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Antonio Donno
Israele/USA
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Su Israele Biden è l’erede di Obama 05/05/2023
Su Israele Biden è l’erede di Obama
Analisi di Antonio Donno

A destra: Joe Biden con Antony Blinken

Come è noto, l’Amministrazione Biden ha criticato aspramente il progetto di legge sulla Corte Suprema che Netanyahu intende presentare alla Knesset. È un’intromissione inaccettabile nella libertà legislativa di un Paese democratico con una maggioranza parlamentare scaturita dalle urne e di un governo nato dagli esiti di un voto popolare. Israele è uno stato indipendente e sovrano e le alleanze politiche a livello internazionale non possono condizionare o addirittura tentare di bloccare la sua libertà di varare le leggi che ritiene più opportune. La critica del governo americano, tuttavia, è il momento più acuto di una crisi politica fra le due democrazie, i cui rapporti negli anni hanno costituito una realtà fondamentale nella storia del Medio Oriente. Non sempre, però. Se dovessimo tornare indietro nel tempo, le relazioni tra Israele e Stati Uniti non hanno avuto un andamento stabile, a partire dalla fondazione dello Stato ebraico, contrastato fino all’ultimo momento dal Dipartimento di Stato di George Marshall, ma infine deciso da un atto personale del presidente Truman. Le esigenze politiche di Washington nello scenario mediorientale hanno talvolta superato e messo in crisi i legami tra i due Paesi, legami poi ristabilitisi in altre circostanze.

     Non è qui il caso di enumerare gli episodi di contrasto tra Stati Uniti e Israele; è indispensabile capire la logica politica che dagli anni di Obama ha caratterizzato un sostanziale allontanamento di Washington da Gerusalemme sino a oggi. Questa logica può essere riassunta con poche parole: gli Stati Uniti, da Obama in poi, hanno inteso abbandonare lo scacchiere mediorientale dopo aver ottenuto il risultato massimo: la nascita di due Stati, uno ebraico, l’altro palestinese, e, di conseguenza, la pacificazione della regione. Poiché Israele non ha mai accettato – e giustamente – questa soluzione, che avrebbe dato campo libero alla nascita di uno Stato terrorista ai suoi confini orientali, in stretto collegamento con i terroristi di Hamas a Gaza, le Amministrazioni americane hanno perseguito, da Obama a Biden, un’azione di presa di distanza da Israele – con l’eccezione di quella di Trump, che ha sostenuto il varo degli “Accordi di Abramo” –  allo scopo di porre lo Stato ebraico in una situazione di difficoltà a livello internazionale, perché ritenuto contrario alla soluzione del contenzioso israelo-palestinese e, quindi, alla pacificazione della regione.

     Nello stesso tempo, nel 2015, Obama firmava con gli iraniani un accordo sul progetto di sviluppo del programma nucleare di Teheran, nella speranza di rallentare questa pericolosa escalation. Se questi accordi si fossero affiancati ai negoziati sulla creazione di due Stati, allora, secondo Obama, si sarebbe raggiunto un risultato storico, la vera distensione in una regione da sempre al centro delle dispute internazionali e internamente in uno stato di guerra permanente. Obama si illudeva. Come si è potuto constatare nel corso degli anni, il regime iraniano non ha affatto rallentato il processo di sviluppo nucleare, approfittando di un accordo con Washington che gli lasciava di fatto mano libera e impedendo ai controllori internazionali di accedere ai punti-chiave del programma, adducendo questioni di sicurezza nazionale. Gli accordi irano-americani divennero, così, un’occasione inaspettata per Teheran di andare avanti nel progetto nucleare, che aveva lo scopo unico di distruggere Israele. Netanyahu lo sapeva bene e per questo i rapporti con Washington vissero una stagione di incomprensione e di allontanamento. Con Biden poco è cambiato rispetto agli anni di Obama. L’attuale Amministrazione americana è sempre dell’avviso che la pace in Medio Oriente potrà essere raggiunta soltanto con la creazione di due Stati e, di conseguenza, i rapporti con Israele continuano a presentare un distacco che finisce per favorire i progetti anti-israeliani di Teheran. Benché gli “Accordi di Abramo” abbiano segnato un punto favorevole per Israele e per gli Stati arabi sunniti che li hanno sottoscritti, l’Iran sta dando vita a relazioni con i Paesi del Golfo, in particolare con l’Arabia Saudita, che non ha aderito a quegli accordi, al fine di crearsi posizioni vantaggiose contro Gerusalemme. Dal canto loro, gli Stati Uniti sono fermi sulle posizioni ereditate da Obama: freddezza nei confronti di Israele per il suo rifiuto di accettare la soluzione “Due Popoli, due Stati”, accettazione passiva dello stallo dei negoziati di Vienna con l’Iran, incapacità o non-volontà di riacquistare posizioni importanti nello scenario del Medio Oriente.

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Antonio Donno

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