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Il Messaggero Rassegna Stampa
17.08.2005 Per Salerno è finita l’apartheid. Per Marcella Emiliani Israele sta scappando.
Il tandem della disinformazione colpisce ancora

Testata: Il Messaggero
Data: 17 agosto 2005
Pagina: 2
Autore: Eric Salerno - Marcella Emiliani
Titolo: «Gaza, l’ultima resistenza dei coloni-Scade l’ultimantum. A Gaza l’esercito sgombera i coloni: ore difficili per Sharon»
IL MESSAGGERO di mercoledì 17 agosto 2005 pubblica a pagina 2 e a pagina 10 due articoli, rispettivamente di Marcella Emiliani ed Eric Salerno, sulle tensioni che accompagnano il ritiro israeliano da Gaza:
Gli articoli di Salerno sembrano pagare un tributo fisso di antipatia verso Israele. Ad una frase corretta ne fa solitamente seguito, per una sorta di legge di compensazione che garantisce il risultato finale, una scorretta. E se anche l’intero articolo dovesse risultare obiettivo (come oggi), il lettore non si faccia illusioni: si aspetti pure l’inzaccheratura finale (come oggi), il colpo di coda che spazza via i pensieri benevoli e lo congeda con una cattiva impressione. Oggi leggiamo questa osservazione finale:

Dayan, a suo tempo, visitando un kibbutz in Israele, poco più a nord di qui, dove era stata uccisa una persona, arrivò quasi a giustificare la violenza dei palestinesi: «Da otto anni stanno nei campi rifugiati e ci guardano mentre davanti ai loro occhi stiamo espropriando le loro terre e i loro villaggi».
L’articolo si conclude così. Significa: "Moshe Dayan è stato un grande condottiero militare e premier di Israele, quasi un eroe nazionale; lui pensava queste cose; io non faccio alcun commento, ma la butto lì a beneficio del lettore". La tecnica dei messaggi subliminali – osservazioni o citazioni non commentate, spesso al termine del pezzo per ottenere il maggiore impatto emotivo, e sovente slegate dal contesto – è una delle "maniere" più in uso nel giornalismo antisraeliano.
Ma passiamo a Marcella Emiliani, l’esperta di cose israeliane del MESSAGGERO, che oggi ci propina alcune "stranezze". In primis apprendiamo che la Cisgiordania è stata ribattezzata dagli ebrei di recente Giudea-Samaria ("[Israele] si interroga sul futuro delle colonie della Giudea e della Samaria (com’è stata ribattezzata la Cisgiordania"). Inutile dire che questo "colonialismo toponomastico" ventilato dalla Nostra proprio non esiste, basta sfogliare la Bibbia per capirlo.

Quindi la Emiliani, cercando di imbastire una dietrologia del ritiro che ne sminuisca l’importanza, fa questa bizzarra insinuazione:
Gaza è forse il fazzoletto di terra più affollato del mondo nonché il regno dei peggiori estremisti islamici di Hamas e Jihad islamica: meglio lasciare che della sua amministrazione si faccia carico Abu Mazen. Quanto alla Cisgiordania si vedrà. Per ora è difesa dal muro...
Traduzione: ad Israele conviene lasciare Gaza perché è un luogo claustrofobico ed una polveriera di terrorismo. In realtà, la Emiliani ribalta la logica delle cose: la minaccia terroristica costituisce semmai un ostacolo, e non già un incitamento al ritiro (senza contare poi che Israele non difende con il "muro" – cioè la barriera protettiva - la Cisgiordania. Semmai si difende con il "muro" dalla Cisgiordania). Israele non può permettersi di avere a suo fianco uno Stato che sia un porto franco per i terroristi. L’ANP non ha la capacità operativa e, forse, nemmeno la volontà politica per contrastare efficacemente Hamas e Jihad. Israele non sta quindi scappando ma operando un doloroso gesto di buona volontà per ravvivare le prospettive di pace.

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