Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.12.2021 La memoria corta di Federico Furbini (non è un refuso)
Attacca Donald Trump nell'intervista a Albert Bourla

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 dicembre 2021
Pagina: 4
Autore: Federico Fubini
Titolo: «Albert Bourla la persona dell'anno»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - L'Economia di oggi, 20/12/2021, a pag. 4, con il titolo 'Albert Bourla la persona dell'anno', l'intervista di Federico Fubini a Albert Bourla.

Federico Furbini (non è un refuso) dimostra di avere la memoria corta. Nell'esordio del suo pezzo cita "uno dei pochi meriti di Donald Trump", dimenticando:
- gli Accordi Abramo
- lo spostamento dell'ambasciata statunitense a Gerusalemme
- il riconoscimento del Golan israeliano
Caro Furbini, la prossima volta prima di impugnare la penna studi la storia.

Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Federico Fubini

Normalcy can come back in the autumn», Pfizer's CEO Albert Bourla says-  Corriere.it
Albert Bourla

Uno dei pochi meriti di Donald Trump, reali ma strategicamente dimenticati, è di aver finanziato senza limiti la più grande campagna di ricerca sui vaccini che l'umanità ricordi. L'idea è stata di Jared Kushner, suo genero, quando il mondo occidentale era ancora intrappolato nel primo lockdown: dieci miliardi di dollari (all'inizio, poi di più) sulla televisivamente denominata Operation Warp Speed, «Operazione Velocità Deformante», per arrivare a un vaccino contro il Covid entro pochi mesi. Quei soldi pubblici per fare ricerca e sviluppo li accettarono aziende americane come Moderna, Johnson R. Johnson e Merk, gruppi inglesi come Astra Zeneca e GlaxoSmithliline, belgi come Janssen, francesi come Sanofi. Una sola grande azienda farmaceutica fece eccezione, in quei mesi durante i quali il virus venuto dalla Cina era un nemico misterioso e inarrestabile. Pfizer non accettò neppure un dollaro.

Albert Bourla, il veterinario greco che dal 2011 è presidente e amministratore delegato, fin dal primi tempi della pandemia si era presentato con suo board con un'idea diversa: datemi due miliardi, rischiamoli per arrivare prima degli altri a un vaccino migliore di quello degli altri. Era il progetto condiviso con la tedesca BioNTech nei vaccini a RNA messaggero (mRNA) una tecnologia nuova disegnata per la lotta ai tumori, mai testata prima. Quando il governo dà dei soldi avrebbe detto Bourla al Corriere mesi dono - « vuole sapere come spendi e che piani hai. Questo io non lo volevo. Volevo che i nostri scienziati avessero tutte le risorse a loro disposizione, dato che stavo chiedendo loro di rendere possibile l'impossibile. Non potevo chiedere di fare in nove mesi qualcosa che di solito richiede dieci anni. Sapevo che, se avessimo fallito, Pfizer avrebbe sofferto. Ma sapevo che avremmo auto problemi molto più grandi: non noi soltanto, il mondo intero». Bourla qui dà descrizioni che deragliano dal gergo robotico delle grandi corporation. «Il mondo sarebbe entrato in una recessione da 17esimo secolo. In una crisi così, collassa tutto: quanti divorzi, quanti suicidi ci sarebbero stati? Se anche avessimo perso quei due miliardi - dice Bourla - comunque avremmo avuto problemi molto pili grandi». Non li ha persi i due miliardi, Pfizer. Al 5 dicembre aveva consegnato 2,25 miliardi di dosi a 163 Paesi in cinque continenti. Comirnaty - messo a punto in partnership con BioNtech - ha generato cassa in una progressione impressionante: 3,4 miliardi di dollari nel primo trimestre, 7,8 miliardi nel secondo e 13 miliardi nel terzo (a fronte di un fatturato totale di Pfiizer. di 24 miliardi fra luglio e settembre). Il vaccino di Pfizer oggi rappresenta due terzi delle inoculazioni in Italia, Francia e Germania e poco di meno di due terzi degli Stati t riti. Piaccia o no, riassume in sé molte delle leggi del nostro tempo: il gusto per il rischio che serve per innovare e rispondere ai terremoti globali di questo secolo; il miracolo delta tecnologia che protegge l'umanità da una tragedia biblica, che ci avrebbe chiusi in casa per chissà quanti anni mentre l'economia sarebbe tornata ai livelli della sopravvivenza per decine, forse centinaia dl milioni di persone in Occidente; infine, perché no, quella scommessa da due miliardi di Bourla riassume in sé anche il principio di fondo del capitalismo basato sulla tecnologia in questo secolo: The winner takes all, al vincitore spetta tutta la posta. E nella pandemia Bourla ha vinto: decine di capi di Stato e di governo lo chiamano supplicandolo di accelerare le consegne, mentre il titolo di Pfizer solo dal marzo scorso è salito del 77%.

Tutto questo fa sì che i giornalisti e gli editorialisti del «Corriere della Sera» abbiano eletto Albert Bourla come uomo dell'anno per il 2021. Avremmo potuto scegliere Christine Lagarde, perché la presidente della Banca centrale europea è stata lungimirante nel permettere la rinascita delle nostre economie dopo il terribile 2020. Avremmo potuto indicare Ngozi Okonjo-Iweala, l'economista di doppia cittadinanza nigeriana e americana, perché come nuova leader dell'Organizzazione mondiale del commercio è un simbolo di come speriamo che la globalizzazione esca dalla pandemia: più favorevole ai Paesi poveri, più aperta al contributo delle donne, ma capace di proseguire. Bourla invece rappresenta la globalizzazione com'è: potente, inarrestabile, inestricabilmente legata alla forza del denaro e della tecnologia, capace di sorridere a chi osa, a chi pretende magari sfacciatamente, ma sa superare gli steccati. Nato a Salonicco sessant'anni fa da due genitori sopravvissuti in modo drammatico e rocambolesco all'Olocausto della comunità ebraica sefardita della città, Bourla non aveva nessuna delle stimmate del predestinato. Entra in Pfizer trentenne come piccolo veterinario della divisione greca, poi diventa un ¿ company man» che cambia città otto volte per l'azienda prima di arrivare al vertice. Ha ricevuto dettagliate accuse dall'Unione africana di aver privilegiato l'Europa nelle forniture di vaccini, perché Pfizer per I Paesi ricchi pratica un prezzo per dose attorno ai venti euro: tre volte quello riservato al Paesi poveri (l'azienda però si è impegnata a dare due miliardi di dosi ai Paesi poveri e a reddito medio quest'anno e il prossimo). Pfizer poi non ha mai smentito II «Financial Times», secondo il quale Bourla all'inizio avrebbe chiesto cento dollari a dose al governo americano. Ma il manager greco e ebreo non ha esitato a legarsi ai fondatori turcotedeschi di BioNTech, senza neppure il tempo per scrivere un contratto, per arrivare al più presto al vaccino che tiene viva la nostra speranza (anche di fronte alla variante Omicron). Ora da Pfizer sta arrivando anche Paxlovid, un antivirale in grado di prevenire l'89% delle ospedalizzazioni da Covid. Quella che qualcuno con sprezzo chiama Big Pharma è anche questo. In fondo, abbiamo eletto Bourla perché sbatte i nostri ultimi pregiudizi di fronte alla realtà.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui