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Diego Gabutti
Corsivi controluce in salsa IC
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La terra di nessuno dell'amica di Kafka 07/11/2020
La terra di nessuno dell'amica di Kafka
Recensione di Diego Gabutti

In cerca della terra di nessuno - Milena Jesenská - Libro - Castelvecchi -  Etcetera | IBS
Milena Jesenská, In cerca della terra di nessuno, Castelvecchi, pp. 89, 12,00 euro

Milena Jesenská – autrice di questo In cerca della terra di nessuno – è la Milena delle Lettere a Milena di Kafka. È la Milena a cui Margarete Buber Neumann, autrice di Da Potsdam a Mosca. Tappe di una strada sbagliata, il Mulino 2000, cioè del più straordinario memoriale mai scritto sul secolo breve, dedicò una bellissima biografia, Milena. L’amica di Kafka, Adelphi 1999, dopo averla conosciuta nel lager nazista di Ravensbruck. Qui Milena Jasenská morì. Senza essere ebrea, ma spinta dall’indignazione e da un coraggio indomito, cucì una stella gialla sui propri abiti quando gli hitleriani entrarono a Praga. Era il 15 marzo 1939. Alla cronaca di questo giorno disgraziato è dedicato il penultimo dei cinque articoli del libro Castelvecchi. Gli altri quattro articoli, sobri, struggenti, raccontano ciò che precede la catastrofe: l’antisemitismo montante, il nazionalismo tedesco eccitato dal bullismo nazista, «uno stato di invasamento psicotico» che tiene sotto scacco l’intero paese, la guerra fredda per i Sudeti e infine la capitolazione senza neanche provare a combattere. Milena cita Mussolini: «Durante un discorso, il capo del governo italiano ha pronunciato alcune frasi su di noi, ma non hanno avuto grande eco sulla stampa ceca né su quella tedesca. “Un popolo che, pur disponendo di tanti uomini e di un simile arsenale, non riesce a compiere un gesto è maturo per il destino che l’ha colpito. Più che maturo, marcio!” Non abbiamo compiuto quel gesto. È la pura verità». Ma questa resa al mostro, pur di non precipitarne la violenza, è quanto Milena rivendica come retaggio céco, il retaggio d’un popolo che non vuole la guerra. Milena pensa che siano le testimonianze personali le vere e le sole prove di coraggio. Di qui la scelta di campo in favore dei più indifesi: gli ebrei, soggetti all’arbitrio degl’«invasati psicotici» hitleriani. «Vorrei veramente sapere», scrive, «come si sta comportando oggi la fantastica, coraggiosa, virile e consapevole classe operaia viennese nei confronti dei più deboli tra i deboli, nei confronti degli ebrei viennesi perseguitati. Perché non ne abbiamo notizia? Inorridirei se venissi a sapere che molti operai austriaci assistono alle violenze nei confronti degli ebrei con la coscienza pulita». Poi si cuce sul vestito la stella gialla e va incontro al suo destino di testimone e di pacifista, fino alla morte nel lager di Ravensbruck, dove entra in punta di piedi, e senza preavviso, perché «è così che ci si presentano i grandi avvenimenti: sottovoce e di punto in bianco». Intorno Processi, Metamorfosi, Castelli e Teatri di Oklahoma.

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Diego Gabutti

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