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Antonio Donno
Israele/USA
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Il problema ucraino e gli errori di Washington 29/01/2022
Il problema ucraino e gli errori di Washington
Analisi di Antonio Donno

Il problema dell’Ucraina è al centro delle discussioni tra Russia e Stati Uniti. Alla contrapposizione netta dei giorni scorsi si è sostituita una fase nella quale sembra che le due parti vogliano discutere seriamente. I motivi del contrasto sono noti ed è qui superfluo ripeterli. Ma si può dare per certo che la nuova fase non favorisca ulteriormente i piani di Putin? Lo scambio di documenti tra le due parti incoraggia a pensare che si possa giungere a un compromesso? La richiesta di Putin che l’Ucraina non entri nella Nato non può essere accolta dalle controparti, perché sarebbe uno smacco per Washington e per Bruxelles. Per Washington, perché la crisi di autorevolezza americana a livello internazionale è ormai nota a partire dalla presidenza di Obama; per la Nato, perché, nonostante il suo allargamento in molti Stati dell’Est europeo strategicamente importanti (Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Slovacchia, Ungheria), soffre di una debolezza politica che le deriva dalla marginalità della posizione dell’Unione Europea nello scenario globale e dalla stessa discesa di prestigio politico degli Stati Uniti.

Russia-Italia, Trani:
Vladimir Putin

La diplomazia americana è in difficoltà, come quella della Nato, e, dall’altra parte, Putin è in una posizione di superiorità rispetto agli avversari. Tutto questo appare un controsenso, considerato che la Nato, di fatto, è ai confini della Russia sul fronte orientale europeo; e tuttavia, Putin ha un potere ricattatorio che gli deriva dal suo ruolo di autocrate, mentre ciò non è permesso né a Washington, né a Bruxelles: una distanza di natura politica che ha sempre, nella storia, avvantaggiato i poteri autocratici, a meno che una guerra non abbia risolto il problema alla radice. Ne è un esempio, oggi, la vaghezza politica dei negoziati di Vienna fra l’Iran e i cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna) più la Germania, un’incertezza tenuta volontariamente in piedi da Teheran per esasperare gli avversari e accumulare tempo prezioso per completare il suo programma nucle

are. Il vantaggio che un potere autocratico ha nei confronti delle democrazie pone dei rischi sull’assetto generale del sistema politico internazionale. Il che è spesso accresciuto da alcuni errori di valutazione da parte delle democrazie. È il caso di questi giorni, nei quali la diplomazia americana, dopo lunghe incertezze, ha chiesto all’autocrate cinese, Hi Jinping, di farsi mediatore tra Stati Uniti e Russia per giungere a un compromesso sulla questione ucraina. Il cinese ha risposto rifiutando, di fatto, come era prevedibile, la richiesta americana. Un errore madornale, quello del governo di Biden e del suo Segretario di Stato, Antony Blinken. Con questa comportamento, Washington ha confermato la sua subordinazione all’autocrazia cinese e a quella russa, riconoscendo ad ambedue un ruolo preminente nel sistema politico internazionale. Dalla fine della seconda guerra mondiale, mai si era verificata una realtà così negativa rispetto al mondo delle democrazie. Le responsabilità degli Stati Uniti sono talmente gravi da far pensare che il futuro del pianeta sarà nelle mani della dittatura russo-cinese e dei suoi accoliti odierni e futuri, compreso l’Iran, con tutti i rischi che potranno derivarne per Israele, se al posto degli Stati Uniti nel Medio Oriente dovesse collocarsi il duo russo-cinese.

Insomma, la questione ucraina è grave in se stessa, ma, nello stesso tempo, è un segnale inquietante per il futuro dell’assetto politico del mondo. Non ci sarà una nuova guerra fredda, come alcuni osservatori affermano. Se la politica estera americana, a partire da Obama, passando per Trump, e oggi con Biden, dovesse mantenere una posizione di debolezza sullo scenario internazionale, e se l’Unione Europea dovesse continuare a svolgere un ruolo marginale e ininfluente, il mondo sarà pacificato sotto le insegne di un nuovo totalitarismo, quello russo-cinese. Scriveva nel 2014 Henry Kissinger in Ordine mondiale: “La Cina respinge la tesi che l’ordine globale sia favorito dalla diffusione della democrazia liberale e che la comunità internazionale abbia il dovere di promuoverla, e soprattutto di realizzare la propria visione dei diritti umani mediante l’azione internazionale”. Su queste posizioni, accanto alla Cina v’è oggi la Russia.

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Antonio Donno

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