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Avvenire Rassegna Stampa
07.12.2021 Che cosa Hitler e Stalin non si sono detti
Commento di Vito Punzi

Testata: Avvenire
Data: 07 dicembre 2021
Pagina: 21
Autore: Vito Punzi
Titolo: «Il non detto del patto Hitler-Stalin»
Riprendiamo oggi 07/12/2021, da AVVENIRE, a pag. 21, l'articolo di Vito Punzi dal titolo "Il non detto del patto Hitler-Stalin".

Storia dell'inganno di Yalta e dell'alleanza taciuta tra Hitler e Stalin -  Il Riformista
Adolf Hitler, Josif Stalin

Nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 1939 venne siglato il patto Hitler-Stalin. Firmato dai ministri degli Esteri Ribbentrop e Molotov, venne presentato come un patto di non aggressione. In realtà conteneva anche un accordo supplementare segreto, di cui la parte sovietica ha negato l'esistenza fino al 1989, secondo il quale i due dittatori dividevano in zone d'influenza l'Europa centro orientale, dalla Finlandia alla Romania. Una complicità che si protrasse fino all'attacco tedesco del 22 giugno 1941. Claudia Weber con questo saggio Claudia Weber Il patto (Einaudi, pagine 264, euro 28,00) ha inteso descrivere il percorso verso il patto e i mesi intercorsi tra la stipula dell'accordo e l'aggressione hitleriana. I due dittatori sapevano che quella sarebbe stata solo un'alleanza di convenienza. Su questo c'è stata concordanza tra i tanti studiosi che dal 1946 hanno affrontato con rigore motivazioni e processi. Tuttavia Weber ignora quasi per intero l'intenso e vivace dibattito prodottosi nei passati decenni. Che cosa c'è qui di veramente nuovo? Certamente il capitolo impreziosito da fonti tedesche dedicato al trasferimento di popolazioni da un regime all'altro: i tanti "tedeschi etnici", i pochi cittadini sovietici, gli ebrei. La "cooperazione mortale", secondo la storica, funzionò grazie alle forze di alto grado di entrambe le parti, abili a "dimenticare" le loro differenze ideologiche. Tuttavia Weber non si chiede come mai i "tedeschi etnici" venissero reinsediati in massa nel futuro Reich, sebbene Hitler stesse già pianificando una guerra di conquista. Le relazioni economiche sostanziali (armamenti tedeschi contro materie prime sovietiche), poi, cosi come gli scambi in materia aeronautica, vengono citati in forma non esaustiva Ciò che disturba di più del libro è l'approccio poco critico di Weber alle fonti. Nel suo percorso attraverso le relazioni tedesco-sovietiche dall'inizio degli anni'20, per esempio, cita le memorie dei protagonisti dell'una e dell'altra parte in dozzine, se non centinaia di casi, come se quelle non fossero versioni retrospettive, dunque abbellite. Altro esempio: la storica sostiene che nel corso dei vari reinsediamenti, i tedeschi avrebbero comunicato ai russi di non volere più ebrei nella loro area e dunque quelli avrebbero dovuto «liquidarli da soli». La fonte cui si rifà Weber è un'intervista rilasciata a giornali statunitensi dal primo ministro polacco Wladislaw Sikorski, allora in esilio a Londra: peccato che la tedesca non si sia chiesta a quale fonte si rifacesse. Da ultimo, ma non meno importante, Weber elude quanto d'ideologico-sentimentale vi sia stato nei rapporti tra Reich e Unione Sovietica prima dell'avvento di Hitler. Emblema di questo pezzo di storia del tutto ignorato dalla tedesca è stato Kurt von Hammerstein-Equord, generale della Reichswehr che raggiunse il culmine della carriera nel 1930 quale capo dell'esercito tedesco. Ad appena un anno dall'ascesa al potere di Hitler, era il 1° febbraio 1934, dopo aver ascoltato il fresco cancelliere esporre durante un incontro segreto i propri piani militari d'aggressione, rassegnò le dimissioni e si ritirò a vita privata, fino a diventare uno degli ispiratori dell'attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Dopo il Trattato di cooperazione russo-tedesca di Rapallo del 1922 quelle attività che sarebbero dovute restare clandestine (i reciproci soggiorni di formazione militare tra Annata Rossa e Reichswehr che laWeber liquida come «cooperazione militare circondata di mistero») subirono negli anni Venti un considerevole incremento. Perfino il nome di Hammerstein, detto anche "il generale rosso", figura tra gli ospiti più illustri ricevuti in quegli anni con la massima riverenza dall'Armata Rossa. Ma di lui nel libro di Weber neppure l'ombra.

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