|
| ||
|
||
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/05/2024, a pag. 14 con il titolo "L’imam fa il sermone all’università. Le donne sono divise dal recinto", l'analisi di Andrea Morigi.
Torino come Kabul, come Gaza, come il Califfato. Un imam tiene il suo sermone per il jihad a un pubblico di persone scalze, sedute su tappetini e teli. E ripartite per sesso, in due locali diversi: da una parte gli uomini, in mezzo una grata di divisione, dall’altra le donne, discoste, rigorosamente velate. Il predicatore non le degna nemmeno di un’occhiata. Guarda davanti a sé con il microfono in mano, la kefiah sulle spalle e la bandiera palestinese appesa al muro dietro di lui. Non è una moschea, è l’interno dell’Università del capoluogo piemontese, durante l’occupazione. OCCHIO DI FALCO Ci è voluto l’occhio attento di Anna Paola Concia, donna femminista e di sinistra, per scoprire i segni evidenti dell’avvenuta islamizzazione: «Una rete segrega le ragazze. Le femministe #propal che giustamente combattono il #patriarcato in Italia, sono d’accordo invece con questo trattamento riservato da quella cultura alle donne? Integrazione di chi?», si chiede polemicamente su X, postando e commentando la fotografia per «ribellarmi contro quell’immagine», spiega a Libero. E se nemmeno quella visione fosse in grado di provocare uno choc culturale, perché magari non scatta automaticamente l’identificazione con la condizione femminile nelle comunità islamiche, almeno va rilevata «la contraddizione» che, osserva Concia, consiste «nell’accettare e difendere una società che vi cancella. Prima o poi, qualcuno da sinistra lo doveva dire, no?». È un invito alle vecchie e nuove “compagne” di lotta a considerare che «la libertà femminile o è sempre o non è», con un obiettivo politico: «Liberare da Hamas le donne palestinesi». CULTURE A CONFRONTO Nemmeno nelle università italiane sarebbe accolta con grande trasporto. «Forse mi farebbero tacere», concorda. Fortunatamente risponde al telefono da Francoforte, «dove il 53% della popolazione non è tedesca». E la circostanza le suggerisce il tema non accessorio e non marginale della convivenza fra comunità diverse e del «rapporto fra culture e civiltà nel nostro Paese, senza mettere la testa sotto la sabbia come fanno i partiti italiani, ma affrontando il problema con sapienza e buon senso». Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@liberoquotidiano.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |