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Libero Rassegna Stampa
30.09.2024 Iran vicinissimo all’implosione
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 30 settembre 2024
Pagina: 1/3
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Ora il regime iraniano è pronto all'implosione»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 30/09/2024, a pag. 1/3, con il titolo "Ora il regime iraniano è pronto all'implosione", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Khamenei sempre più isolato. I suoi gruppi terroristi in Medio Oriente, Hezbollah soprattutto, sono stati decapitati. Lo stesso ayatollah deve nascondersi. Il regime islamico non è mai stato così debole e in Occidente serve che un leader gli dia la spallata finale, come Reagan fece con l'Urss.

Nel testacoda intellettuale e morale di troppe cancellerie e di troppe redazioni occidentali (per non dire dei soliti “esperti” e “analisti”, così spesso prigionieri dello status quo e abituati a vedere le cose solo dal punto di vista delle dittature), viene presentata come una cattiva notizia, come un’insidia, come un rischio, quella che invece dovrebbe essere considerata la più promettente speranza scaturita dall’offensiva israeliana di questi giorni: il fatto che il regime teocratico degli ayatollah di Teheran non sia mai stato così vicino alla sua implosione.
“Turbanti in fuga”, dicevamo ieri su Libero: e non era una nostra smargiassata o una provocazione gratuita, ma una fotografia della realtà, con gli stessi uomini della guida suprema Khamenei che si sono affrettati a comunicare - e non è stata certo una prova di forza - che il loro capo era stato trasportato in fretta e furia in un luogo sicuro e segreto.
Quel regime, che avvelena l’intera area dal 1979, che ha armato il terrorismo, che ha alimentato gli orrendi sicari di Hamas e Hezbollah (e che ora ne ha constatato la distruzione), è adesso in ginocchio.

LA SUPERIORITÀ DI ISRAELE

Teme Gerusalemme, questo è ovvio: Netanyahu ha mostrato una superiorità militare schiacciante, ed è praticamente certo che i servizi israeliani siano da tempo riusciti a infiltrare gli stessi apparati iraniani.
Solo così si spiega la spettacolare eliminazione di Haniyeh, uno dei supercapi di Hamas, avvenuta proprio su suolo iraniano la scorsa estate. Ed è altamente improbabile - mosse da parata a parte - che in questo stato di debolezza Khamenei decida di giocarsi il tutto per tutto in uno scontro finale in campo aperto. Più probabile che decida di affidarsi a uno stillicidio di disperatissime azioni terroristiche.
Ma - ecco il punto - il regime, oltre agli israeliani, teme ormai la sua stessa gente. Reprimere le ultime rivolte del popolo iraniano è stato più difficile del solito per i pasdaran. Le ultime elezioni – poi – sono state un’autentica farsa, più ancora di tutte quelle precedenti, incluso il tentativo di qualificare come “moderato” il meno sanguinario tra i sanguinari. Un surreale gioco di denominazioni all’interno di un copione comune e condiviso: e sempre macchiato di sangue.
E allora c’è da augurarsi che, accanto alle strategie militari di Gerusalemme, e quindi in aggiunta alla fortissima deterrenza attiva che ha funzionato in modo così efficace per destabilizzare un regime e i suoi tentacoli (Hamas e Hezbollah, appunto), tutto l’Occidente metta in campo anche un’altra potente arma: la capacità di parlare ai cuori e alle menti di un popolo iraniano che non attende altro se non di potersi liberare del clero violento, fanatico e integralista che lo opprime da 45 anni.
Ricorderete una delle pagine più emozionanti della parabola di Ronald Reagan. Non soloper vincere la guerra fredda volle un poderoso riarmo che schiantò le velleità sovietiche e fece letteralmente implodere l’Urss. Non solo si impegnò in una costante difesa dei princìpi e dei dissidenti. Ma aggiunse a tutto questo – per vincere anche la battaglia dei cuori e delle menti, appunto – pagine epiche, incluso il suo leggendario discorso del 12 giugno 1987 a Berlino Ovest («Mr Gorbaciov, tear down this wall!») che gli era stato vivamente sconsigliato dai soliti tremebondi «esperti». Come si sa, il muro venne effettivamente giù un paio d’anni dopo.
So bene che la storia non si ripete mai uguale a se stessa. E credo di sapere altrettanto bene che il quadro mediorientale è complicatissimo. Così come, nell’Occidente di oggi, è ben difficile trovare un nuovo Reagan.
Ma è il momento di tentare.
Il punto è che le dittature temono - certo - le armi, ma hanno almeno altrettanta paura della libera informazione. Quanti sanno che, per lustri, una delle principali "attività di governo" del regime di Teheran è consistita nel disinnescare e nello smontare le parabole che consentivano ai giovani iraniani di collegarsi con le tv occidentali?
E quanti sanno che, sulla scia dello storico esempio di Radio Londra, gli americani hanno cercato in diverse occasioni (mai con la convinzione necessaria, forse) di fare esperimenti di questo tipo, suscitando una frenetica attività di "jamming" da parte dei regimi?

CONTROINFORMAZIONE

Per la verità, in tutto l'Occidente, il livello degli stanziamenti dedicati a questo tipo di "bombardamento" mediatico è ancora bassissimo, purtroppo ridicolo rispetto al complesso delle spese militari. Servirebbe l'adozione di una complessiva strategia di questo tipo, davvero capace di conquistare i cuori e le menti di tanti uomini e donne, e- insieme- di destabilizzare le dittature in modo efficacissimo. Proprio rispetto all'Iran, in anni lontani fu Michael Ledeen il primo a caldeggiare iniziative di controinformazione, puntando sulla speciale situazione demografica di un paese fatto soprattutto di giovani. Pensate solo a quanto si sarebbe potuto fare investendo su questo, e magari puntando su mezzi meno visibili e compromettenti di una parabola televisiva, e meno rischiosi dei tradizionali collegamenti Internet, sorvegliatissimi dal regime.
Per carità, nessuno si illude di far cadere una dittatura solo con questi strumenti. Ma resta il fatto che l'Occidente ha una potente arma a sua disposizione: il desiderio di milioni di donne e uomini oppressi, in tutto il mondo, di unirsi al nostro stile di vita, prim'ancora che ai nostri modelli istituzionali e politici. Sarebbe un'arma da capire fino in fondo e da sfruttare meglio, molto meglio. La storia ci sta offrendo un’occasione preziosa per tentare. Servirebbe – da parte dei nostri leader – un mix di testa fredda, parole calde, deterrenza militare forte, più la grande “bomba” della comunicazione.

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