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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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'La lettera di Gertrud', di Björn Larsson 30/03/2019

La lettera di Gertrud
Björn Larsson
Traduzione di Katia De Marco
Iperborea euro 19,50

“…..Mi resi conto che l’odio che l’aveva colpito era un ulteriore motivo per raccontare la sua storia. Non solo perché pareva la piaga del nostro tempo, in cui l’essere “anti” sembrava aver soppiantato l’essere “filo” ma perché era una delle peggiori caratteristiche umane. Cosa spingeva così tanti a odiare? Era una questione esistenziale che colpiva nel profondo” (B.L.)

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Nato a Jönköping nel 1953 Björn Larsson è un autore svedese molto apprezzato in Italia la cui vena narrativa, che si esprime principalmente in romanzi d’avventura, è permeata dal suo rapporto con il mare e dal suo amore per la navigazione (ha vissuto per alcuni anni su una barca a vela, la Rustica), considerati mezzi per raggiungere la libertà e l’autenticità. Oltre al thriller “Il cerchio celtico” che lo consacra a livello internazionale, Larsson ha esplorato temi attuali quali il terrorismo internazionale nel romanzo “L’occhio del male” e la manipolazione delle coscienze nelle sette pseudo-religiose ne “Il segreto di Inga”. Ha scritto con ironia del fenomeno del giallo svedese di successo nel libro “I poeti morti non scrivono gialli” mentre è indirizzato al pubblico italiano l’opera “Diario di uno scrittore di bordo” in cui l’autore ha scelto di rispondere “collettivamente” a tutti i messaggi e le lettere ricevute dai suoi fan italiani.

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Björn Larsson

Recentemente Björn Larsson, che si definisce “pendolare” fra diversi paesi e parla un italiano fluente appena velato da un accento nordico, ha inaugurato al Teatro Parenti di Milano il festival “I Boreali” dedicato alla letteratura e alla cultura dei paesi del Nord Europa presentando il suo ultimo atteso romanzo “La lettera di Gertrud” (Iperborea): una vera sfida rispetto alle opere precedenti in cui l’autore affronta il tema dell’identità umana e del libero arbitrio da una prospettiva laica che mette al primo posto l’essere umano prendendo le distanze da ogni espressione di integralismo nel rispetto della sacralità della vita. Martin Brenner, il protagonista, è un genetista che dirige un laboratorio della società DNA-Ancestry in cui si effettuano le analisi del DNA per privati e per la polizia scientifica. Convinto razionalista, agnostico e avverso a ogni identità predeterminata, Brenner sta lavorando a un libro che mostrerà al mondo un’importante scoperta della genetica, il genere umano è uno solo e le razze non esistono, quando riceve una notizia che sconvolge la sua ordinata e tranquilla vita familiare con la moglie medico e la figlia Sara di dodici anni. Dopo aver sparso al vento le ceneri dell’anziana madre, accogliendo così un suo desiderio, Martin è convocato nello studio dell’avvocato Levin che gli consegna una lettera da cui apprende il segreto che la madre ha conservato fino alla morte: il vero nome della donna è Gertrud e non è una tedesca sopravvissuta ai bombardamenti di Dresda come ha sempre creduto ma un’ebrea triestina scampata al campo di sterminio di Auschwitz. Inoltre, il padre non è l’uomo che ha sposato e da cui ha divorziato dopo aver scoperto che era un simpatizzante nazista, bensì un ebreo anch’egli sopravvissuto alla Shoah. Con la complicità dell’avvocato Levin e del rabbino Golder, il cui legame con Brenner si svelerà nel corso del romanzo, Gertrud ha assunto un’altra identità per proteggere il figlio dalle violenze e dalle umiliazioni che avrebbe potuto subire in quanto ebreo oltre che per il timore che la storia potesse ripetersi. “Sei quindi libero di scegliere chi e cosa essere. Il prezzo che ho dovuto pagare per questo è stato altissimo: non siamo mai stati davvero vicini. Ma ho anche guadagnato qualcosa, la certezza che tu fossi libero”.

La rivelazione è talmente sconvolgente da lasciare Martin disorientato, in preda a dubbi e domande, ma anche consapevole del motivo per cui ha sempre avvertito un velo interporsi nei rapporti fra lui e la madre, una distanza nello sguardo, una subitanea tristezza di cui non riusciva a spiegarsi l’origine. All’improvviso Martin deve fare i conti con la consapevolezza di essere ebreo. Ma cosa significa per lui essere ebreo? E come comportarsi con i familiari, i colleghi, gli amici? Deve rendere pubblica la verità oppure convivere con una menzogna per preservare la tranquillità interiore e quella familiare? In qualità di scienziato Martin intende affrontare in modo razionale quanto è emerso dalla commovente lettera di Gertrud e prima di metterne a parte la moglie e la figlia vuole capire bene cosa significhi avere una madre ebrea e quali ripercussioni possa avere la sua decisione nel futuro della figlia Sara che ama profondamente. Martin è un uomo dalla mente aperta che si è sempre schierato contro i soprusi e le violenze di un antisemitismo strisciante che torna con preoccupante frequenza a farsi sentire mostrando la sua solidarietà al collega Samuel, non praticante, che si sente emarginato nel laboratorio in quanto ebreo. E’ quindi con un approccio scientifico che Martin si dedica a una ricerca storica, religiosa, genetica e filosofica per orientarsi in un ambito sul quale ha molto da scoprire. Legge i testi di chi ha vissuto esperienze simili alla sua, saggi sull’identità ebraica, volumi di scienziati e antropologi ma nonostante questa bibliografia sterminata (raccolta alla fine del romanzo) cui si dedica con metodo e disciplina Martin non trova esaustive le argomentazioni degli autori che spiegano in cosa consista l’identità ebraica. Convinto che il DNA non riveli nulla dell’individuo come persona, Brenner è consapevole che definire gli uomini sulla base della genetica e della discendenza sia una forma di razzismo. Nonostante gli studi approfonditi e il lungo colloquio con il rabbino Golder che sottopone a un fuoco serrato di domande la questione rimane irrisolta e molti dubbi arrovellano ancora la mente del genetista. Puoi scegliere chi vuoi essere? E’ necessario appartenere a un gruppo per essere qualcuno? Quando riceve l’invito a partecipare a un convegno a Montreal centrato sul tema della “Genetica, identità ed etica” Martin Brenner accoglie con entusiasmo questa opportunità che gli consente di proseguire gli studi già avviati dedicandosi con rinnovato vigore alla stesura di un compendio critico sulla relazione tra ereditarietà e ambiente nel quale intende difendere razionalmente il libero arbitrio. La sua presenza al convegno non sarà priva di conseguenze per le ripercussioni drammatiche che avrà sia nel lavoro che nella vita personale sconvolgendo la serenità della sua famiglia.

Lascio alla curiosità dei lettori scoprire l’epilogo di un romanzo dalla trama avvincente che nell’ultima parte, con un efficace escamotage letterario, fa entrare in scena l’autore a cui Brenner affida il racconto della sua storia lasciando al lettore l’impressione di leggere un romanzo nel romanzo. Larsson non ambienta “La lettera di Gertrud” in un luogo geografico o in un momento preciso. Si cita solo la Germania per ragioni storiche ma la vicenda potrebbe svolgersi in un qualunque paese europeo: antisemitismo, razzismo e ogni forma di intolleranza verso l’”altro” attecchiscono in ogni paese dell’Unione europea e per l’autore è importante far passare il messaggio che non “si tratta di un problema italiano o francese o altro, oppure di oggi o di domani o di ieri”. Fra le motivazioni che hanno spinto lo scrittore svedese a dedicarsi a una questione così lontana dai suoi libri precedenti c’è “il desiderio di affrontare una sfida e di mettermi in gioco affrontando una storia così controversa, problematica, prima con l’Olocausto e oggi con Israele”. A parte alcune prese di posizione troppo manichee di Martin o di altri personaggi minori cha sembrano muoversi in contesti che rispecchiano stereotipi predefiniti, quella di Larsson è un’opera dalla trama intrigante che attraverso una scrittura fluida e avvolgente calamita l’attenzione del lettore sui temi dell’identità, del libero arbitrio, su religione e ateismo oltre che sul pericolo rappresentato da forme sempre più accese di intolleranza e dai più perniciosi “ismi”.

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Giorgia Greco


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