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Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/06/2021, a pag.10 con il titolo "In Israele vanno al governo anche i Fratelli Musulmani", il commento di Andrea Morigi.
Andrea Morigi Mansour Abbas - Benjamin Netanyahu MALUMORI A GAZA Nel frattempo, fanno proseguire la guerra civile fra musulmani, iniziata al tempo di Maometto e da allora mai terminata. Stavolta, da Gaza se la prendono con la strategia entrista di Mansour Abbas, disposto a tutto pur di mettere un piede nelle istituzioni entrando a far parte del governo di unità nazionale in Israele guidato dal centrista Yair Lapid e dall'esponente di destra Naftali Bennett. La popolazione della Striscia di Gaza accusa il leader arabo di essere «un opportunista». «Mansour Abbas è una figura controversa», ha dichiarato l'analista politico ed esperto di affari israeliani che vive a Gaza, Hassan Lafi. «Vuole entrare nel nuovo governo per ottenere il maggior numero possibile di vantaggi personali e creare una leadership alternativa a quella dei palestinesi, diversa da quella attualmente esistente», ha aggiunto. L'analista fa notare che «Ayelet Shaked, vice di Bennett, ha totalmente respinto qualsiasi tipo di influenza di Abbas nel ministero degli Interni perché la considera un'ingerenza nelle caratteristiche israeliane dello stato costruito solo per ebrei, dove nessun palestinese o arabo può avere alcuna influenza. «Come esponente dei Fratelli Musulmani, quando si presenta l'opportunità cerca solo i propri interessi», ha commentato al quotidiano Ynet Ounallah Abusafia, 67 anni, residente a Gaza. «Durante l'escalation sulla Striscia di Gaza, è rimasto lontano da Netanyahu per paura delle dure critiche e ora è con Naftali Bennett. Afferma di lavorare per il bene dei palestinesi arabi israeliani, ma la verità è che gli importa solo di se stesso», afferma Abusafia.
I TENTATIVI DI BIBI In realtà, dopo le ultime elezioni politiche vi furono colloqui fra Abbas e Netanyahu per una possibile coalizione, ma Betzalel Smotrich, leader del partito di estrema destra Sionismo Religioso e alleato di Bibi si era opposto. Tanto che poi il Likud, il partito di Netanyahu, ha negato che quei colloqui con Abbas fossero mai avvenuti. Fra gli arabi intervistati da Ynet, anche Suhair Amer ritiene «vergognoso che un palestinese preferisca unirsi al governo israeliano che uccide il suo stesso popolo. Sa che qualsiasi decisione proveniente da loro sarà contro la nostra esistenza. Comunque sul campo non farà differenza perché non gli daranno quello che vuole». La promessa strappata da Abbas agli alleati di governo, ufficialmente è un investimento di 16,3 miliardi di dollari per piani di svilupPo economico del Negev, popolato dalle comunità beduine che sono il bacino elettorale di Ràam. Sulla carta, ha ottenuto anche programmi per combattere violenza e criminalità organizzata in quei territori e altri 6 milioni di dollari spalmati nei prossimi 10 anni per riparare le infrastrutture fatiscenti nelle città e delle comunità arabe. Secondo Ràam, tre villaggi beduini non riconosciuti - Abda, Khashm al-Zena e Rakhma - dovrebbero essere legalizzati con una decisione del governo. Il prezzo, sebbene appaia sufficiente a comprarsi i Fratelli Musulmani e il loro consenso, sta generando perplessità anche nei Paesi arabi che avevano accolto per primi gli Accordi di Abramo. L'emittente tv AlArabiya, controllata dai sauditi, ha rispolverato alcune dichiarazioni di Abbas in appoggio allo scomparso presidente egiziano esponente del fondamentalismo islamico, titolando: «Guarda, il rappresentante dei Fratelli Musulmani nel governo israeliano difende Mohamed Morsi».
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