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Libero Rassegna Stampa
05.04.2012 Marcel Déat, collaborazionista. Da Vichy, si nasconde in Italia, protetto dalla Chiesa
Cronaca di Roberto Festorazzi

Testata: Libero
Data: 05 aprile 2012
Pagina: 26
Autore: Roberto Festorazzi
Titolo: «Il pacifista di Vichy clandestino in Italia»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 05/04/2012, a pag. 26, l'articolo di Roberto Festorazzi dal titolo "Il pacifista di Vichy clandestino in Italia".


Marcel Déat

Di Marcel Déat, punta di diamante della collaborazione filonazista nella Francia di Vichy, è noto soprattutto lo strenuo pacifismo, dalla Conferenza di Monaco del 1938 in poi. Nel 1939 scrisse, su L’Oeuvre, un celebre articolo, intitolato «Morire per Danzica?». Quasi nessuno sa invece che questo personaggio controverso, alla fine della Seconda guerra mondiale giunse in Italia, dove trovò rifugio da clandestino in istituti religiosi. Se fosse rimasto in Francia, del resto, quale criminale di guerra, sarebbe stato certamente condotto al patibolo, come Robert Brasillach, Jean Luchaire, Pierre Laval e tanti altri collaborazionisti. Questo capitolo segreto della storia di Déat ancora oggi è una zona d’ombra su cui sembra proibito indagare.
Quando, il 5 gennaio 1955, l’ex fondatore del Rassemblement national populaire (Rnp), forza egemone di Vichy, insieme al Parti populaire français del suo avversario Jacques Doriot, chiuse gli occhi a Torino, nessuno se ne avvide, anche perché la sua presenza era passata totalmente inosservata. Dopo la liberazione di Parigi e l’instaurazione del sistema gollista in Francia, Déat, come gli altri superstiti del pétainismo, transitò nel castello di Sigmaringen, nel Württemberg, che per alcuni mesi, fino alla caduta di Hitler, fu la zattera su cui galleggiarono i proscritti del governo collaborazionista. Finita la guerra, quei relitti tentarono la fuga. Déat e la moglie Hélène sconfinarono in Austria, poi dal Tirolo passarono in Italia, trovando rifugio a Naturno, in Val Venosta, in una baita a 2.200 di quota.
I coniugi continuarono però a essere braccati: dopo nemmeno tre settimane, 15 gendarmi francesi delle forze di occupazione in Austria s’inerpicarono lungo i sentieri dell’alpeggio alla caccia dell’ex gerarca di Vichy. Poco prima di finire accerchiati, i Déat, presa una valigia colma di denari, riuscirono a dileguarsi, raggiungendo Merano. Da qui proseguirono per Bolzano, dove si rivolsero in cerca di aiuto alla Pontificia Commissione d’assistenza. Giunta in treno a Milano, la coppia venne quindi indirizzata a Genova, dove poté vivere indisturbata per quasi due anni, coperta da una rete clandestina che proteggeva i ricercati dalla giustizia internazionale. I Déat furono assistiti da sacerdoti cattolici e da organizzazioni segrete che non facevano troppe domande sul loro passato. Marcel ed Hélène si erano sposati civilmente nel 1924. Non erano credenti e non scelsero il matrimonio religioso. Anzi, Marcel era un acceso anticlericale: ancora nell’estate del 1940, diede pubblicamente in escandescenze al passaggio di una processione religiosa con il ritratto della Madonna. Estremismo fuori tempo, perché Vichy si reggeva anche sul consenso della Chiesa cattolica e dei vescovi.
Marcel, nato a Guerigny il 7 marzo 1894, era professore di filosofia nei licei, deputato della Sfio, il Partito socialista francese, dal 1926 al ’28 e dal 1932 al ’36. Era una testa d’uovo del suo partito, aveva curato le opere complete di Proudhon ed era molto considerato da Léon Blum, che lo nominò segretario del gruppo parlamentare della Sfio. Presto, però, Blum fu deluso dal suo delfino, che nel ’33 aderì al gruppo dei neosocialisti, nato da una costola riformista della Sfio. Due anni più tardi, Déat diede vita con altri all’Unione socialista repubblicana, che raccoglieva esponenti della sinistra moderata. Il suo percorso politico di pacifista ad oltranza, fin dalle campagne “disfattiste” del 1917, lo avrebbe accomunato in tutto a Pierre Laval, il principe dei politicanti ministeriali, l’uomo con la cravatta bianca e l’ani - ma nera. Divenuto ministro dell’Aria nel governo di Albert Sarraut del ’36, Déat accentuò la sua metamorfosi ideologica, che lo condusse in pochi anni dall’antifascismo militante all’ammirazione per i regimi forti, in primis la Germania. Uscito definitivamente dal Fronte Popolare, nel ’39 fu eletto per l’ultima volta deputato per il Rassemblement anticommuniste.
Era ormai divenuto un socialista nazionale e un alfiere dell’appeasement. A Vichy, Déat era coccolato dall’ambasciatore tedesco Otto Abetz, che considerava la sua creatura politica, la Rnp, il fronte di sinistra della rivoluzione nazionale di Pétain. Il 27 agosto 1941, venne ferito, insieme a Laval, mentre a Versailles passava in rivista le truppe della Légion des Volontaires Français. A coronamento della sua carriera di collaborazionista, il 16 marzo ’44 ricevette la nomina a ministro del Lavoro e della solidarietà nazionale nel gabinetto Laval. In pratica, era l’uomo che decideva i contingenti di lavoratori coatti in Germania. Déat si trovava già in Italia, quando fu raggiunto dalla notizia che, il 19 giugno ’45, in Francia, era stato condannato a morte in contumacia. Lui e la moglie, nella primavera del ’47, ebbero l’impressione di essere stati individuati. Abbandonarono quindi Genova, per raggiungere Torino, dove trovarono ospitalità, sempre sotto falso nome, al Convitto delle suore francesi della Provvidenza, in via Pomba 21.
Fattosi crescere la barba a pizzetto, cominciò a dedicarsi all’insegnamento privato. La domenica compiva escursione sulle colline di Torino, fermandosi nelle osterie. Di tanto in tanto, i Déat prendevano il treno per recarsi in Val di Susa. La loro permanenza in Italia avrebbe dovuto essere temporanea, in attesa della partenza per l’Argentina o la Spagna. Ma questa soluzione si rivelò più complicata del previsto, e i coniugi francesi finirono per restare definitivamente a Torino. Vissero nell’ambiente religioso che li ospitava, in condizione di castità. Per Hélène non fu difficile abbracciare con forza il credo cattolico. Più complessa, invece, fu la conversione di Marcel, che confidò di essersi riavvicinato alla fede della sua infanzia dopo aver letto alcuni libri fondamentali. La coppia si sposò segretamente, con rito religioso, nel 1949, e l’atto di matrimonio dovrebbe trovarsi presso la Sacra Penitenzieria del Vaticano. Nel novembre del ’53, Marcel Déat fu colpito da una prima crisi cardiaca. Alcuni mesi dopo, il suo cuore fu nuovamente messo a dura prova, in occasione di un’ac - curata perquisizione svolta dalla polizia nell’Istituto Santa Giovanna D’Arco.
Probabilmente era giunta alle autorità inquirenti la notizia che Déat era tenuto nascosto in via Pomba. Per sfuggire ai funzionari di polizia, l’ex collaborazionista dovette restare chiuso per molte ore in un angusto sgabuzzino. Ne uscì estremamente provato. Il 2 gennaio 1955, le condizioni di Déat si aggravarono. Fu ricoverato nella clinica “Vil - la dei Colli”, non lontano da San Vito. Morì in pace con Dio, dopo aver ricevuto l’estrema unzione. Pochi mesi prima si era accostato all’eucarestia. Déat fu sepolto, in gran segreto, in un semplice loculo, nella sezione 23 del campo 5 del cimitero monumentale di Torino.

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