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Il Secolo XIX Rassegna Stampa
14.11.2016 Haim Baharier e le 10 Parole
Cronaca di Paolo Battifora

Testata: Il Secolo XIX
Data: 14 novembre 2016
Pagina: 14
Autore: Paolo Battifora
Titolo: «Haim Baharier e i Comandamenti»

Riprendiamo dal SECOLO XIX di oggi, 14/11/2016, a pag. 14, con il titolo "Haim Baharier e i Comandamenti", la cronaca di Paolo Battifora.

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Haim Baharier

«LE BUONE domande non hanno risposta, le altre non la meritano». Allievo del grande filosofo Emmanuel Lévinas e del rabbino Léon Askenazi, matematico, psicoanalista ed esegeta del testo biblico, Haim Baharier torna a Genova, dopo lo straordinario successo - "sono rimasto sbalordito" - dello scorso anno. Figlio di ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz, il dotto ermeneuta terrà questa sera a Palazzo Ducale, alle ore 21 nel Salone del Maggior Consiglio, il primo incontro del ciclo "Dieci comandamenti o dieci parole?", organizzato dal Centro Culturale Primo Levi e dalla Comunità Ebraica di Genova.

«A chi mi chiede cosa faccio» dice Haim Baharier «rispondo che cerco di pensare, anche se non è facile. Verità significa autenticità, merce rara in un'epoca come la nostra in cui va perdendosi la connessione tra linguaggio e comunicazione, sempre più fine a se stessa e idolatrata». II tema degli incontri di quest'anno verterà sul Decalogo: che impostazione dobbiamo aspettarci? «Nella Torah non compare mai il termine "comandamento" ma "parola": partirò da qui per spiegare in cosa consista la centralita e l'importanza del Decalogo per l'uomo d'oggi».

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I 10 Comandamenti

Un individuo, peraltro, immerso in una società secolarizzata e portato sempre più a respingere divieti e ammonimenti. «Ma il Decalogo non va inteso come un codice di divieti, ma come promesse che possono attuarsi se talune premesse vengono rispettate. Nel testo i verbi sono al futuro: non si legge "non rubare" ma "non ruberai". Una prospettiva su cui riflettere». Originale e profonda, la speculazione di Baharier può risultare spiazzante per chi si senta scosso nelle sue dogmatiche certezze. A partire, ad esempio, da certe "abissali" citazioni del Gaon di Vilna, celebre rabbino lituano settecentesco per il quale "di Dio nulla si può dire, neppure che esista", o dalla distinzione tra sacro e santo, tutt'altro che sinonimi: «Il sacro è un residuo pagano dell'Occidente cristiano, mentre santo è ciò che ci rende capaci di discernere: profanare, alla lettera, significa polverizzare, ossia rendere tutto indistinto come sabbia. La Torah ci racconta di un mondo ateo dal quale Dio si è ritirato e la profezia non va intesa come magica predizione, ma come comunicazione di un'esperienza in grado di anticipare il futuro».

A chi, di fronte a tanto sapere, rimanesse intimorito, Baharier risponderebbe, con ironica semplicità, «ma io faccio poco, come ai tempi della scuola, quando andavo male e venivo rimproverato da mio padre: nella vita, ebbi una volta coraggio di rispondergli, ci vogliono anche i penultimi e i terzultimi».

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