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Ben Cohen
Antisemitismo & Medio Oriente
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La vita ebraica in Europa può ricominciare a fiorire? 10/10/2021
La vita ebraica in Europa può ricominciare a fiorire?
Analisi di Ben Cohen

(traduzione di Yehudit Weisz)


Viatcheslav Moshe Kantor - Wikipedia
Moshe Kantor

La settimana scorsa il ramo esecutivo dell'Unione Europea, la Commissione Europea, ha presentato un documento strategico per contrastare l'antisemitismo e promuovere la vita ebraica tra i suoi 27 Stati membri, nei prossimi nove anni. A poche ore dalla sua pubblicazione, la strategia aveva ottenuto generosi consensi da parte dei leader delle organizzazioni ebraiche, con il capo del Congresso Ebraico Europeo (EJC), Moshe Kantor, che ha accolto il documento di 26 pagine come un “documento unico ed essenziale che fungerà da piano d’azione per ridurre significativamente l'antisemitismo in Europa e altrove.” Tale ottimismo è giustificato? Per certi versi, non è possibile rispondere in modo esauriente a questa domanda fino al 2030, quando i vari programmi e iniziative ora lanciati dalla Commissione saranno pronti per una valutazione approfondita. Ma si può dire che la strategia contiene alcune idee incoraggianti, che la sua comprensione di quello che costituisce l'antisemitismo è sfumata e sofisticata, e che la squadra responsabile della strategia - penso in particolare a Katharina von Schnurbein, la coordinatrice della commissione per la lotta all’antisemitismo - è profondamente impegnata a sradicare l'odio più antico del mondo dal continente che gli offre il terreno più fertile.

Alla base della valutazione della Commissione sulla situazione in Europa e sugli obblighi, morali e legali, che gli Stati membri hanno quando si tratta di salvaguardare la vita ebraica nell'UE, c’é la definizione operativa di antisemitismo dell'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA). Complessivamente, le comunità ebraiche in tutta l'UE contano 1,5 milioni di persone (un numero ridotto dalla Brexit, per inciso, che ha portato i 300.000 ebrei presenti nel Regno Unito fuori dall'orbita dell'UE). Sono questi individui e queste comunità che la commissione desidera vedere - come ha affermato il suo Presidente, Ursula von der Leyen - “rifiorire di nuovo.” La definizione dell'IHRA è abbastanza esaustiva per identificare varie espressioni di antisemitismo, compreso (il tipo) quello che si nasconde dietro l'odio per il sionismo e Israele. Che la Commissione riconosca formalmente questa realtà è un passo positivo e coerente con le dichiarazioni nel corso degli anni di alcuni leader europei, tra cui il Presidente francese Emmanuel Macron, la Cancelliera tedesca uscente Angela Merkel e il Primo Ministro olandese Mark Rutte, perché l'opinione pubblica ha bisogno di diffidare di un antisemitismo che si maschera da giusta crociata contro il razzismo o per i diritti dei palestinesi. Inoltre, la strategia riconosce che Israele è un “partner chiave” dell'UE, anche nella lotta contro l'antisemitismo, e non ha dubbi sul fatto che il tipo di dichiarazioni su Israele che si sentono nei campus universitari dell'UE, come qui negli Stati Uniti (che lo Stato ebraico è “un’impresa razzista”, che gli ebrei di tutto il mondo hanno la responsabilità dei suoi presunti crimini) rientrano nella categoria dell'antisemitismo.

Anche questo è un significativo passo avanti perché di certo non è sempre stato così. Esattamente 41 anni fa, quattro persone sono state uccise e 46 sono rimaste ferite in un attacco alla sinagoga di rue Copernic a Parigi, compiuto da terroristi palestinesi. In seguito, l'allora Primo Ministro francese, Raymond Barre, denunciò quello che definì un “odioso” attacco rivolto agli “ebrei che andavano alla sinagoga” che colpì “francesi innocenti mentre attraversavano rue Copernic.” Quando ha tracciato quella divisione tra “ebrei” e “francesi”, Barre non stava parlando a vuoto. Molti dei suoi colleghi la pensavano allo stesso modo, e c'erano sentimenti antisemiti simili ovunque nei circoli di governo dei Paesi europei più in generale, in particolare nei loro ministeri degli esteri: quasi tutti, nel momento in cui l’influenza della lobby araba del petrolio era molto temuta, avrebbero esitato al suggerimento di descrivere Israele come un “partner chiave”. La strategia della Commissione indica che pregiudizi come questi non trovano spazio nell'attuale modo di pensare degli organi di governo dell'UE. La serie di accordi di pace dell'ultimo anno tra Israele e diverse nazioni arabe avrà sicuramente aiutato questo processo, nella misura in cui non c'è più un blocco unico di Stati arabi che l'UE sente di dover rabbonire sulla questione di Israele. Tuttavia, il fatto che l'UE abbia una comprensione molto migliore di cosa sia l'antisemitismo e di come identificarlo probabilmente non causerà, sfortunatamente, la riduzione radicale dell'antisemitismo che gli autori della strategia sperano.

Ciò non significa assolutamente che i programmi educativi, i corsi sui crimini d'odio, i progetti di commemorazione della Shoah e le esperienze di vita ebraiche che la strategia lancerà nei prossimi nove anni siano inutili; qualsiasi iniziativa che intacchi l'attrattiva dell'odio verso gli ebrei nell'immaginario collettivo è da accogliere favorevolmente. Ma nessun governo nazionale, e nessun organismo transnazionale, può esercitare il pieno controllo su ciò che accade in una società libera. Come ha dimostrato in modo evidente la pandemia di COVID-19, l'antisemitismo vecchio stile che raffigura gli ebrei come avvelenatori di pozzi ha unito le forze con un antisemitismo molto più recente che si appropria del linguaggio e delle immagini della Shoah per sostenere il rifiuto del vaccino . Come se non bastasse, a maggio e giugno di quest'anno, le nazioni dell'UE, e anche il Regno Unito, hanno amplificato la percezione delle manifestazioni pro-palestinesi che calunniavano liberamente gli ebrei, proprio mentre aumentavano gli episodi di antisemitismo. Come la strategia della commissione ha capito molto bene, la tecnologia delle comunicazioni di massa è stata fondamentale per mantenere vivi i meme antisemiti che vediamo manifestarsi in forma fisica per le strade. Nel prossimo decennio, questa tecnologia diventerà sempre più sofisticata e più avvincente, incoraggiando le persone a trascorrere ancora più tempo online in contesti potenziati da strumenti di realtà virtuale.

Nella nuova versione di Internet che si sta cristallizzando, ci saranno nuove opportunità per gli antisemiti di farsi conoscere e di diffondere la dottrina secondo cui ogni volta che colpisce una crisi – vuoi una pandemia, una guerra in Medio Oriente, una guerra fuori dal Medio Oriente, un default del governo, un crollo del mercato azionario - la colpa è sempre degli ebrei. Portare gli adolescenti in visita alle sinagoghe, ai musei ebraici e ai campi di sterminio sarà in grado di competere con i messaggi concorrenti che verranno messi online, e magari rafforzati da amici o familiari? Ricordare ai comuni cittadini europei il contributo ebraico alla loro cultura, proteggerà quelle stesse persone dai messaggi antisemiti che vedono online e sui telefonini, o tra i manifestanti filo-palestinesi che sollecitano il boicottaggio dei prodotti israeliani fuori dei supermercati locali, o da chi rifiuta i vaccini travestito in uniforme da campo di concentramento? L’ipotesi più saggia è, probabilmente no. Dalle prove finora ottenute, gli anni 20 del 2000 si preannunciano come un decennio contrassegnato dall'acuirsi delle divisioni nelle società europee, in particolare tra i molti partiti politici e gli elettori che comunque non vogliono avere nulla a che fare con l'UE. L'antisemitismo prospera nelle politiche divisive. Quindi, con la pubblicazione della strategia della Commissione, possiamo dire che l'UE è cambiata, ma non riteniamo che tutta l'Europa la seguirà.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate

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