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L'Espresso Rassegna Stampa
17.03.2019 Un diario ritrovato e poi un film, la storia di Renia Spiegel
nel racconto molto coinvolgente di Alberto Flores d'Arcais

Testata: L'Espresso
Data: 17 marzo 2019
Pagina: 76
Autore: Alberto Flores d'Arcais
Titolo: «77 anni dopo i diari di Renia, l'Anna Frank polacca»

Riprendiamo dall' ESPRESSO di oggi, 17/03/2019, a pag.76 con il titolo "77 anni dopo i diari di Renia, l'Anna Frank polacca"  il commento di Alberto Flores d'Arcais al diario di Renia Spiegel

Un libro e poi un film, nel racconto degno del miglior encomio di Alberto Flores d'Arcais

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Alberto Flores d'Arcais

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Elizabeth, la sorella di Renia

New York - Mia sorella era una persona meravigliosa, si prendeva cura di me, mi fece da piccola mamma quando vivevamo nascoste. Poi ci hanno divise, i nostri destini si sono separati, lei è stata assassinata dai nazisti, io mi sono salvata. No, il suo diario non ho mai avuto la forza e il coraggio di leggerlo». Elizabeth Ariana Bellak ha 88 anni, seduta su un divano del National Arts di Gramercy Park (uno dei più vecchi club di New York), trattiene a stento le lacrime. Si commuove più volte raccontando e ricordando Renia, la sorella morta tragicamente nell'Olocausto, con cui ha vissuto gli anni più duri della guerra e della ferocia nazista. Non l'ha mai dimenticata. E adesso il diario di Renia, nascosto e scomparso nella Polonia del 1942, ricomparso un po' misteriosamente a New York negli anni Cinquanta, tenuto in soffitta per decenni, vedrà finalmente la pubblicazione. I media americani l'hanno ribattezzata - non a torto - l'"Anna Frank polacca", il prestigioso Smithsonian Institute le ha dedicato un convegno e ha pubblicato alcuni estratti dei suoi scritti, in primavera verrà ricordata con una cerimonia alle Nazioni Unite. E a metà settembre il diario verrà stampato in edizione integrale da una delle maggiori case editrici Usa (St. Martin's Press), con i diritti già venduti in molti paesi europei (quelli dell'Est, Gran Bretagna, Germania, Scandinavia, Italia al momento assente) e del resto del mondo. Anna Frajilich, scrittrice e docente di letteratura alla Columbia University lo ha definito «un incredibile documento storico e psicologico, un'autentica conquista letteraria, una grande scoperta».
Renia Spiegel aveva 15 anni quando iniziò ad affidare a un quaderno i suoi pensieri. «Perché ho deciso di iniziare un diario? E successo qualcosa di importante? No! Voglio solo un amico». Era il 31 gennaio 1939, la guerra era ancora lontana, lei e la sorella Ariana di sei anni più piccola (che si cambiò solo in seguito il nome in Elizabeth) stavano vivendo una vita felice, in una bella casa ai confini con la Romania. Una famiglia benestante quella degli Spiegel: il padre Bernard proprietario di terreni, la madre Rose un'affascinante donna, colta e poliglotta, Renia appassionata di poesia e già vincitrice, appena adolescente, di premi letterari, la piccola Ariana lanciata nel mondo dello spettacolo, protagonista in teatro e al cinema, nota alle cronache del tempo come la "Shirley Temple della Polonia". Anni spensierati che ben presto lasciarono il passo alla tragedia. Con l'inizio della guerra, l'avanzata delle truppe naziste e il famigerato patto tra il Reich di Hitler e la Russia di Stalin che spaccò in due la Polonia occupata, la famiglia Spiegel venne travolta dagli eventi. Il padre se ne era già andato («non ne abbiamo più saputo niente, ho capito solo leggendo un passo del diario che i miei erano già separati», ricorda Elizabeth), la madre, grazie alla perfetta padronanza del tedesco e alle sue conoscenze, aveva trovato lavoro all'Hotel Europa di Varsavia (dove alloggiavano 300 ufficiali della Wehrmacht), Renia e Ariana si ritrovarono, senza genitori e affidate ai nonni materni, nella cittadina di Przemysl, circa 70 mila abitanti di cui più di un terzo di religione ebraica. «Io e mia sorella vivevamo nella parte controllata dai russi, a ridosso di quello che chiamavamo il "fiume dei fucili", tedeschi armati da una parte, russi armati sull'altra riva. Papà non esisteva più, di mamma non sapevamo nulla, chi voleva incontrare i propri familiari nella parte occupata dai tedeschi doveva pagare. Solo una volta - la guerra era iniziata da poco - riuscimmo ad incontrare nostra madre». I ricordi di Elizabeth (Ariana) si intrecciano con le testimonianze di Renia - impresse con bella calligrafia, una notevole scrittura e molti disegni - nelle pagine di quello che è qualcosa di più di un semplice diario scritto da un'adolescente.
La scrittura è per lei essenza di vita. Dalle commoventi poesie pubblicate sul giornale scolastico a quelle più lunghe, elaborate ed impegnate che raccoglie in un opuscolo illustrato a mano ed elegantemente rilegato («è l'unico suo ricordo che mia madre ed io abbiamo portato con noi in America») fino al diario. Un lungo racconto (sono quasi settecento pagine manoscritte) della sua terribile solitudine in una Polonia lacerata dalla guerra, della vita di tutti i giorni durante le occupazioni armate (prima sovietica e poi tedesca), le fughe, le paure, il terrore, il ghetto, le violenze naziste, le insopportabili umiliazioni. E del suo primo bacio, il 20 giugno 1941, quando i tedeschi stavano lanciando l'Operazione Barbarossa e l'invasione dell'Urss: «Renia dammi un bacio... e prima ancora di rendermi conto di quanto stava accadendo Zygo mi baciò».
Il primo amore ed anche le emozioni di un'adolescente che diventa donna, le infatuazioni, le invidie, i pettegolezzi, le annotazioni di una vita privata in un mondo completamente impazzito. Zygo è Zygmunt Schwarzer, è più grande di lei, un uomo fatto, uno dei tanti giovani ebrei che nella Przemysl del 1942 sono costretti a lavorare per i nazisti.
Questo gli permette però di poter uscire dal ghetto, di avere contatti con l'esterno e con quel poco di resistenza clandestina che ancora sopravvive. E grazie a lui che Ariana sopravvive all'Olocausto. Per salvare le due sorelle Zygo sa che deve dividerle,  Ariana viene affidata ad un uomo fidato («aveva una cinquantina d'anni, mi ha fatto passare per sua figlia, è stato un viaggio difficile, ho avuto paura, ho vissuto alcuni momenti di terrore, ma alla fine ce l'abbiamo fatta, mi ha portato a Varsavia»), ritrova la mamma, vive nascosta prima con una famiglia cattolica («mi battezzarono, da allora presi il nome di Elizabeth, andavo tutti i giorni in chiesa») e poi insieme alla madre nell'Hotel Europa. E fu grazie a un coraggioso ufficiale tedesco («un uomo buono, che ha rischiato la vita per noi») che madre e figlia riusciranno poi a rifugiarsi in Austria fino alla fine della guerra. E di il ad iniziare la nuova vita che le avrebbe portate nel 1946 in America. Zygmunt fa di tutto per salvare Renia, la ama profondamente come lei ama lui. Si nascondono insieme nel cimitero della città, ma il rifugio non è sicuro. Alla fine ne trova uno migliore, un attico di proprietà di suo zio che fa parte del Judenrat (il consiglio ebraico a cui i nazisti affidano la gestione della comunità) e che per questo può vivere fuori dal ghetto. E in quella casa al numero 10 della via Moniuszki che Renia, tra il giugno e il luglio 1942, affida al diario il suo crescendo di paure e di terrore: «Ovunque guardo vedo solo spargimento di sangue... Ci sono solo assassinii e morti, Dio ti prego salvaci!... Voglio vivere, mio caro Dio, aiutaci... L'intera città è in pericolo, ma ho ancora fede....». L'ultimo scritto di suo pugno è del 25 luglio: «Mamma non hai idea di quanto è terribile... sono orribilmente terrorizzata... mio caro diario, mio buono e amato amico, è arrivato il momento peggiore...». Da quel giorno Renia non scriverà più: anche l'attico di via Moniuszki non è sicuro, i nazisti danno il via alla "Aktion", la deportazione in massa di tutti gli ebrei che vivono a Przemysl. Una deportazione che diventa ben presto sterminio. I quaderni di Renia restano in mano a Zygmunt ed è lui a scrivere dal 27 al 31 luglio le ultime annotazioni del diario: «E finita! Prima di tutto, caro diario, ti prego perdonami per essere entrato nelle tue pagine e aver cercato di portare avanti il lavoro di qualcuno di cui non sono degno. Lascia che ti dica che Renuska non ha ottenuto il permesso di lavoro di cui aveva bisogno per evitare di essere deportata, quindi deve restare nascosta... I miei genitori sono stati fortunati a entrare in città, si stanno nascondendo al cimitero. Renia ha dovuto lasciare la fabbrica, devo trovarle un nascondiglio ad ogni costo... L'Aktion è stata rimandata a causa di una disputa tra l'esercito e la Gestapo. Sto cercando di salvare tutti quelli che posso, sono riuscito a portare Ariana dall'altra parte. Ho deciso di rischiare il mio documento, pensavo che fosse la mia ultima possibilità di salvare Renuska. Oh mio Dio che orrore! Volevo salvare i miei genitori e Renia ma ho cacciato me stesso in guai ancora peggiori». Poi l'ultimo disperato messaggio affidato al diario: «Tre spari! Tre vite perse! E successo la notte scorsa, erano le 10 e 30. Il destino ha deciso di portarmi via le persone più care. La mia vita è finita. Tutto quello che riesco a sentire sono i colpi, gli spari... Mia carissima Renusia, l'ultimo capitolo del tuo diario è completo». Renia e i genitori di Zygmunt vengono assassinati dai nazisti nella notte tra il 30 e il 31 luglio 1942. Lui riesce a fuggire, nasconde i quaderni che formano il diario da qualche parte, dove nessuno lo saprà mai con certezza. Sarà catturato, finirà in diversi lager, l'ultimo Auschwitz, ma riuscirà a sopravvivere. All'inizio dell'anno 1950, Ariana ormai diventata Elizabeth, vive con la madre a New York. Ed è lì che un giorno appare Zygmunt con il diario di Renia. «Mia madre era emotivamente sconvolta, noi eravamo le due sopravvissute, io ero giovane e volevo dimenticare». Per questo il diario rimane chiuso in un cassetto per così tanti anni. Sono la figlia di Ariana/ Elizabeth, Alexandra Bellak e il regista di documentari polacco-americano Tomasz Magierski a far si che il diario diventi patrimonio pubblico: «Ho saputo della sua esistenza quando ero adolescente, ma non me ne sono interessata», racconta Alexandra. «Solo quando ero al college ho voluto indagare sul passato della mia famiglia e ho capito l'importanza che poteva avere. Non parlo polacco quindi l'ho fatto tradurre. La prima traduzione non era molto bella ma si capiva comunque che aveva un grande valore non solo storico ma anche letterario, con quelle sue bellissime 60 poesie che ne fanno parte». Tomasz viene coinvolto nel progetto nel 2014: «Al consolato polacco di New York fu proiettato un mio documentario e dopo la proiezione un'elegante signora mi si avvicinò per chiedermi se volevo leggere il diario di sua sorella, scritto durante l'occupazione nazista. Aggiunse anche che lei stessa era un'attrice teatrale prima della guerra ed era chiamata la "Shirley Temple polacca". Ero curioso, così ho incontrato Ariana e sua figlia Alexandra, che ha creduto molto nel valore storico e letterario del diario di Renia. È un testo commovente, che ha toccato il mio cuore. Insieme abbiamo creato la Fondazione Renia Spiegel e io, come regista, ho iniziato a lavorare su un documentario sulle sorelle Spiegel, una storia straordinaria e completamente sconosciuta. Abbiamo girato in Polonia e New York, il film sarà finito a maggio».

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