutere, accogliendolo di nuovo nella comunità internazionale, con un leader che ha attaccato un Paese di 44 milioni di abitanti per nulla minaccioso, e l'ha distrutto massacrando anche la popolazione civile?»

Lei stesso, però, ha notato che ora le possibilità di trattativa sono azzerate o quasi. «Sì, ma la svolta non è quella di ieri. La partita è cambiata quando Biden ha bollato Pu Fuori «copione» Avremo un futuro diverso, più luminoso, radicato nei principi e nella democrazia, nella speranza e nella luce... Per l'amor del cielo, quest'uomo non può restare potere tin come un criminale di guerra e il dipartimento di Stato ha subito ribadito questa definizione. La ratifica di un dato di fatto: impossibile negoziare coi massacratori».

Ieri, però, dopo il discorso del presidente, il segretario di Stato, Antony Blinken, si è affrettato a precisare che gli Usa non puntano al regime change in Russia. «C'è una differenza tra un regime change e lo sforzo di destabilizzare la Russia, che è in atta dall'inizio della guerra con sanzioni economiche che mettono il Paese in ginocchio, misure che colpiscono personalmente i principali esponenti del regime di Mosca e lo sforzo diplomatico di isolare il Cremlino. Di questo sforzo, la constatazione che Putin non può restare al potere è parte integrante, benché estrema. tin regime change presuppone interventi diretti per tentare di rovesciare un intero assetto politico. Non siamo a questo e non è la politica degli Stati Uniti. Soprattutto nei confronti di una potenza nucleare».

Se l'obiettivo è quello di indebolire Putin all'interno del gruppo dirigente del Cremlino favorendo un avvicendamento al vertice, la durezza di Biden non rischia di rafforzare i sentimenti nazionalisti di molti russi, alla base del consenso del quale il presidente ancora gode nel suo Paese? «È vero, ma Putin godeva già di un ampio consenso popolare da parte dei moltissimi russi che si sentono umiliati da come il loro Paese è stato trattato negli ultimi trent'anni. Se la domanda è quante possibilità ci sono che Putin sia rovesciato, la risposta è non molte: può accadere, ma, al di là dell'evidente frustrazione e sconcerto per una guerra che sta andando in modo molto diverso dalle previsioni, non vedo segnali di scollamento in un gruppo dirigente su cui il presidente esercita un controllo ferreo».

Si dovrà pur trovare un modo di uscire da questo stallo politico, anche per disinnescare una guerra che rischia sempre di allargarsi oltre i confini dell'Ucraina. Intanto c'è una guerra da fermare. Se non si negozia con Mosca come se ne esce? «La guerra finirà perché la Russia l'ha impostata male e gestita peggio. Le sue forze armate sono esauste. Conquistato qualche altro centro strategico al sud, diranno che la prima fase è stata completata con successo. II che non significa pace, ma congelamento del conflitto».

Per l'Europa, e anche per l'America, un Putin ferito ma non sconfitto può essere ancor più pericoloso. All'Onu temono che Mosca, col suo diritto di veto In Consiglio di sicurezza, comincerà a sabotare tutte le missioni di peacekeeping in giro per il mondo, a cominciare dalla Bosnia dove i separatisti serbi, appoggiati più dal Cremlino che dal governo di Belgrado, sono in fermento. «Non c'è dubbio che, con un'altra guerra fredda, dovremo prepararci ad affrontare nuove crisi, sarà più difficile spegnere i focolai. II rischio di una nuova esplosione nei Balcani è molto forte. Ma io temo molto anche la crisi interna che indebolisce gli Stati Uniti. Purtroppo questo Paese è ormai profondamente diviso e i repubblicani sono pronti a fare di tutto per minare Biden e la sua politica estera, quindi il ruolo stesso del Paese nel mondo, se capiscono che questo può far vincere loro le elezioni di midterm e aumentare le loro chance nelle presidenziali del 2024. Questa non è più l'America che dopo gli attentati dell'u settembre si unì attorno a un presidente che, pure, molti detestavano. E una situazione molto pericolosa. Per tutto l'Occidente, non solo per gli Usa».

L'unica, fioca, luce in un quadro così cupo è che nessuno, comunque, dovrebbe ricorrere agli arsenali nucleari. Ma dopo questa guerra non si moltiplicheranno, dalla Turchia, all'Iran, a Taiwan, le tentazioni di proliferazione nucleare? Sono in tanti a dire che, se dopo la dissoluzione dell'Urss l'Ucraina non avesse dato a Mosca le bombe atomiche che erano sul suo territorio, oggi Putin non l'avrebbe attaccata. «Taiwan non si doterà dell'atomica: supererebbe una linea rossa che scatenerebbe la reazione di Pechino. Nel resto del mondo le tentazioni aumenteranno sicuramente, soprattutto in Medio Oriente. Molto dipenderà dall'accordo in Iran. E vicino, nonostante i tentativi di sabotaggio dei russi, ma anche il regime di Teheran è diviso».

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