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Michelle Mazel
Europa/Medio Oriente
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Ostaggi: sono già trascorsi sei mesi 08/04/2024

Ostaggi: sono già trascorsi sei mesi
Commento di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.dreuz.info/2024/04/otages-six-mois-deja-296539.html

Ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre. Da sei mesi sono nelle mani dei terroristi. Dai liberati riceviamo racconti dell'orrore della prigionia. Quanti saranno sopravvissuti? In che condizioni? Sono domande che evidentemente non interessano alle organizzazioni umanitarie

Sta durando da sei mesi. Tutto è inutile. Ci sono però delle immagini, dei video e delle testimonianze che dovrebbero smuovere le coscienze.

Lo sguardo tormentato, il volto tumefatto di queste giovani donne innocenti, violentate e rapite dai “militanti” di un'organizzazione che persino la Francia definisce terroristica. Delle immagini pubblicate sulla stampa britannica la cui autenticità non può essere messa in dubbio perché scattate dagli stessi “militanti”. Inoltre, una foto che mostra quattro terroristi di Hamas seduti trionfanti sul corpo di una di loro, la giovane Shani Louk, distesa a faccia in giù nel retro di un furgone, ha ricevuto il premio da una scuola di giornalismo americana, l’Associated Press.

Sono ormai più di 180 giorni che loro sono imprigionate in condizioni spaventose. Totalmente prive di un accesso al mondo. Senza sapere nulla della sorte toccata alle persone care rapite con loro o di altre che avevano visto mentre venivano massacrate davanti ai loro occhi. Prive di cure.

Loro non sono sole. Altre giovani donne furono catturate con loro, trascinate via come “prigioniere di guerra” da uomini che alcuni ancora si ostinano a definire “resistenti”. Soggette alla paura, alla fame e soprattutto alla spietatezza quotidiana delle violenze sessuali, che spesso lasciano delle piaghe che non vengono curate.  Possiamo solo immaginare le conseguenze fisiche e mentali di cui loro soffriranno fino alla fine dei loro giorni, se sopravvivranno alla loro prigionia. Quante di loro sono ancora vive? In che stato sono? Nessuno lo sa. Così come non conosciamo la sorte di Kfir Bibas, quel neonato di nove mesi rapito insieme al suo fratellino, di quattro anni più grande. Hamas ha comunicato la loro morte ma senza fornire prove e si rifiuta di restituire le loro spoglie.

La Croce Rossa sostiene che l'organizzazione terroristica le nega l'accesso ai prigionieri e a tutti gli ostaggi. Ma non prova neppure ad insistere. È perché ha delle altre priorità. Le sembra più urgente prendersi cura della popolazione di Gaza. Lo stesso vale per il Segretario Generale delle Nazioni Unite, per gli Stati Uniti e per i leader europei. Secondo loro bisogna evitare a tutti i costi una catastrofe umanitaria e quindi aumentare il numero dei convogli alimentari. Senza dubbio. Ma perché non vedono che questi obiettivi non sono incompatibili con la liberazione degli ostaggi? Perché non esigere che questo rilascio sia la condizione per continuare a inviare questi camion?

Questo perché sanno benissimo che Hamas si guarderebbe bene dall’accettare. L'organizzazione terroristica ha capito che le pressioni su Israele per un cessate il fuoco immediato e incondizionato prima o poi daranno i loro frutti.

Purtroppo, la fine dei combattimenti non porrà fine al calvario degli ostaggi e alle sofferenze delle famiglie, che non hanno notizie dei loro cari e che vivono in perenne angoscia. Hamas potrà continuare le sue ignobili trattative e moltiplicare le sue richieste.

Scommettiamo che il mondo, unanime nella sua pietà per la sorte degli abitanti di Gaza, non farà nulla?

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Michelle Mazel


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