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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.08.2021 Afghanistan: fotoreporter giustiziato dai talebani
Commento di Marta Serafini

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 agosto 2021
Pagina: 17
Autore: Marta Serafini
Titolo: «Il fotoreporter giustiziato dai talebani»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/08/2021, a pag. 17, con il titolo "Il fotoreporter giustiziato dai talebani", l'analisi di Marta Serafini.

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Marta Serafini

Danish Siddiqui was tortured and executed by the Taliban after they  confirmed his Indian identity: Reports
Danish Siddiqui

Il 16 luglio il fotoreporter Danish Siddiqui, fotografo principale di Reuters in India, è stato ucciso in Afghanistan». Inizia così la ricostruzione delle ultime ore di questo Premio Pulitzer caduto sul campo. «E stato colpito mentre seguiva uno scontro tra le forze di sicurezza afghane e i talebani», ha scritto il New York Times. «E stato ucciso dal fuoco incrociato dei talebani», ha spiegato il Washington Post. Ma ora, sempre dagli Stati Uniti, a firma di Michael Rubin — ex funzionario del Pentagono e oggi analista — arriva sulle colonne del Washington Examiner una nuova versione dell'accaduto. «Non è stato semplicemente un danno collaterale; piuttosto, è stato brutalmente assassinato dai talebani». Secondo fonti afghane citate da Rubin in forma anonima, Siddiqui — di nazionalità indiana e vincitore del Pulitzer nel 2018 per aver documentato gli abusi sui Rohingya — si trovava nella one di Spin Boldak al valicò di frontiera con il Pakistan embedded con le forze afghane. Poi, quando il convoglio arriva nei pressi del confine, un attacco talebano divide la squadra. Siddiqui rimane separato dal resto del gruppo con tre soldati afghani. «Durante questo assalto, una scheggia ha colpito Siddiqui, e cose lui e la sua squadra si sono riparati in una moschea dove hanno ricevuto i primi soccorsi. Poi i talebani hanno attaccato di nuovo», continua il report.

A quel punto i talebani avrebbero preso d'appalto la moschea proprio in presenza di Siddiqui. Poi, una volta sicuri di essere in presenza del reporter, dopo averlo malmenato al capo, lo hanno giustiziato crivellandolo di colpi, come dimostrerebbero anche le immagini di cui Rubin è entrato in possesso. Il comandante e il resto della sua squadra sono morti mentre cercavano di salvarlo. Un attacco deliberato, dunque, e non certo un incidente di guerra. «I talebani sono sempre brutali, ma probabilmente hanno portato la loro crudeltà a un nuovo livello perché Siddiqui era indiano», scrive ancora Rubin.

Fin qui il Dipartimento di Stato Usa ha espresso cordoglio per l'accaduto ma non ha ancora risposto al commento di Rubin che mette sotto accusa la decisione dell'amministrazione Usa di negoziare con un gruppo estremista così feroce il ritiro delle proprie truppe. E la notizia è rimbalzata fino a Bruxelles, ripresa ieri in un post dal presidente dell'Europarlamento David Sassoli. Siddiqui, che lascia la moglie Rike di nazionalità tedesca e due figli e che era entrato in Reuters nel 2010 come stagista, è stato seppellito nel cimitero di Jamia MiIlia Islamia a New Delhi, alla presenza di centinaia di persone. «Era amato e rispettato — dicono di lui i colleghi — quando tornava da un incarico gli altri giornalisti lo salutavano come una rockstar». Aveva coperto il terremoto in Nepal nel 2015, la battaglia di Mosul nel 2016 e le rivolte di Delhi del 2020 durante le quali immortalò un giovane fondamentalista hindu mentre sparava sulla folla in rivolta contro una legge anti-islamica. Danish Siddiqui era un giornalista che faceva il suo lavoro. Ed è stato ucciso per questo.

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