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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.08.2021 Afghanistan: il coraggio della risata pagato con la sgozzatura
Cronaca di Monica Ricci Sargentini, Marta Serafini intervista Khaled Hossein

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 agosto 2021
Pagina: 9
Autore: Monica Ricci Sargentini - Marta Serafini
Titolo: «Nazar, il comico che ha preso in giro i suoi assassini - 'Sento l'ansia e il dolore delle donne coraggiose. Non voltateci le spalle'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/08/2021, a pag.9, con il titolo "Nazar, il comico che ha preso in giro i suoi assassini" il commento di Monica Ricci Sargentini; con il titolo 'Sento l'ansia e il dolore delle donne coraggiose. Non voltateci le spalle' l'intervista di Marta Serafini a Khaled Hossein.

Ecco gli articoli:

Monica Ricci Sargentini : "Nazar, il comico che ha preso in giro i suoi assassini"

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Monica Ricci Sargentini

Ecco come muore un comico: ridendo in faccia ai suoi assassini. La lezione  di Khasha Zwan ai talebani | VIDEO
Kasha Zwan, torturato e poi sgozzato

È morto ridendo in faccia ai suoi assassini Nazar Mohammed, nome d'arte Khasha Zwan, un comico di Kandahar noto per le scenette in cui prendeva in giro i talebani attraverso canti e balli. A rendere la sua storia emblematica è stato un video girato poche ore prima della sua uccisione e pubblicato il 24 agosto dal britannico Daily Mail in cui si vede Zwan caricato di peso su un'auto dai jihadisti. Lui ha le mani legate dietro la schiena ma, imperturbabile, inizia a far battute prendendo in giro i due miliziani che gli sono seduti al fianco. Uno dei due, quello che imbraccia il fucile, ride ma l'altro si arrabbia e inizia a schiaffeggiare il comico finché non smette di parlare. Poi il talebano che sembrava più spiritoso scambia minacciosamente la sua arma con una più potente. Cala il sipario. Zwan sarà ritrovato poche ore dopo con la gola tagliata e i segni delle torture. I jihadisti inizialmente hanno tentato di negare il loro coinvolgimento nella sua morte ma poi hanno confermato che i due uomini nell'auto erano del loro gruppo e hanno giurato che saranno processati in un tribunale islamico perché hanno messo a morte l'imputato senza garantirgli un processo. Fazal Mohammad lavorava per la polizia nazionale afgana nella provincia di Kandahar e questo probabilmente gli ha creato molti nemici ma a renderlo famoso era la sua arte, quelle battute crude e irriverenti che caricava su Tiktok. Sono stati quei video a costargli la vita, i talebani non possono accettare l'ironia dissacrante, la risata di chi non ha paura. Anche se loro negano: «Non era un comico — ha detto il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid —, ha combattuto contro di noi in molte occasioni. Ha tentato di fuggire, ed è stato ucciso». Di diverso avviso Sarwar Danesh, vicepresidente afghano prima che i miliziani prendessero il controllo di Kabul, il 15 agosto: «Lo schiaffo a Zwan — ha scritto su Facebook —, è lo schiaffo a tutti i cittadini afghani». Le ultime immagini del comico in poche ore hanno fatto il giro del mondo grazie ai social media. Tra coloro che gli hanno reso omaggio c'è il padre di Malala Yousafzai, la giovane pachistana, premio nobel, che i talebani volevano mettere a tacere.

Marta Serafini: 'Sento l'ansia e il dolore delle donne coraggiose. Non voltateci le spalle'

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Marta Serafini

Il cacciatore di aquiloni” e gli altri libri di Khaled Hosseini –  ilLibraio.it
Khaled Hossein

“Ogni volta che si è parlato di Afghanistan in questi anni, i temi erano sempre gli stessi: violenza, traffico di droga e la guerra degli Stati Uniti. Del popolo afghano non si è quasi mai raccontato, un torto nel torto». Ultimo di cinque fratelli, figlio di un diplomatico e di un'insegnante di liceo femminile, Khaled Hosseini ha 13 anni quando lascia Kabul. Arrivato a San José in California, con poche parole di inglese nel suo vocabolario, vede il padre farsi in quattro per cercare di rialzare le sorti economiche della famiglia. «Salman Rushdie una volta ha detto che chi vive in esilio vede il mondo attraverso uno specchio rotto: un pensiero che mi sento di condividere e di fare mio». Oggi, grazie a quello «specchio rotto» e grazie al suo «Cacciatore di aquiloni» e ai suoi «Mille splendidi soli», milioni di lettori nel mondo hanno potuto conoscere il popolo afghano.

Queste ore e questi ultimi giorni devono essere stati particolarmente dolorosi. Cosa prova a vedere migliaia di persone ammassate contro le barriere di cemento dell'aeroporto? «Sono cresciuto in un Afghanistan pacifico, dove i bambini avevano diritto ad un'infanzia felice. O quantomeno io posso dire di averla avuta. Era un posto molto, molto diverso da oggi, e vedere la bandiera dei talebani sventolare nel posto dove sono nato è devastante».

Amir e Hassan, Mariam e Laica. A quale dei suoi personaggi ha pensato di più in questi giorni? «Sono preoccupato per le persone in carne e ossa, quelle che si sono battute per i diritti umani. Ma in particolare per le donne coraggiose, resilienti e resistenti che sono entrate in politica, che sono diventate capi di polizia, governatrici provinciali, sindaci, che hanno promosso la causa delle altre donne. E ancora, per le ragazze coraggiose che sono andate a scuola nonostante le minacce. Sento il loro dolore. Sento la loro frustrazione. Sento la loro ansia. E sento la loro paura».

Davvero I talebani rispetteranno i diritti delle donne e delle minoranze? «In questo momento, il mondo intero li sta guardando, ogni telecamera puntata su di loro. Ma cosa succederà quando l'opinione pubblica inevitabilmente rivolgerà il proprio sguardo altrove e l'Afghanistan non occuperà più le prime pagine? È allora che conosceremo davvero le loro intenzioni. Ed è allora che gli oppositori, le donne e le minoranze saranno maggiormente in pericolo».

Cosa può fare oggi la comunità internazionale? «Innanzitutto gli Stati Uniti e l'Europa devono accogliere tutti collaboratori che hanno abbandonato nel cuore della notte. Non è il momento di voltare le spalle agli afghani. Inoltre spero di vedere i leader della coalizione internazionali fare tutta la pressione diplomatica possibile sui talebani affinché rispettino i diritti dei giovani e delle donne, e non governino il Paese attraverso la violenza e l'intimidazione come già hanno fatto in passato».

Pensa che si creerà un movimento di resistenza? «Una delle ultime volte in cui sono stato in Afghanistan era il 2003. Il Paese era attraversato da un'ondata di ottimismo per quella che sembrava una democrazia semijeffersoniana, caratterizzata da uguaglianza di genere, diritti per ragazze e donne, un processo politico aperto e rappresentativo. Poi con il passare degli anni le cose sono cambiate».

Ossia? «Abbiamo iniziato a ridimensionare le nostre aspettative pensando che la democrazia fosse un sogno irrealizzabile. Abbiamo accettato il compromesso di una democrazia apparente, annacquata dalla corruzione e dall'incapacità dei nostri governanti. Ma almeno c'era l'illusione di essere al sicuro. I progressi degli ultimi vent'anni ci avevano dato una speranza. Poi dal 2018 queste speranze hanno iniziato a diminuire. E nelle ultime settimane si sono letteralmente sbriciolate».

Come società civile cosa possiamo fare per far rivivere quella speranza? «Leggere libri di storia. Molte persone si sono affidate ai miei romanzi per avere un'idea di cosa sia l'Afghanistan, e tutto ciò mi onora e mi riempie di gioia. Ma la narrativa non basta per comprendere il mondo».

Quali altri autori afghani dovremmo leggere in questo momento? «Fariba Nawa, giornalista e autrice meravigliosa, ha scritto Opium Nation: Child Brides, Drug Lords e One Woman's Journey Through Afghanistan. E il suo personale ricordo di una famiglia coinvolta nel commercio dell'oppio in Afghanistan. Ma non parla solo del traffico di droga e della guerra: offre uno spaccato della società afghana degli ultimi 30 anni».

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