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L’esempio lampante di quanto possa essere approssimativa l’informazione diffusa da Il Mattino, volta maggiormente alla spettacolarizzazione, al sensazionalismo e all’immancabile criminalizzazione di Israele, è il titolo di oggi,08/07/2006a pag 11, accompagnato dalla prima parte del sottotitotolo. Vi si legge che Israele è pronto a trattare e disposto a “scambiare prigionieri”. Ma questa notizia, per quelle che sono le dichiarazioni ufficiali del governo israeliano, è falsa. Le cose sono andate diversamente e Il Mattino ha tratto conclusioni tutte sue. A meno che non partecipi alle riunioni a porte chiuse dell’esecutivo e del gabinetto di sicurezza israeliani ed è quindi a conoscenza di particolari ignoti a tutti gli altri “comuni mortali”. Per la cronaca: Avi Dichter, ministro dell’esecutivo israeliano, ieri ha affermato che Israele potrebbe liberare dei detenuti e sospendere le operazioni militari in cambio della liberazione del soldato rapito e della cessazione del lancio di missili contro il territorio israeliano. Dopo alcune ore da queste dichiarazioni il premier Olmert ha fatto sapere che quelle di Dichter sono considerazioni personali e non rappresentano la linea del governo (dal JPost – “The prime minister's office released a statement refuting Dichter's statement, asserting that Dichter was not speaking for the government and that Israel's position on negotiating with terrorists had not changed”) . Questi, al momento, i fatti, completamente travisati dalla redazione del quotidiano napoletano.
Sempre nel sottotitolo c’è l’ennesima condanna per conto terzi di Israele. Questa volta è il turno dell’UE. Nell’occhiello, poi, arriva puntuale la criminalizzazione di Israele. Vi si legge: “” Come sempre per l’operato di Israele vengono usate espressioni molto crude e violente, volte a impressionare negativamente il lettore. Questo nonostante il fatto che Israele si stia difendendo in seguito a ininterrotti atti di guerra contro il proprio territorio e la propria popolazione; nonostante stia agendo contro lanciatori di razzi e attività terroristiche; nonostante le vittime siano quasi tutte appartenenti ad organizzazione terroristiche. Tutto ciò non conta, perché Israele resta, a prescindere, “sanguinario” e le vittime palestinesi sono sempre e solo “palestinesi” a differenza di quelle israeliane bollate come “coloni”. Da notare come non ci sia alcun richiamo nei titoli per i missili Qassam caduti anche ieri su Sderot e il ferimento di tre civili israeliani.
Infine un articolo che ricalca alla perfezione lo schema ormai stracollaudato del quotidiano napoletano: se sono articoli che riguardano i palestinesi si legge di reportage, come quello di Giorgio ieri, che raccontano la disperazione dei buoni perseguitati dai perfidi israeliani; se sono articoli sulla controparte israeliana, allora non esiste una popolazione civile minacciata e sofferente ma solo un governo inetto e brutale sommerso di critiche proveniente da tutti i fronti. Il pezzo di oggi, ma principalmente il titolo e il sottotitolo, trasformano la normale discussione innescatasi, vista la difficile situazione, in seno alla società civile e alla classe politica israeliana in attacchi e critiche al primo ministro. Gli israeliani ammazzati, minacciati ed esasperati possono ancora attendere. Un’attesa infinita… Ecco gli articoli:
PAG.11
Sanguinosa repressione decine di morti palestinesi. Abu Mazen ai militanti: basta con i missili Qassam
Gaza. Le forze armate israeliane hanno accentuato la pressione nella Striscia di Gaza, ricorrendo in prevalenza all'artiglieria e al fuoco dei carri armati, con l'ausilio di elicotteri da combattimento. Si calcola che nelle ultime 48 ore siano rimasti uccisi, per l’offensiva, 40 palestinesi. I gruppi armati dell'intifada hanno replicato cercando di contrastare le operazioni dell'esercito israeliano e sparando almeno dieci razzi verso il territorio di Israele. In particolare hanno colpito a ripetizione la città di Sderot (tre feriti) e quella di Netivot, relativamente lontana dalla Striscia di Gaza. I nuovi razzi Qassam, dotati di una gittata di circa
La tentazione in Kadima: «Restiamo qui»
MICHELE GIORGIO - Gerusalemme. Più si aggrava la crisi tra israeliani e palestinesi e più aumenta l'opposizione al «Piano di Convergenza» del premier Ehud Olmert che, in linea con il «disimpegno» da Gaza portato a termine la scorsa estate da Sharon, prevede il ritiro unilaterale diIsraele da buona parte della Cisgiordania. Gli ultimi giorni hanno convinto diversi deputati e, persino qualche ministro, della maggioranza che procedere al ritiro di soldati e coloni dalla Cisgiordania, sarebbe un «tragico errore» che Israele pagherebbe a caro prezzo. Allo stesso tempo, sulla sponda sinistra della coalizione governativa, si levano sempre più numerose le voci contrarie all'unilateralismo e favorevoli al raggiungimento di un accordo con il presidente palestinese Abu Mazen e alla ripresa del negoziato bilaterale. La tesi del «regalo» che il ritiro unilaterale avrebbe fatto agli estremisti palestinesi, portata avanti dal Likud (l'ex partito di Olmert) e dagli altri partiti di destra, raccoglie ora consensi anche nel partito di maggioranza relativa, Kadima, e di conseguenza anche nell'opinione pubblica, sempre più scettica verso il piano illustrato dal primo ministro durante la campagna elettorale. È perciò evaporato l'ampio consenso popolare di cui aveva goduto Sharon, bravo a convincere buona parte degli israeliani della necessità di lasciare la Striscia di Gaza. «Ho appoggiato il piano di Sharon ma non farò lo stesso con quello di Olmert», ha tuonato il ministro dell'Edilizia Meir Shitrit (Kadima) dopo aver appreso la notizia che un altro razzo palestinese era caduto nel centro di Ashqelon, ad una quindicina di km da Gaza. Secondo il deputato Zeev Elkin, sempre del partito di Olmert, «ci sono molte domande alle quali bisognerà dare una risposta prima di attuare il Piano di Convergenza». A suo avviso, l'esercito dovrà continuare a pattugliare le aree palestinesi che eventualmente verranno evacuate. Olmert per il momento riesce a tenere sotto controllo la situazione ma il dissenso è in aumento e la destra comincia a cantare vittoria. Indiscrezioni riprese dal quotidiano «Jerusalem Post», sostengono che i 14 deputati alla fine dello scorso anno lasciarono il Likud per entrare in Kadima adesso sono schierati contro l'unilateralismo di Olmert. In difficoltà è anche il ministro della difesa e leader laburista Amir Peretz.
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